Se Napoli è “na carta sporca”, Il Mezzogiorno è da qualche giorno, ufficialmente, il buco nero d’Europa. E siccome l’Europa rispetto ad altre aree geopolitiche, da qualche tempo, non è che se la passa molto bene, vi lascio immaginare… In ogni caso, che sia Napoli, che sia la Campania o qualsiasi altra regione, il risultato non cambia. Peggio va se il Sud è preso in blocco. Sta con le pezze, e “nisciuno se ne ‘mporta”.
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Per decenni tra Nord e Sud è valsa la regola vecchia come il cucco, secondo la quale “’o sazio nun crede ‘o dijuno”. Chi è sazio non crede a chi non ha mangiato. Se ha qualche spicciolo, glielo dà come si getta un osso al cane. E va per la sua strada…
Ma da qualche tempo – da almeno 10 anni – è l’Italia che non va. L’Italia non cresce da troppi anni e anzi regredisce. E’ il partner europeo che va peggio, che cresce di meno. Le vacche sono diventate magre anche al Nord e i suicidi degli imprenditori padano-veneti sul lastrico ormai non si contano. Come sperare che, risollevato il coperchio del Sud disastrato, non si susciti nella gente del Nord un istintivo moto di fastidio, una stizzita reazione di rigetto?
A commento al Rapporto Mezzogiorno d Svimez, persino Antonio Polito, editorialista del Corriere della Sera mai tenero con le responsabilità “soggettive” dei meridionali a proposito della deriva imboccata dal Mezzogiorno, scrive: “Il Sud peggio della Grecia? Quel che è veramente peggio è che non importa a nessuno”.
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Al grido di dolore che sale dal Sud, nessuno vuole più prestare attenzione. Il problema del Mezzogiorno è problema dei meridionali, si dice, con una comoda rimozione o un irresponsabile depistaggio. Come è successo in una recente puntata di IN ONDA, su La7, condotto da Gianluigi Paragone e Francesca Barra. C’era anche Roberto D’Agostino, uno che ancora non si è capito come sia passato dall’edonismo reaganiano alla professione giornalistica, che inte3rpreta nella maniera più caciara possibile. Sul tema in questione, buon ultimo, ha puntato anche lui il dito – tatuato e abbondantemente inanellato – contro i meridionali che “non emettono mai fattura”. Stesso capo di imputazione che i tedeschi attribuiscono agli esercenti greci. Scambiando come al solito l’effetto con la causa, facendo di ogni malerba un fascio, l’unico risultato apprezzabile è di cambiare aria allo stomaco in diretta televisiva.
La trasmissione di LA7 aveva preso a prestito il Rapporto Svimez soltanto – soltanto – per istruire la pratica quotidiana del titolo a effetto. Giannola e Padovani, presidente e direttore dell’istituto, non erano presenti in video nemmeno mediante collegamento esterno. C’era però D’Agostino, noto economista ed esperto di meridionalismo. Uno che al di sotto di Fregene non sarà mai sceso nemmeno con la gita scolastica.
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Da quella discussione (se così la vogliamo chiamare) si evince un solo dato certo. Se oggi il Nord potesse, si priverebbe volentieri del Mezzogiorno. Ormai è opinione comune, e non solo dell’agenda setting. Scaricare sul Sud la colpa del declino italiano è la soluzione più facile.
Viene a mente il tentativo del ministro delle Finanze tedesco Schauble che, in corso di trattativa con Atene, lo disse chiaro e tondo: si sarebbe liberato volentieri del problema Grecia, almeno per i prossimi 5 anni. Ma – qui sta la differenza – mentre l’Europa può meditare di fare a meno della Grecia, l’Italia non può. Se togli all’Ue la Grecia, togli il 3 per cento del Pil europeo, punto più punto meno. Ma se dall’Italia togli il Sud, togli le gambe per camminare. Qui la sola Campania raggiunge il 7 per cento del Pil italiano. E la Campania è una delle regioni del Sud, che conta 5 milioni di abitanti su venti totali.
E poi, che cosa sarebbe il nostro Paese senza il Mezzogiorno? E dove può arrivare senza l’aeronautica e l’aerospazio, l’automotive e l’energia, la logistica e la portualità del Sud.
Il Mezzogiorno non è la palla al piede della nazione. E’ le sue gambe protese verso i mercati mediterranei in continua espansione. Senza i suoi “attributi” l’Italia, potrebbe solo assistere alle sfide della competizione globale stando seduta in tribuna.
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