Parla Guido Coppola (presidente di Cia Caserta)
Da tempo Cia, Coldiretti e Copagri sono insieme impegnate a offrire proposte e suggerimenti validi all’assessore all’Agricoltura della Regione Campania Nicola Caputo, nonché al commissario straordinario Luigi Cortellessa in tema di superamento dell’emergenza brucellosi. “Il settore bufalino ha rappresentato e rappresenta uno dei principali comparto dell’intera economia regionale. Dobbiamo perciò intervenire in modo veloce ed avere un approccio alle criticità deve essere d’insieme e integrato. Questo perché, oltre alla TBC e la Brucellosi, ancora presenti, bisogna andare alla soluzione anche di altre problematiche, come la direttiva nitrati”. Parla Guido Coppola, allevatore bufalino e presidente della Cia Caserta con il quale ilSudonline.it fa il punto sui lavori che il 18 scorso hanno registrato una tappa importante presso gli uffici dell’Assessorato di San Nicola La Strada (ex Ciapi). “Davanti a noi – spiega – c’è una prospettiva importante: realizzare una filiera della mozzarella di bufala Green”.
Presidente, qual è la posta in gioco e cosa sta maturando sul fronte bufalino?
Abbiamo sottolineato che i risultati a cui sta pervenendo il commissario Cortellessa in materia di lotta alla brucellosi, non si può prescindere da una modifica dei regolamenti comunitari che sono alla base delle scelte operative adottate. Condividiamo inoltre il giudizio sullo sblocco degli indennizzi, in ordine alla ridefinizione della rete di scolo dei Regi Lagni e l’avvio delle vaccinazioni.
E quindi, cosa c’è che ancora non va?
Per giungere ad ulteriori traguardi, a nostro avviso sarà necessario un maggior coinvolgimento degli allevatori.
Sì certo. Ma con quali mezzi e quali metodi?
Con la possibilità di consentire l’introduzione dell’autocontrollo, in capo al veterinario aziendale, arrivando alla piena responsabilizzazione. Analogamente l’autocontrollo può essere risolutivo anche per quanto riguarda i prelievi sierologici e la relativa analisi presso strutture autorizzate. Salvaguardando ovviamente la gestione pubblica dei focolai individuati.
Tra le vostre indicazioni spicca il particolare il tema del ripopolamento. Ne vogliamo parlare?
Sì bisogna porre una particolare attenzione alla fase del Ripopolamento mettendo in campo tutte le azioni utili a consentire alle aziende la ripresa delle attività, in particolare per quelle che sono localizzate nella vicinanza di aziende che hanno impugnato un atto di abbattimento. Occorrono strumenti e sostegni volti a non penalizzare chi ha adempiuto ai provvedimenti.
Altre proposte?
La realizzazione di stalle di contenimento biologico, per detenere in custodia gli animali delle aziende oggetto di ricorso. Questa azione permetterebbe il controllo dei reflui zootecnici delle aziende infette. La realizzazione di queste stalle potrebbe essere utilizzata anche per eventuali attività di ricerca e sperimentazione per la BRC e/o TBC da parte dell’Università e/o altri enti anche arrivando a verificare la fattibilità di un allungamento del periodo vaccinale ai 24 mesi.
E cosa dice a proposito della piena attività dei servizi veterinari che non risultano ancora in grado di garantire la piena attuazione del Piano?
Per sopperire alla mancanza di veterinari, l’ASL potrebbe attingere dalla graduatoria dei veterinari con specialistica ambulatoriale per sanità animale. E prevedere inoltre nell’area di crisi l’abbattimento della fauna selvatica, misura già adottata in altre regioni in presenza di problematiche sanitarie.
Nella lettera all’assessore chiedete anche il controllo quotidiano sulle aziende con sospensiva per verificare l’utilizzo del latte munto, la gestione del biocontenimento, il rispetto delle procedure di profilassi. Non è così?
Certo. E tutto ciò nella piena convinzione che solo la convinta adesione di tutti i soggetti potrà assicurare il raggiungimento degli obiettivi da tutti condivisi. Fondamentale è anche l’attivazione delle misure del PSP immateriali, in particolare la consulenza aziendale che permette alle aziende di dotarsi di consulenze specialistiche, cioè del veterinario aziendale.
Il settore bufalino è trainante nell’economia regionale che, com’è noto, vede nell’agroalimentare campano una delle leve principali di esportazione.
E forse ha rappresentato e rappresenta uno dei principali comparto dell’intera economia regionale. Dobbiamo perciò intervenire in modo veloce ed avere un approccio alle criticità deve essere d’insieme e integrato. Questo perché, oltre alla TBC e la Brucellosi, ancora presenti, bisogna andare alla soluzione anche delle problematiche della direttiva nitrati.
Che cosa intendete, nel concreto, quando parlate di approccio sistemico, ossia tale da affrontare tutte le criticità presenti nel comparto, produttive, ambientali e sociali?
Davanti a noi c’è una prospettiva importante: realizzare una filiera della mozzarella di bufala Green. Significa intervenire sulle infrastrutture per governare le acque, sui liquami e sui rifiuti, creando energia per le stesse aziende. Vuol dire potenziare la ricerca, la consulenza specialistica e il controllo per ogni singolo allevamento. E c’è un altro tema, forse il più importante.
Quale?
L’orientamento, formazione e informazione per tutti gli attori della filiera, per attuare una filiera bufalina produttiva che rispetti ambiente e territorio. Occorre una visione d’insieme perché l’intervento, a regia unica, è complesso e articolato, puntando all’attivazione di azioni dei diversi fondi comunitari in modo integrato e complementare, con i soggetti pubblici, privati ed a soggetti attuatori presenti nell’areale DOP.
Quali sono, per concludere, i fonti europei che vanno compulsati?
Occorre utilizzare strumenti condivisi di natura tecnica e gestionale previsti dall’ Unione Europea sui fondi SIE, FEASR e PNRR, che assicurino efficacia e velocità della spesa. Un esempio è la sovvenzione globale: un innovativo strumento di intervento, rispetto ai fondi strutturali, che ha lo scopo di superare gli ostacoli burocratici che a livello nazionale spesso rallentano le procedure di finanziamento.