Si è tenuto stamani presso il palazzo del Consiglio Regionale della Campania il Convegno “Magistratura di Sorveglianza: l’alternativa al carcere è possibile” organizzato dal Garante Campano delle persone sottoposte a misure restrittive della libertà personale prof. Samuele Ciambriello. L’iniziativa, presieduta e moderata dallo stesso Ciambriello, si è svolta all’interno di una sala gremita ed ha visto gli interventi, suddivisi in due diverse sessioni, di Giuseppe Martone, Provveditore Regionale dell’Amministrazione Penitenziaria, Maria Bove, Direttore dell’Ufficio interdistrettuale di esecuzione penale esterna per la Campania, Adriana Pangia, Presidente del Tribunale di Sorveglianza, Monica Amirante, Presidente del Tribunale di Sorveglianza di Salerno, Carlo Longobardo, Docente di Diritto Penale presso l’Unina, Anastasia Costanzo, avvocato penalista dello staff del Garante, Rosario Petrone, responsabile campano dei cappellani penitenziari, Anna Ziccardi, Presidente dell’associazione “carcere possibile”, Ermanno Carnevale, della Camera penale di Napoli, Luigi Romano, Presidente di “Antigone Campania”, e Milena Capasso, Magistrato di Sorveglianza di Caserta.
Durante la manifestazione si è analizzato il ruolo della Magistratura di Sorveglianza, oltre che le questioni relative ai diritti dei detenuti durante l’esecuzione della pena, fino ad arrivare alla concessione ed alla gestione delle pene alternative alla detenzione.
“7787 è il numero di detenuti in Campania, di cui 4575 definitivi e 203 in regime di semilibertà. Di questi 387 sono donne e 1008 stranieri”, ha esordito durante il dibattito Ciambriello snocciolando i dati in suo possesso. “4035 sono gli agenti di polizia penitenziaria in Campania (a fronte di 4071 previsti); 630 di questi a vario titolo non vanno a lavoro, mentre gli agenti che mancano a Poggioreale sono 200. Qui c’è una differenza sostanziale tra il numero di detenuti presenti”, ha continuato il Garante.
“Il primo scandalo si verifica tra chi deve assistere ed il numero di detenuti presenti a Poggioreale che dovrebbero essere 1771 ma che invece sono già oltre le 2000 unità. Per non parlare dei minori che in Campania sono 920 (858 uomini e 62 donne) di cui 135 in comunità. L’Italia è l’unico paese in cui le pene sono state ridotte ad un’unica e sola pena, il carcere. Se commetti un reato nel nostro paese devi essere consapevole che avrai come pena il carcere, a differenza di altri paesi nei quali esistono misure alternative. Dal 1992 sono 16mila le persone che sono state dichiarate innocenti e sono state in carcere, un esercito di innocenti”, ha continuato il professore”.
“Siamo qui per parlare del carcere nel tempo della crisi, della risocializzazione, di misure alternative al carcere, per porci degli interrogativi, enfatizzare le buone prassi, mettere in campo qualche progetto in merito. Non è possibile stare zitti, se parlare fosse anche solo consolatorio”.
“Occorre valorizzare le buone ragioni del sistema costituzionale della pena flessibile. Il modello della rieducazione – risocializzazione si realizza attraverso la via privilegiata delle misure alternative al carcere. Vorrei – ha concluso Ciambriello – essere un po’ io il cavaliere dell’utopia concreta come lo è stato il magistrato Alessandro Margara che ha saputo coniugare la giustizia con il senso di umanità, rileggendo la Costituzione e promuovendo l’esistenza dello Stato sociale e della città solidale opposta alla città ostile”.
Presenti 16 detenuti in permesso solo per oggi. Sette sono intervenuti ed hanno dialogato con i giudici presenti.
“Un dibattito interessante a cui ho partecipato con enorme piacere e che è servito ad approfondire vari aspetti problematici rispetto alla gestione delle carceri ed inerenti alle misure alternative, mettendo a confronto persone con esperienze e professionalità diverse. Bisogna cercare di implementare gli interventi delle strutture pubbliche atti a favorire il reinserimento dei detenuti anche attraverso attività di volontariato, di lavori socialmente utili e di facilitare l’attuazione di corsi professionali atti a dare una prospettiva di vita diversa”, ha dichiarato a margine del dibattito il Presidente del Tribunale di sorveglianza Adriana Pangia.
“Fondamentale è parlare e, come diceva Calamandrei, bisogna guardare il carcere ed entrarci dentro ed ogni occasione come questa è utile. Io nella mia esperienza decennale di Magistrato di sorveglianza trovo fondamentale che le persone recluse non percepiscano il blindato, la carcerazione, come una chiusura totale del mondo verso loro stessi. Motivo a cui ascrivo la maggior parte del malessere e degli episodi di violenza tra detenuti che avvengono in carcere. Il dialogo anche con gli operatori penitenziari che, bisogna dirlo, fanno una vita complicata e svolgono un ruolo difficile, porterebbe benefici a tutti. Ovviamente per dialogo non intendo concessioni o che gli operatori penitenziari debbano abdicare al proprio ruolo”, ha aggiunto in conclusione il Presidente del Tribunale di sorveglianza di Salerno Monica Amirante.