Di Valentina Castellano
Abbiamo raccolto la testimonianza corale di tre autorevoli dirigenti del Circolo che negli ultimi decenni hanno raccolto l’eredità di “Nonna Acciaieria”. Guglielmo Santoro, Vittorio Attanasio e Giovanni Capasso, rispondono in coro alle nostre domande.
Di cosa parliamo?
Parliamo del Circolo Ilva Bagnoli che viviamo come una eredità di “Nonna Acciaieria”.
In questa immagine sembra che l’Acciaieria abbia generato il “luogo” a cui ha affidato il meglio della sua storia. Siamo lì, tra un passato che non passa e un futuro che stenta a delinearsi. Ma affaccia sul Mare.
L’Acciaieria sembra vigilare e proteggere quel che resta di una storia indelebile, fatta di lavoro, solidarietà sociale, diritti, doveri, … un vissuto che chiede di essere ri-generato; utilizzando anche il Mare per connettere i suoi valori con la Terra e con il resto del mondo …
Non vi sembra di essere un po’ enfatici?
Non c’è enfasi né nostalgie per il tempo passato, c’è il rammarico che non riescono a mantenere le promesse fatte da tempo: territorio bonificato, inclusione sociale, sviluppo sostenibile, … lo aspettiamo da più di trent’anni!
Di chi è la colpa?
La caccia ai colpevoli ci appassiona molto meno dell’amore che abbiamo dedicato per mantenere accesa una “fiammella” che ha centotredici anni di storia e che, oggi, definiamo orgogliosamente “l’ultimo reparto ancora in lavorazione”. 2000 Soci, 284.000 presenze l’anno di persone di tutte le età e condizioni (sociali e fisiche), trovano in questo luogo l’opportunità di incontrarsi, fare sport in diverse discipline, di accrescere nel concreto la qualità della propria vita in una dimensione collettiva. Il Circolo, tra l’altro, è da sempre aperto al territorio, ospitando attività con scuole, con i ragazzi a rischio di Nisida e con sport a mare per ipovedenti e diversamente abili.
Sembra però che questa realtà sia poco apprezzata … il PRARU ne prevedeva la cancellazione
Siamo restii a parlarne, perché la fabbrica, tra tante altre cose, ci ha insegnato la sobrietà, l’essenzialità, il fare piuttosto che il dire.Sentiamo tuttavia il dovere di rendere questa testimonianza, perché la “società moderna” sembra aver smarrito il valore del“fare comunità”.
Insieme a tutti i Soci, abbiamo affrontato ogni sacrificio per tenereaperto questo luogo di coesione; siamo orgogliosi che i nuovi associati lo vivano come “una fabbrica di inclusione sociale”.
Speriamo che questa percezione sia man mano acquisita anche da tutti i nostri compagni di lavoro; alcuni, pur venendo dalla stessa storia, si perdono in polemiche e conflitti del tutto incomprensibili.
Invece, Voi, cosa avete imparato in questi anni?
Abbiamo capito che la cultura del lavoro e la praticadell’inclusione sociale debba essere un vettore propulsivo della ri-generazione da troppo tempo attesa. La storia di questi ultimi trent’anni ci ha confermato che “… lo sviluppo non è un concetto o una procedura di intervento, ma è più strutturalmente un processo complesso che si innerva e cresce dentro un territorio euna società specifica, storicamente determinata.” (G. C. Sebregondi).
In tal modo vogliamo onorare i nostri padri e costruire un contesto più vivibile per i nostri figli.
Cosa pensate di fare concretamente?
Ci proponiamo di incrementare ulteriormente le attività del Circolo Ilva Bagnoli, ma abbiamo capito che c’è un vuoto di consapevolezza su questi temi.
Di tutto ciò ragioneremo più approfonditamente con un ciclo di iniziative che abbiamo intitolato Territorio e Comunità: la Coesione sociale per lo Sviluppo, un tema fondante delle politiche comunitarie che ci sembra poco considerato. Il primo appuntamento è il 25 Marzo.