di SIMONA D’ALBORA
Esiste una correlazione tra gli aumenti di casi di tumore a Sessa Aurunca e la centrale nucleare del Garigliano? Non ci è dato di sapere fino in fondo se ci sia alcuna probabilità che l’aumento dei tumori derivi proprio da questo, perché il documento è secretato. Certo è che la stessa Procura di Santa Maria Capua Vetere si è preoccupata di andare a verificare se ci fosse una possibile correlazione tra tumore e Centrale di Garigliano dismessa nel 1982. Nella seduta di Commissione di inchiesta parlamentare sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti e su illeciti ambientali ad esse correlati, convocata dal presidente Alessandro Bratti del Pd il 14 gennaio scorso, i procuratori e i sostituti procuratori della Repubblica di Santa Maria Capua Vetere hanno fatto il punto della situazione su quanto accade a Caserta e in provincia. I procuratori hanno elencato i risultati raggiunti grazie al protocollo per la salvaguardia dell’ambiente, ma anche sottolineato i problemi ancora irrisolti che in alcuni casi dovrebbero mettere in allarme.
LA CENTRALE NUCLEARE DEL GARIGLIANO
I punti di novità sull’indagine sono secretati, ma già quanto emerge dalle parole del Sostituto procuratore di Santa Maria Capua Vetere, Giuliana Giuliano, tranquillizza ben poco. L’inchiesta, nasce sulla scia di alcuni articoli di giornali che sottolineavano che il tasso di mortalità dovuto a insorgenze tumorali è superiore rispetto alla media regionale e nazionale . La verifica nasceva dall’intento di verificare la correttezza della modalità di gestione dell’impianto e quella dello smaltimento dei rifiuti radioattivi e non, presenti all’interno della centrale del Garigliano. Bisogna, però, specificare che all’epoca della dismissione della centrale, era consentito l’interramento diretto dei rifiuti ne terreno.
La centrale del Garigliano è stata costruita dalla Società Elletronucleare Nazionale tra il 1959 e il 1964. La proprietà fu trasferita all’ENEL nel 1965 e, a seguito di un guasto al generatore, nel 1968 fu disattivata. È stata disattivata definitivamente il 1o marzo del 1982. Nel corso delle verifiche “All’interno del sito sono state trovate subito delle iniziali irregolarità: innanzitutto, dei registri di carico e scarico liquidi e aeriformi annotati a matita. Ovviamente, in una centrale nucleare un registro con annotazioni a matita ha subito destato dei sospetti sulla correttezza delle modalità di gestione all’interno della centrale.” A questo punto alla verifica dei livelli di radioattvità presenti nelle varie aree sono state riscontrate alcune anomalie. Nell’aree destinate ai rifiuti di bassa radioattività (quelle destinate alla tute da lavoro di operai che all’epoca lavoravano all’interno della centrale, ad esempio) sono stati rilevati livelli di radioattività superiori rispetto al valore di radioattività naturale del terreno in quella zona. L’area è stata posta sottosequestro, anche perché i rifiuti sono stati interrati parecchi anni fa. Così come anche nelle vasche di accumulo dove confluiscono gli scarichi della centrale che convergono nel fiume Garigliano, sono stati riscontrati valori di cobalto e cesio abbastanza elevati, tenendo in considerazione che l’attività della centrale è cessata effettivamente nel 1982 e che i loro tempi di dimezzamento sono abbastanza rapidi. Da qui in poi non ci è dato di sapere i risultati degli ulteriori accertamenti sui prelievi ambientali all’interno ed all’esterno dell’installazione o dei campioni sulle matrici alimentari e verificare i valori della vasca di accumulo o gli accertamenti sull’aree destinate ai rifiuti di bassa radioattività perché i verbali sono secretati. Insomma, non ci è dato di sapere perché a Sessa Aurunca la media di chi si ammala e muore di tumore è più alta.
