Emergenza Coronavirus. Tra le aziende che non possono chiudere, perché fondamentali per sostenere i consumi alimentari dei cittadini, ci sono quelle del settore agroalimentare, in particolareil comparto lattiero caseario. Una realtà che il vice presidente a Sostenibilità e territorio di Confindustria Caserta, Adolfo Bottazzo, conosce molto bene poiché è amministratore e direttore generale della Ima (Industrie meridionali alimentari), impresa che dispone di uno stabilimento di produzione a Pignataro Maggiore, in provincia di Caserta.
Dottor Bottazzo, quali effetti ha prodotto l’emergenza sanitaria in corso sulla filiera agroalimentare e sulla sua azienda?
Le malattie respiratorie non si trasmettono con gli alimenti, lo ribadito in più di un’occasione anche dal professore Roberto Burioni, ormai volto noto delle tv, tra i massimi esperti al mondo in materia. Da ordinario di Microbiologia e Virologia alla Facoltà di Medicina del San Raffaele di Milano, rammenta che il contagio “avviene sempre per via respiratoria e mai attraverso il cibo, anche se crudo”.L’agricoltura made in Italy è oggi la più green d’Europa, e numera circa 300 specialità Dop e Igp riconosciute a livello comunitario. I vini Doc e docg sono ben 415. E 5155 i prodotti tradizionali regionali. Inoltre vanta la leadership del biologico con oltre sessantamila aziende bio.
C’è poi il segmento importantissimo del vino, che non è assolutamente coinvolto da alcuni rischio connesso al virus…
Ilpresidente degli enologi italiani, Riccardo Cotarella, ha dichiarato in una nota alla stampa che il vino è un ottimo presidio di prevenzione in quanto vede la combinazione della presenza di alcol, di un ambiente ipotonico e della presenza di polifenoli, che impedisce la vita e la moltiplicazione del virus.
Veniamo alla sua azienda…
La direttrice principale della nostra produzione di latte e yogurt si riassume in due parole; qualità del prodotto, sicurezza alimentare dei consumatori. Ecco perché in questa fase stiamo intensificando i controlli sul latte che acquisiamo.
Cosa ci insegna la drammatica esperienza del Coronavirus?
Sono d’accordo con quanto ha sostenuto il professor Isaia Sales in un recente articolo sul Mattino. Il grande campanello di allarme riguarda il sistema sanitario organizzato su base regionale, con evidenti disparità tra territori. Ma anche considerando le migliori performance delle regioni del Nord, va detto che per quanto organizzati possano essere gli enti locali di Veneto o Lombardia, di fronte a una emergenza nazionale con risvolti su scala globale si avverte il bisogno di una cabina di regiasuperiore: unica, autorevole, assistita dalle migliori competenze e dotatadi poteri straordinari per tempi eccezionali.
E in Italia non si può fare?
L’esperienza dolorosa di questi giorni insegna che ci stiamo arrivando poco alla volta. Il mio parere è che d’ora in avanti siano decisimeccanismi automatici di tutela nazionali,da assumere dinanzi alle emergenze. Questo non lo ritengo lesivo per la democrazia. Quando i tempi delle decisioni diventano ristretti e l’urgenza di fornire risposte diviene drammatica, occorre che la leva di comando sia una ed in una sola mano. Non ci può essere un continuo distinguo delle forze politiche di opposizione o delle istituzioni regionali. Testa bassa e pedalare. Il resto è solo un freno.
Si intravede una vena polemica nelle sue parole. Qual è il suo giudizio sulla gestione di questa crisi?
Non posso plaudire al balletto di dichiarazioni di esponenti locali e fughe di notizie che ha caratterizzato la prima fase. Ho apprezzato invece la fermezza e la determinazione del presidente della Regione Campania Vincenzo De Luca.Ma in tutti i casi la crisi dei servizi di rianimazione e pronto soccorso richiama l’esigenza di porre un freno al processo, che abbiamo abbracciato fin troppo acriticamente, di autonomia differenziata. Si rende semmai impellente una revisione del sistema istituzionale decentrato, che ha bisogno di un serio giro di vite, perché la sanità conta più o meno l’80% del budget delle regioni e le disparità di trattamento per cittadini di territori diversi non è più tollerabile.
La drammatica crisi odierna pone anche l’esigenza di avere istituti di governo della sanità di scala europea, se non mondiale?
Certo, come abbiamo visto nulla impedisce ai virus di varcare i confini transnazionali.La pervasività della “pandemia”, come anche le crisi climatiche,non si governanotornando ai nazionalismi e ricorrendo a sovranismi di varia specie, ma con un governo superiore.Ad esempio a una ONU finalmente autorevole e rispettata.
Il governo italiano ha presentato un piano per contrastare l’emergenza che in pochi giorni ha visto lievitare da 7,5 miliardi a 25 lo stanziamento per far fronte all’emergenza.
E’ una cifra importante, pari all’1,1% del nostro Pil, quasi una manovra aggiuntiva. Ma dirimente sarà ancora una volta la questione “tempo”. Servono misure per l’emergenza e per rimettere rapidamente la manifattura italiana sulla linea di start della produzione industriale: incentivi fiscali e fondi rotativi per supportare il flusso di cassa e il circolante delle imprese.
Cambierà qualcosa nella società italiana, ossia nel corpo delle relazioni sociali, dopo questa emergenza
Il Coronavirus ci invita a riflettere sull’esigenza di ristabilire il primato delle competenze nelle scelte fondamentali per la vita dei cittadini. Ci riporta a ciò che stavamo dimenticando in una stagione di negazionismi e complottismi che hanno infestato la comunicazione specie sui social. Costringendo molte aziende e tutte le scuole e Università a chiudere i battenti per un tempo imprecisato, inoltre, il virus rilancia l’adozione del telelavoro. Alcuni osservatori lo considerano uno dei motori dell’incremento di efficienza e produttività, senza dimenticare il contributo offerto alla riduzione dell’inquinamento e al decongestionamento deltraffico nei centri urbani.