Per il Pd di Nicola Zingaretti il voto in Emilia Romagna poteva tramutarsi in una Caporetto. E invece è stata una battaglia del Piave. Le prossime elezioni ci diranno se per il segretario ci sarà una Vittorio Veneto. Nel corso del 2020, infatti, si terranno altre sei elezioni regionali (Campania, Liguria, Marche, Puglia, Toscana e Veneto), elezioni amministrative in un migliaio di comuni (tra cui 19 capoluoghi di provincia), nonché il referendum per confermare o meno la riforma costituzionale che diminuisce il numero dei parlamentari.
Al momento Zingaretti incassa i segnali di svolta – o almeno di inversione di rotta – che si traducono in un significativo recupero sul risultato delle elezioni europee. E anche se il centro sinistra perde in Calabria, quel che conta essere usciti dall’angolo laddove l’offensiva di Salvini è stata più tenace. Il PD ha sbarrato la strada, almeno per ora, all’onda lunga del populismo nostrano. Trovando via facendo nel movimento delle Sardine una possibile ricetta per rimettere in salute, oltre che il suo partito, il governo stesso.
E forse anche il Movimento 5 Stelle. Sembra un paradosso, ma è proprio questa la tesi proposta dal Sussidiario.Net nella rubrica “Visti da sinistra”. L’articolo si intitola “La nuova mission di Zingaretti: evitare la fine di M5s e Renzi…”. Quella del Movimento 5 stelle appare a molti come cronaca di una morte annunciata, e il percorso futuro lo vede destinato alla fine del vaso di coccio tra vasi di ferro. “I due poli principali – evidenzia una analisi de lavoce.info – hanno raccolto circa il 95 per cento dei consensi in Emilia-Romagna e circa l’86 per cento in Calabria” Che si stia andando, o forse tornando, al bipolarismo?”. Se le cose stanno così e se Zingaretti vuole davvero vincere in Italia, deve risollevare le sorti anche dei 5 Stelle. E persino di Italia viva. La tesi è basata su una osservazione inoppugnabile: “Per la prima volta da quando esistono – si legge nel pezzo – una quantità impressionante di elettori 5 Stelle ha deciso di sfondare il “muro della contrapposizione” costruito in anni di denunce e di contumelie.
È successo in Emilia-Romagna, dove il loro voto è stato determinante a dare spunto alla vittoria di Bonaccini. Ma lo stesso hanno fatto anche in Calabria dove hanno sostenuto il candidato indipendente Callipo.
Al conclamato disprezzo verso il Pd, condiviso con gli elettori leghisti per l’intera durata del primo governo Conte, ha fatto seguito da agosto scorso una fase in cui Salvini ha fatto l’impossibile per inimicarsi il popolo grillino. Al punto che il voto al partito di Zingaretti è apparso un male minore.
“Proprio per questo motivo il Pd – afferma la nota del Sussidiario – dovrà evitare di infierire sulle truppe in rotta dei 5 Stelle. Anzi, se possibile, dovrà trovare il modo di aiutarle, spingerle a riorganizzarsi, insomma deve fare il possibile per fermare l’emorragia”. Insomma, il Pd non deve cadere nella tentazione di fagocitare i 5 Stelle. E al tempo stesso deve “coprire il fianco destro” dello schieramento del centro sinistra.Ossia “farsi carico del duplice fallimento di Calenda e di Renzi, soprattutto ora che Forza Italia ha dato segnali di risveglio dal coma, in particolare nel voto meridionale”.
Nonostante due scissioni subite negli ultimi mesi (Carlo Calenda e Matteo Renzi), Zingaretti è riuscito nell’intento di portare il Pd a essere il primo partito sia in Emilia che – cosa ben più complicata – in Calabria. Sembra quindi la persona giusta a interpretare la linea della lealtà verso il governo e verso i compagni di viaggio. Il nuovo partito di cui parla, appare destinato a vedere come azionisti non solo il Movimento delle sardine, ma gli stessi 5 Stelle. Il varo di una nuova legge elettorale proporzionale può dare, infine, un contributo all’idea di costruire intorno al Pd uno schieramento maggioritario. “Magari – conclude la nota del Sussidiario – cercando di sottrarre al centro-destra l’elettorato moderato liberale ed europeista”.
CDA