LA CONTAMINAZIONE DEI POZZI
A lanciare l’allarme Raffaella Capasso, Procuratore della Repubblica FF presso il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere che denuncia anche il disinteresse delle Istituzioni: “Successivamente, c’è stato un nuovo importante accertamento da noi eseguito con riferimento all’ex cava tufacea della Masseria Monti. Abbiamo accertato la presenza effettiva in Masseria Monti di un inquinamento gravissimo. Voglio segnalarvelo perché, da tutti gli accertamenti effettuati, abbiamo scoperto che sono state «tombate» 300.000 tonnellate di rifiuti speciali, pericolosi, tra gli anni Ottanta e gli anni Novanta; che c’è inoltre un riversamento di 30.000 tonnellate di percolato direttamente in falda; una conseguente contaminazione della falda acquifera da arsenico, ma anche e soprattutto da metalli pesanti, in particolare manganese, 260 volte maggiore del «valore soglia»; sono state sotterrate e interrate lì batterie esauste nel corso degli anni e ora c’è il rischio di una contaminazione continuativa; vi sono, in atmosfera, emissioni di una quantità elevata di fenoli. Abbiamo sequestrato, in questo caso, 60 pozzi, nonché tutta l’area. Abbiamo avvisato il sindaco, il Ministero dell’ambiente, la regione, ma, fino ad ora – il tutto avveniva più di un anno fa –, non è accaduto nulla. Abbiamo trovato che, a monte, i pozzi non erano inquinati e a valle sì. È chiaro, in questo caso, qual è la fonte inquinante: è la discarica. Nel caso, invece, di quegli altri pozzi dei quali si è parlato prima, in Casal di Principe, nonché di altri che abbiamo scoperto di recente – è indagine recentissima– non è così. Occorre segnalare che, in zona Marcianese, vi sono dei pozzi inquinati «trattati». Lì c’è stato anche un trattamento, cioè, sono state prese delle misure, ma evidentemente, o per inadeguatezza di queste misure da parte della multinazionale che ha provocato l’inquinamento, o perché c’è stato un tempo lungo tra quando la contaminazione è avvenuta e quando, invece, è stata scoperta, sta di fatto che sospettiamo e temiamo – l’ARPA ha lanciato un grido d’allarme e difficilmente lo fa – che possa esserci stata una «migrazione» molto estesa di questa contaminazione della falda, a sud. Addirittura, sospettiamo che, da Marcianise, la contaminazione della falda sia arrivata a Casal di Principe.
Allora, mi spiegherei quello che non mi spiegavo anni fa, e cioè la situazione sia a monte sia a valle dei pozzi di Casaldiprincipe, ma è, per ora, un’ipotesi, che stiamo investigando ora.
Per quanto riguarda, invece, le acque sotterranee e i pozzi, vi è un allarme che voglio lanciare. – continua in commissione – Sarete già allarmati di vostro, sicuramente, però abbiamo rilevato frequentemente, ahimè, l’avvelenamento, o comunque la grave contaminazione dei pozzi. Abbiamo cominciato la prima volta con un’indagine su una discarica di Casal di Principe che ci era stata indicata inizialmente da un collaboratore di giustizia, poi abbiamo fatto indagini c.d. «indirette». Successivamente, abbiamo scavato in quel sito, perché, dalle indagini indirette, erano state evidenziate presenze di metalli, fino a 5 metri. Ancora dopo la DDA di Napoli, nel corso di sue investigazioni, è ritornata nello stesso posto, su indicazione di altro collaboratore di giustizia. Abbiamo scavato, prima la Procura di Santa Maria Capua Vetere, poi la DDA di Napoli, nello stesso sito, a Casal di Principe, in momenti diversi. Abbiamo trovato sicuramente discariche di rifiuti speciali – almeno l’ARPA ci ha detto questo dopo aver eseguito gli esami – ma, per quanto riguarda almeno le nostre indagini, non rifiuti pericolosi.
Abbiamo fatto eseguire l’esame di tutti i pozzi, a monte e a valle idrogeologico, perché – ci siamo detti – se è la discarica che inquina, i pozzi «a valle» saranno sicuramente inquinati. Abbiamo fatto fare l’esame anche delle acque dei pozzi «a monte», per il confronto. Ebbene, abbiamo trovato, sia a valle sia a monte, i pozzi avvelenati.
Allora – al di là del fatto che ovviamente il flusso di falda può mutare – ci siamo posti il problema che, forse, ancora più a monte c’era la vera fonte inquinante, la vera sorgente della contaminazione. Quest’indagine, poi, passò per competenza alla DDA della quale, come vi dicevo, c’era stato già l’intervento.”
REGI LAGNI
I risultati ottenuti grazie al protocollo, sia sul piano delle indagini, ma anche gli effetti virtuosi che ha prodotto non sono pochi: l’istituzione di un Registro tumori della Provincia di Caserta, il recupero di ben 20 chilometri della costa del Litorale Domizio, la rifunzionalizzazione dei 5 depuratori regionali che insistono sui Regi Lagni, prima mal funzionanti e che contribuivano all’inquinamento delle acque, la riattivazione delle centraline dell’ARPAC, che non funzionavano e che sono fondamentali nel monitorare l’efficacia della depurazione. “Potremmo affrontare ora una piccola problematica, peraltro preoccupante, – continua il procuratore Capasso – che fa capire come certe volte si fanno le cose in questo nostro benedetto Paese: è stata apposta una griglia alla foce dei Regi Lagni, in località Castelvolturno, per bloccare tutti i residui più grossolani. È iniziativa sicuramente positiva, di per sé. La provincia realizza questa griglia; spende 2 milioni di euro e la predispone. Sennonché, la griglia funziona due estati, il 2013 e il 2014. Poiché nessuno provvede alla pulizia della griglia, nessuno la manutiene (essendo le spese di manutenzione pari a 700.000 euro all’anno, nessuno vuole accollarsele, neanche la provincia, che però ha preso l’iniziativa), adesso quella griglia fa «effetto diga», cioè l’acqua si ferma lì e straripa col carico antropico e comunque certamente non sempre perfettamente pulito che porta con sé.”