Il 22 giugno 1633 venne imposta l’abiura “con cuor sincero e fede non finta” a Galileo Galilei che si era reso “veementemente sospetto d’eresia”.
Il suo “Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo” fu proibito e Galilei venne condannato al carcere e alla “pena salutare” della recita settimanale dei sette salmi penitenziali per tre anni. Prima dell’abiura, nella sala capitolare del convento domenicano di Santa Maria sopra Minerva, i cardinali Gaspare Borgia, Felice Centini, Guido Bentivoglio, Desiderio Scaglia, Antonio e Francesco Barberini, Laudivio Zacchia, Berlinghiero Gessi, Fabrizio Verospi e Marzio Ginetti, “inquisitori generali contro l’eretica pravità” avevano emesso una sentenza nella quale si riassumeva la lunga vicenda del contrasto fra Galileo e la dottrina della Chiesa, iniziata dal 1615 con lo scritto “Delle macchie solari” e con la lettera al Castelli, alle quali i “qualificatori teologi” avevano opposto: “che il Sole sia centro del mondo e imobile di moto locale, è proposizione assurda e falsa in filosofia, e formalmente eretica, per essere espressamente contraria alla Sacra Scrittura; che la Terra non sia centro del mondo né imobile, ma che si muova eziandio di moto diurno, è parimenti proposizione assurda e falsa nella filosofia, e considerata in teologia ad minus erronea in fide”