di CLAUDIO D’AQUINO
Anche quest’anno – il quarto consecutivo – il Rapporto di Srm sulle relazioni economiche tra Italia e Mediterraneo mette in luce il potenziale di slancio economico che potrebbe galvanizzare l’Italia e l’Europa, se l’una e l’altra non fossero in altri fronti impegnate.
I dati confermano, infatti, che lo strabismo italo-europeo (sguardo tutto rivolto a Est, per niente al Sud del quadrante geopolitico continentale) è un elemento che taglia alle radici la possibilità di contare su un robusto appiglio per riemergere dalla recessione. Una visione distorta che influisce sul Mezzogiorno, pontile abbandonato nel mare nostro, esposto alle peggiori bufere.
Che cosa dicono i dati? Danno una chance alla “nuova narrazione” del Mezzogiorno. Parlano di un Sud prossimo venturo che potrebbe diventare locomotore, invece che vagone di coda, in un periodo in cui il treno dell’economia europea ha deragliato pochi chilometri dopo la stazione di Maastricht, scivolando sul crinale dell’austerità. Il Rapporto dice infatti che tre Paesi guida di Eurolandia hanno ottenuto risultati lusinghieri, in tempi assai magri, proprio grazie all’export verso l’Area Med. Le esportazioni italiane svettano, poiché più che raddoppiate tra 2001 e 2013: + 107,1%, per un valore di 29,1 miliardi di euro. Senza i quali l’Italia avrebbe già dichiarato bancarotta. Un ritmo di crescita che è stato superiore a quello degli stati Uniti (+58,6%). Un trend nel quale la Germania occupa la prima posizione (+138,7%) e la Francia il podio del bronzo (+53,8%).
Perché allora l’Europa non vede quello che balzerebbe agli occhi anche a un cieco?
La chiave di lettura di questo strabismo viene fornita dalla magistrale prefazione al volume di quest’anno, che porta la firma di Maurizio Massari, ambasciatore italiano in Egitto. Dopo la fine della Guerra Fredda, sostiene l’ambasciatore, le energie italiane, europee ed occidentali si sono appuntate soprattutto in Europa, tra guerre balcaniche e allargamento ad est delle istituzioni euro-atlantiche. “L’unica strategia verso Sud fu tentata – aggiunge Massari – con il lancio del Processo di Barcellona, il cosiddetto partenariato euro-mediterraneo… Schema ambizioso, ma mai decollato, un po’ per le divisioni tra Paesi arabi ed Israele, un po’ perché l’attenzione stessa dell’Europa era in realtà rivolta altrove (Balcani/Kosovo, creazione dell’euro)…”.
Risale al 2008, invece, il lancio della Unione per il Mediterraneo, su iniziativa dell’allora presidente francese Sarkozy. Un progetto che avrebbe dovuto creare “un tessuto connettivo euro-mediterraneo – si legge ancora nella prefazione – concentrandosi su iniziative e progetti concreti, come la costruzione di autostrade marittime e terrestri per migliorare le capacità di commercio tra le due sponde. Ma si è subito infranto nei soliti problemi (lunghezze burocratico-organizzative, mancanza di risorse fresche per finanziare i progetti, e così via)”.
Ciò premesso, quale sarebbe la via da percorrere? Tra Europa e mediterraneo, conclude l’ambasciatore, si tratta di passare “dal paternalismo normativo e dalla timida ‘politica di vicinato’ attuali, alla creazione di partnership paritarie con i Paesi della sponda Sud…”.
Il progetto che non è nelle corde dell’Europa asburgica, e non è nelle mire dell’Italia longobarda, ancillare alla Germania riunificata. Ma è interesse vitale di un Mezzogiorno che supera la frammentazione in Regioni e si lancia su questo scenario con le caratteristiche di macroarea istituzionalmente strutturata. Si può dire? Ci si può pensare?