«Quanta soddisfazione, amici, nel vedere che le idee della Lega si radicano in tutte le regioni del nostro Paese» ha detto Matteo Salvini, forte dell’8% raccolto nel Mezzogiorno: risultato senza precedenti rispetto allo “zero virgola” dei tempi di Umberto Bossi. Sono i frutti della svolta nazionale impressa al movimento e segnata simbolicamente anche dalla cancellazione nel nome della parola “Nord”. Decisione presa dal consiglio federale il 21 dicembre scorso. Assenti, non casualmente, il fondatore Umberto Bossi e Roberto Maroni, cioè la vecchia guardia.
Di quel passato resta però traccia nello statuto del partito e per accorgersene non occorre faticare molto. Perché già all’articolo 1 si può leggere che la Lega «è un movimento politico confederale costituito in forma di associazione non riconosciuta che ha per finalità il conseguimento dell’indipendenza della Padania attraverso metodi democratici e il suo riconoscimento internazionale quale Repubblica federale indipendente e sovrana». Propositi che stridono con il profilo ormai nazionale che ha assunto il partito, il cui leader aspira a ricevere un incarico a formare il governo da parte del Capo dello Stato in virtù del titolo di principale forza della coalizione di centrodestra.