Il commento. Elezioni regionali, un test per tutti (ma Conte non rischia)
Antonio Troise
Che cosa succederà ora al governo
Comunque vada, sarà un test decisivo, per tutte le forze in campo. Non solo per Matteo Salvini, che ha alzato l’asticella delle elezioni regionali in Calabria ma, soprattutto in Emilia, trasformandole in un referendum pro o contro il governo. Ma anche per i Cinquestelle, orfani di una vera leadership, dopo le dimissioni di Di Maio. E, ovviamente, per il Pd di Zingaretti che, in Emilia, si gioca la faccia e forse anche il suo destino politico: se dovesse davvero perdere la guida di una delle regioni storicamente più “rosse” d’Italia, si aprirebbe l’ennesimo fronte interno al partito, con l’ex premier Matteo Renzi, pronto a muovere tutte le sue pedine sulla nuova scacchiera della politica.
Il crocevia di tutte queste traiettorie della politica si trova proprio a Bologna, dove probabilmente duelleranno testa a testa il Governatore uscente, Stefano Bonaccini e la candidata del centrodestra, Lucia Borgonzoni. Perché sull’altro fronte, quello calabrese, il verdetto sembra già scontato, con Jole Santelli, messa in campo da Lega, Forza Italia e Fratelli d’Italia, che sente di avere già la vittoria in tasca rispetto alla carta giocata dal centrosinistra, il re del tonno Filippo Callipo.
In Emilia, le speranze di Bonaccini sono anche puntate sul voto disgiunto, ovvero la possibilità data agli elettori di dare la preferenza ad un presidente della regione diverso da quello del partito scelto sulla scheda. Una formula che potrebbe spingere molti pentastellati a puntare sul governatore uscente con l’obiettivo di assicurare maggiore stabilità al governo. E’ vero che il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, un giorno sì e l’altro pure, ha provato a minimizzare la portata del voto regionale, declassandolo a consultazione locale. Ma, al di là del perimetro elettorale, sono molti a pensare che anche l’eventuale sconfitta del centrosinistra potrebbe, paradossalmente, rafforzare l’esecutivo. Conte continua a rappresentare l’unica scelta possibile per tenere in piedi l’intesa fra Pd e Cinquestelle. Ogni eventuale scenario alternativo rischierebbe, infatti, di portare il Paese alle urne. A patto, ovviamente, che i Pentastellati, orfani di Di Maio e alla ricerca di un nuovo leader, ritrovino la strada dell’unità evitando pericolose scissioni o derive verso destra. Una partita tutt’altro che semplice. La scelta di Di Maio di gettare la spugna a quattro giorni dal voto è stata fatta proprio per evitare di pagare il prezzo più alto della sconfitta e con l’obiettivo di tornare in scena magari fra qualche mese, quando il Movimento sarà chiamato a scegliere il nuovo leader. Sull’altro fronte, quello di Salvini, resta intatta la voglia di dare una spallata all’esecutivo in caso di vittoria. Ma, se non dovesse sfondare sulla via Emilia, il “capitano” rischia di dover arrestare la sua marcia su Roma. la notte elettorale sarà davvero molto lunga.
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