L’artista statunitense Robert Morris, controverso e visionario scultore fondatore del Minimalismo, teorico di uno stile di radicale semplificazione, è morto mercoledì scorso a Kingston, nello Stato di New York, all’età di 87 anni. L’annuncio della scomparsa, causata da una polmonite, è stato dato dalla moglie Lucile Michaels Morris, al “New York Times”. Dal 1961, a New York, Morris si è dedicato alla scultura realizzando assemblaggi in uno spirito neodadaista (“I-Box, 1962, collezione privata; “Batteria elettrica”, 1964, Museum Ludwig di Colonia). Dalla metà degli anni Sessanta, si è imposto come indiscusso protagonista della Minimal Art con sculture modulari in legno, fibra di vetro, alluminio e altri materiali industriali (“Senza titolo. Travi a L”, 1965, Whitney Museum di New York). In un’altra direzione di ricerca ha sperimentato “Scatter pieces” (detriti di vari materiali caoticamente ammassati), opere di Land art e sculture di feltro (“Senza titolo, feltro grigio verde”, 1969, Museum of Modern Art di New York), nelle quali la casualità è spesso una componente determinante. Il gusto per la sperimentazione lo ha portato a utilizzare sempre nuovi materiali commisti a una base pittorica in inquietanti assemblaggi.
Le opere di Morris sono state esposte in diverse mostre personali e retrospettive (Guggenheim Museum di New York, 1994; Musée national d’art moderne-centre Pompidou di Parigi, 1995; Leo Castelli Gallery di New York, 2000-2003). Ha partecipato a più edizioni di Documenta di Kassel e quella alla Biennale di Venezia (1993). Nonostante sia stato molto discusso, l’artista minimalista ha creato tre opere importanti per il Duomo di Prato (2001): l’altare maggiore, la cattedra vescovile con schienale in bronzo e seduta in marmo di Carrara e l’ambone in bronzo. Nato a Kansas City (Missouri) il 9 febbraio 1931, Morris frequenta il Kansas City Art Institute e la University of Kansas City ma è costretto a interrompere i corsi a causa dell’obbligo militare nella guerra in Corea (1951-52). Successivamente riprende gli studi al Reed College di Portland nell’Oregon, dove gli estende alla filosofia, materia che resta tutt’oggi una importante chiave di lettura della sua opera. Dopo la laurea (1955), Morris si trasferisce a San Francisco dove, oltre a dedicarsi alla pittura, partecipa alle performances di alcune delle più importanti scuole di danza d’avanguardia. Nel 1957 e nel 1959 tiene le sue prime mostre personali alla Dilexie Gallery. Nel 1960 si trasferisce a New York, collabora con il Judson Dance Theater e crea le sue prime sculture: si tratta di forme geometriche realizzate in compensato, anonime e senza particolari descrittivi, organizzate nello spazio in modo da enfatizzare il loro rapporto con le dimensioni del corpo umano. Nel 1963 tiene una personale alla Green Gallery e quattro anni dopo inizia una collaborazione, tuttora in corso, con la galleria Leo Castelli.