Al Teatro Bellini, fino al 26 febbraio, è in scena “Una casa di bambola” di Henrik Ibsen, traduzione, adattamento e regia di Andrée Ruth Shammah, con Filippo Timi, Marina Rocco, nel ruolo di Nora, con la partecipazione di Mariella Valentini e con Andrea Soffiantini, Marco De Bella, Angelica Gavinelli, Paola Senatore.
Una scenografia in tinta di rosa, pareti che fanno da sfondo ad una “casa di bambola” leziosa e infantile. Ma è solo l’apparenza perché nonostante i toni caldi quell’abitazione restituisce freddezza. L’abita Nora, una brava Marina Rocco perfettamente algida, che impersona la bambina che gioca, sgranocchia amaretti di nascosto, sposta e cambia oggetti. Una casa con personaggi nitidi vestiti dall’istrionico Filippo Timi che gioca con tutte e tre le figure maschili in modo ironico anche a costo di stare sopra le righe. Insomma tutti gli uomini che girano attorno a Nora in fondo sono un solo e Nora sembra trattarli come pupazzi, manichini pronti ad essere soggiogati. “Casa di bambola”, che fu scritto da Ibsen nel 1879 durante un suo soggiorno ad Amalfi, è la costruzione di una pungente analisi critica sui tradizionali ruoli dell’uomo e della donna nell’ambito del matrimonio durante l’epoca vittoriana. La regista Andrée Ruth Shammah, punta di diamante del Teatro Franco Parenti di Milano, disegna uno spaccato borghese di vita familiare che scorre in modo tranquillo e appagante che però sfocia pian piano con una certa suspense nel noir. Il cambio di personaggi è affidato a Timi che passa da Torvald a Krogstad con la solita verve interpretativa, si cala nei personaggi ibseniani per subito discostarsene, diventa sornione con il pubblico per coinvolgerlo nel gioco delle parti, costruisce qualche battuta sulle diverse uscite dei tre personaggi maschili, anche se, nel ruolo del marito, convince più di tutti perché è lì che non deborda ma scopre la sua identità ed impersona la morale che si erge a giudice di una donna “che non può non essere capace di crescere i suoi figli” quando si sente minacciato nella sua scalata sociale. L’eroina femminista è certamente Nora che infatti appare fischiettando “La Regina della Notte” del Flauto magico mozartiano, come se avvertisse che tutto girerà attorno alla sua figura frivola e ambigua. A Nora nessun uomo resiste: una donna scaltra che agisce in modo truffaldino come ha imparato dall’universo maschile che la circonda, a partire dal padre.
“Se si analizza senza pregiudizi il testo, senza dare per scontato che Nora stia dicendo la verità quando afferma di essere sempre stata trattata come una bambola – scrive la regista – e ci si lascia trasportare dalla complessità della trama, anche solo per la semplice curiosità di sapere come va a finire, si capisce molto chiaramente che non è lei la vittima, anzi, è lei che regge i fili e che manipola il marito Torvald, obbligandolo ad interpretare ruoli diversi”.
Nella messa in scena appare spesso in un angolo in penombra una figura che fa da capolino, segue il dipanarsi delle scene, quasi aspettando la fine dei giochi, o anche in attesa dello smascheramento della falsità o della ribellione di Nora. Molto convincenti l’attore Andrea Soffiantini, nei panni di una cameriera en travestì, molto scenico e impeccabile con le sue frasi fatte e proverbi, e l’attrice Mariella Valentini, nel ruolo dell’amica, che agisce da equilibrio tra Nora e i suoi uomini. Un plauso alla regista Andrée Ruth Shammah per la sua capacità di rappresentare una Nora Helmer che simboleggia la rivolta della coscienza, esaltando il diritto di scegliere il proprio destino senza delegare a nessuno, non come risposta alla vigliaccheria maschile ma per rivendicare il diritto alla libertà.
Lo spazio scenico a cura di Gian Maurizio Fercioni – elementi scenici Barbara Petrecca – costumi Fabio Zambernardi in collaborazione con Lawrence Steele – luci Gigi Saccomandi – musiche Michele Tadini. La Produzione Teatro Franco Parenti/Fondazione Teatro della Toscana.