Da non perdere “Amore”, superbo spettacolo di Spiro Scimone, con la regia di Francesco Sframeli, in scena al Teatro Nuovo di Napoli fino a domenica 12 febbraio. Arriva a Napoli sulla scia di due prestigiosi premi Ubu 2016, ricevuti come miglior novità drammaturgica dell’anno e migliore allestimento scenico.
Nell’ottava commedia di Scimone, la quarta con la regia di Francesco Sframeli, in “Amore” di cui sono anche gli interpreti eccellenti, c’è una novità: la partecipazione di una donna nella pièce, vera e propria “prima volta” nella storia ventennale della compagnia. Recita infatti Giulia Weber, nel ruolo della anziana donna in coppia con il marito, interpretato da un tenero e riservato Scimone, mentre nella coppia di pompieri, il comandante è impersonato da Sframeli e da Gianluca Cesale, suo subordinato e innamorato. L’artigiano della parola, come si considera lo stesso Scimone, confeziona un testo drammaturgico di grande impatto emotivo, di assoluta autenticità e poeticità restituendoci una contemporaneità della relazione affettiva sospesa nel tempo tra pause, silenzi, gesti e battute sincopate. Coppie di anziani, moglie e marito i primi; clandestini i secondi che, parallelamente e simmetricamente, scavano nei loro sentimenti, nei ricordi di una vita, passando a setaccio la quotidianità familiare e affettiva che appare nella loro memoria trasfigurata e irreale. La tenerezza è ciò traspare dall’incrocio scenico-narrativo delle due coppie di anziani. Vera e allo stesso tempo irreale la loro storia: quattro vite al tramonto che prendono parte all’ultimo momento della loro esistenza. Quelle tombe sul palcoscenico sono parte integrante della rappresentazione: gli attori si siedono, si sdraiano, alla ricerca di una intimità sfuocata ma non per la “vecchietta” così energica e ancora desiderosa dell’intimità, che vuole ancora vivere con un marito però così svagato, perso nella sua attuale dimensione, che non ricorda più “come si fa” in risposta a quei gesti affettivi, ai viaggi fatti insieme.
“Il viaggio che ci piaceva di più era quello sulla neve”, ricorda lei che riporta a galla quei momenti come inondazioni della memoria e del fuoco della passione che fu. Ed è qui il guizzo e la cifra stilistica unica e riconoscibile della drammaturgia di Spiro Scimone che fa entrare in gioco in questa oleata macchina del tempo i due pompieri che arrivano in scena su un carrello del supermercato guidato dal comandante e spinto dal suo subordinato, uniti da un’amore antico e ancora inconfessabile, proibito, vissuto in clandestintà in caserma dietro l’autobotte. Recriminazioni e appelli a vivere liberamente la propria intimità. “Quando l’intimità bisogna difenderla anche da vecchi – ci ricordano – possiamo fare tutto quello che ci siamo dimenticati da giovani”. Parallelismi di storie di coppia, di cura dell’altro in uno scambio di tenerezze ma anche di momenti di ilarità, di sorrisi amari, in un susseguirsi di ricordi che si scontrano con una quotidianità fatta di cambi di pannoloni, di spalmate di creme.
“Amore”, è la parola e l’intercalare affettivo con il quale ci rivolgiamo all’altro nella relazione di coppia che può suonare talvolta così piena e talvolta svuotata di significati.
“Queste due coppie – spiega Spiro Scimone – sono vicine alla morte, ma con leggerezza infantile parlano di quello che hanno provato da giovani e di ciò che forse non è ancora perduto. Alla fine di tutto, il senso della vita si può trovare solo nell’amore”. E “sotto il lenzuolo ormai c’è solo il silenzio”: questa la crudezza dell’inesorabilità del tempo e della vita. Uno spettacolo bello, denso di tenerezza poetica. I quattro interpreti sono bravissimi nei loro dialoghi serrati e silenzi sospesi: Spiro Scimone, Francesco Sframeli, Giulia Weber, Gianluca Cesale.
La scena è di Lino Fiorito (già premio Ubu per lo spettacolo precedente della compagnia, Giù) e il disegno luci di Beatrice Ficalbi.
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