C’è un patto tacito fra i risparmiatori e le banche. Un patto che si regge sulla fiducia. Ma anche sulla convinzione che un istituto di credito abbia pareti di vetro, che all’interno del suo perimetro ogni singola operazione sia sottoposta ai controlli, presumibilmente rigorosi e inattaccabili, degli organismi di vigilanza. Che, nel nostro Paese, hanno un nome e cognome ben preciso: Bankitalia e Consob.
E’ evidente che, nel caso dei quattro istituti (Banca Etruria, Banca Marche, CariFe e CariChieti) finiti sull’orlo del crack qualcosa non ha funzionato. Le indagini sono in corso ed è prematuro emettere un verdetto. Saranno i magistrati a decidere chi ha sbagliato. Ma c’è un aspetto dell’intera vicenda che ripropone un fastidioso déjà vu, l’impressione di trovarsi di fronte ad una storia che si ripete puntualmente e dove il ruolo della vittima è affidato proprio alla categoria più debole, quella del piccolo risparmiatore. Un copione che ha spesso esiti drammatici, come nel caso del pensionato di Viterbo che si è tolto la vita. Ma che, nonostante tutti gli sforzi, gli impegni e le promesse, non si riesce a cambiare. Dai bond argentini a quelli Parmalat fino ai più famigerati mutui subprime, i prodotti finanziari “venduti” dalle banche ai propri clienti hanno potuto godere di una “deregulation” quasi mai in linea con l’esigenza primaria di tutela dei risparmio. Un valore scritto nero su bianco nel nostro ordinamento, sancito da innumerevoli vertici finanziari, regolamentato da norme internazionali.
Eppure, ogni volta che una banca fallisce (o, rischia di portare i libri in tribunale) si scopre ineluttabilmente che le maglie dei controlli sono ancora troppo larghe (al netto, ovviamente, delle responsabilità o degli errori) e che il sistema andrebbe per lo meno rivisto dal punto di vista della trasparenza. Nel caso, specifico poi, i risparmiatori hanno dovuto sopportare anche il doppio volto dell’Europa: docile e accondiscendente quando si è trattato di salvare le banche tedesche, rigida e intransigente quando l’Italia ha chiesto di attivare il fondo salva-risparmi. “Aiuti umanitari”, come li ha definiti lo stesso ministro dell’Economia, Padoan.
Sono già partite le indagini della magistratura. Forse, nei prossimi giorni, saranno avviate le class action. Ma per ora resta l’amara realtà di un piccolo esercito di italiani che avevano sottoscritto un “patto” di fiducia con la propria banca e che invece sono stati traditi proprio da quelle stesse istituzioni, italiane o europee, che avrebbero dovuto tutelarlo e difenderlo. Si dice che il salvataggio di questi risparmiatori potrebbe avere un effetto domino e sancire un “pericoloso” principio anche per il futuro. Ma forse, i costi del non salvataggio, soprattutto per la credibilità del sistema, potrebbero essere ancora più alti.