Il caso Bibbiano è di una gravità inaudita e grida giustizia e verità. Mi ha colpito profondamente una madre affidataria intercettata che dice alla figlioletta: “non ti voglio più” e lascia la bambina sotto il temporale in mezzo ad una strada da sola. Sgridata perché non voleva ammettere abusi mai accaduti. Un comportamento che denota una disumanità in grado di avvelenare irrimediabilmente che ne subisce gli effetti. Questa persona ha, di fatto, assassinato l’infanzia di un’innocente.
Un bambino ha fiducia nei propri genitori o di chi si prende cura di lui, sono i loro punti di riferimento, per cui prende alla lettera ciò che essi dicono, non riesce a considerare che chi dovrebbe volergli bene potrebbe aver sbagliato. Non ti voglio più è una frase che ha un impatto devastante sul bambino, anche se l’adulto in realtà non lo pensa davvero. È un’espressione assolutamente invalidante, si tratta di una costrizione emotiva, a seguito della quale il bambino diventa sfiduciato dell’affetto che chi dovrebbe amarlo prova per lui. E’ sottoposto allo stress di poter perdere l’amore delle persone che dovrebbero volergli bene, pensando che sia per colpa sua e del suo comportamento. Il bambino che si sente dire: “Non ti voglio più” percepisce un taglio affettivo violentissimo che lo priva del suo più saldo punto di riferimento.
Queste orribili parole di rabbia o di qualsiasi altro sentimento, possono ingenerare nel figlio un profondo senso di vuoto e di smarrimento. Per di più rappresentano un esempio errato: il bambino deve avvertire il bene, l’amore e l’affetto come qualche cosa di radicato e stabile che non si deve spezzare con facilità né mai si deve rompere in modo definitivo o radicale. I bimbi hanno sempre bisogno di continuità affettiva. I bambini sono tutti uguali non esiste il bambino buono e quello cattivo, esiste, all’origine e in radice, invece, la buona o la cattiva educazione che dipende sempre dall’educatore. Il bambino non va messo in contrapposizione negativa con il mondo a lui va data l’opportunità di trarre dal mondo l’esempio positivo. Nessun bambino dovrebbe mai sentirsi rifiutato. L’obiettivo della tutela dell’interesse del minore oltre ad essere riconosciuto in tutti i paesi occidentali dovrebbe essere anche un imperativo categorico di ognuno di noi. Oggi la legislazione sociale e familiare considera preminente l’interesse del minore, purtroppo, nella realtà non sempre è così. In ambito internazionale ciò è stato recepito con la dichiarazione dei diritti del fanciullo del ’59. La Convenzione dell’Onu del 1989 ha poi ribadito tale concetto.
La famiglia, in senso lato, è l’ambiente ideale per la crescita del minore e quando lo Stato interviene, lo fa solo quando la situazione familiare non è rispondente all’interesse primario del minore. Le varie leggi a tutela del minore non hanno alcun senso se non prevedono di dar voce al minore stesso, ascoltando le sue necessità e le sue aspettative. Il minore deve poter mantenere relazioni stabili con la sua famiglia e la dove ciò non sia possibile a lui va garantita la migliore scelta possibile. La nostra legislazione, purtroppo, è inadeguata rispetto alle norme internazionalmente riconosciute. Il nostro diritto, a mio giudizio errando, non prevede l’audizione del minore nella separazione e nel divorzio, mentre per l’adozione è sentito se ha più di dodici anni. Se maggiore di quattordici invece deve dare il suo assenso. Oggi la tutela riguarda i bisogni non solo materiali, ma anche di cure e attenzione morale del minore.
Per determinare il supremo interesse del minore, non può assolutamente prestarsi attenzione solo al soddisfacimento dei bisogni materiali, ma occorre soprattutto porre al centro le esigenze affettive e l’educazione in ambito familiare. Lo scopo è assicurare formazione etica, acquisizione di autonomia e responsabilità decisionale. Il minore è riconosciuto come soggetto di diritti civili e sociali non dobbiamo mai dimenticarlo. Tali accanimenti, non agiscono direttamente sul piano fisico come uno schiaffo o un calcio ma giorno dopo giorno, creano un ambiente invivibile e attuano un processo di distruzione psicologica, dove le parole e gli atteggiamenti possono ferire profondamente, umiliare e distruggere una personalità in divenire. La cosa che più mi ha colpito di quest’orribile vicenda è che tale fenomeno avviene da parte di chi sulla carta dovrebbe amarti e volerti bene. Violenze inaudite che non lasciano segni sul corpo ma che feriscono profondamente l’anima, la personalità e la dignità rendendo la vita un inferno. Condivido il pensiero di Albert Einstein: non c’è al mondo grande scoperta o progresso che tenga, fintanto ci sarà anche un solo bambino triste. Abbiamo ancora tanto da imparare e tanto da cambiare e credo sia giunto il momento di metter mano sull’intero sistema della giustizia minorile modernizzando e adeguando maggiormente lo stesso all’esclusivo interesse del minore.
(Vincenzo Musacchio – Giurista).