Napoli – Sono disavventure che purtroppo potrebbero capitare in qualsiasi città del mondo, nessuno lo mette in dubbio. Ma questa consapevolezza non rende meno grave quanto accaduto e non deve far dimenticare che il problema della sicurezza rimane. Questa volta l’interessato, vittima di un tentativo di rapina a mano armata, ha avuto la fortuna di poter raccontare sui social network quanto è accaduto in serata, ma ci auguriamo davvero che al più presto le Istituzioni riescano a dare risposte forti a chi chiede sicurezza e a contrastare la criminalità con fermezza.
Quello che lascia turbati è l’indifferenza dei passanti che non sono intervenuti, nonostante la vittima abbia dimostrato coraggio e sangue freddo.
A raccontare su Facebook la sua esperienza è lo stesso protagonista, Francesco Bassini:
“Io vivo a Napoli, la mia città, E’ il posto che più amo e che amerò per sempre. – scrive nel suo post-
Abito in pieno centro, a due passi dal Museo archeologico più importante del mondo.
Sono le otto di sera e sono chiuso in casa da ieri pomeriggio a far cose che diano un concreto significato alla mia quasi inutile esistenza.
Non ho la necessità di uscire. La mia vicina ha rimediato alle mie basiche esigenze: pane e sigarette. Ma all’improvviso, mi sovviene la voglia di scendere solo per fare quattro passi.
M’infilo un jeans, le Nike e non tolgo nemmeno la t-shirt con su stampatoTopolino (pagina storica del mio diario tessile: Orlando, 1994) che ho messo sù ieri pomeriggio quando sono rientrato a casa.
Esco dal portone e costeggio quel marciapiede che sento casa mia: la pizzeria di Salvatore, il Bar di Lello, la farmacia dei fratelli Di Donna.
Quasi all’angolo con Via Stella, un tizio mi si para davanti (nemmeno mi accorgo da dove sia spuntato fuori)… Mi mette una mano in petto e guardandosi intorno quasi mi sussurra: “portafoglio e cellulare, fà ambress’…”
Lo guardo, il mio olfatto percepisce il suo odore sgradevole e dalle sue pupille comprendo che è strafatto di chissà quale droga.
“Guagliò, a stò giro ti è andata male. Addosso, ho solo le chiavi di casa…” gli rispondo io, accennando un mezzo sorriso di compassione.
Ma forse è quel mio mezzo sorriso che lo spinge a sbattermi con un pugno in petto sul marciapiede, a sfilare la sua mano dietro la schiena ed a tirar fuori una pistola che m’infila fra la bocca e il naso.
“portafoglio e cellulare, ‘o t’acirre mò mò…”
Ora punta i suoi occhi dentro i miei, incurante di chi ci passa vicino e del fatto che al polso ho un orologio che per lui è solo plastica, ma che gli garantirebbe denaro per sballarsi almeno fino a domani. Anch’io lo guardo negli occhi, e l’adrenalina mi schizza fino a farmi diventare il più impavido dei cuor di leoni: “Azz, tien’ pure ‘a pistola? E sparami allora. Famm’ verè quant’ si ‘omm…”
Continuo a non distogliere il mio sguardo dai suoi occhi. Ho paura, ho una fottutissima paura ma non posso distogliere i miei occhi dai suoi. Se lo faccio, magari questo davvero mi pianta una pallottola fra la bocca e il naso, cazzo!
Con la coda dell’occhio, vedo la gente che ci passa vicino: indifferente, quasi che il momento di terrore che sto vivendo sia solo una semplice pittoresca oleografia della mia città.
“Emmò fà l’omm’: spara, che aspetti?”
Scelgo di sfidarlo, mi vesto dei panni di quello che non ha paura. Magari riesco a disorientarlo costringendolo a lasciarmi andare.
Lui mi guarda, con i suoi occhi senza luce. Ora ho davvero paura. Basta un click nel suo cervello per fargli premere il grilletto della pistola (è vera, la riconosco dal freddo della canna che mi preme fra la bocca e il naso).
Poi, all’improvviso, la canna della pistola si sposta e con il manico della stessa il tipo mi colpisce sulla guancia tirandosi su da me scivolando via da me come se nulla fosse accaduto.
Rimango solo, frastornato e dolorante, rotolandomi su quel marciapiede che credevo fosse casa mia. Il dolore fisico ora sopravanza la paura. Ho male alla guancia ma tocca rialzarmi e trascinarmi fino a casa (sono appena centro metri, cazzo).
Mi guardo intorno ed osservo i passanti che mi guardano senza avvicinarmi, anche solo per aiutarmi a tenermi in piedi, manco fossi un appestato, quello che tutto sommato se avesse cacciato “portafoglio e cellulare” non avrebbe avuto problemi.
Io vivo a Napoli, la mia città, E’ il posto che più amo e che amerò per sempre. Ma stasera, più che mai, sento l’esigenza di fuggire lontano da qui”.
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