Attenti alle pubblicità e alle promozioni, il web non perdona. Dopo il caso Buondì con gli asteroidi che decimano una famigliola sul prato di casa, ieri è stata la volta di Carpisa, il brand napoletano di pelletteria e valigeria, a entrare nella bufera. Stavolta sul banco degli imputati va a finire un concorso a premi che mette in palio u n o stage di un mese in azienda a chi, dopo aver comprato una borsa, invia un progetto di marketing e comunicazione per il lancio di un nuovo prodotto. Gli internauti – seguiti a ruota dai sindacati – insorgono.
«Chissà chi me l’ha fatto fare di iscrivermi all’università, quando potevo comprare u n a borsa» si legge in uno dei tanti commenti tra l’indignato e l’ironico. La vincita di u n o stage di un mese in azienda, a fronte del quale Carpisa darà u n rimborso spese di 500 euro, è riservata all’autore del miglior progetto. L’acquisto di una borsa resta un prerequisito indispensabile. Tutti gli altri progetti inviati e non vincitori restano comunque di proprietà dell’azienda.
Una modalità che fa infuriare i sindacati. «Ancora una volta si continua ad alimentare l’idea che il lavoro sia una concessione invece che un diritto, e che sia lecito e giustificato sfruttare le idee e la m a n o d’opera senza un’adeguata retribuzione» attacca Fabrizio Russo, segretario nazionale della Filcams Cgil. E così alla fine Carpisa è costretta a scusarsi riconoscendo, in u n a nota, «la superficialità con la quale è stato a f f r o n t a t o un tema così delicato come quello del lavoro». Il messaggio del concorso – continua la nota – è «in completa antitesi con u n a realtà imprenditoriale fatta invece di occupazione e opportunità offerte in particolare al mondo giovanile». E chissà se a questo punto l’ideatore del concorso sarà licenziato: al suo posto potrebbero assumere – con u n contratto vero però, magari a tempo indeterminato – l’aspirante stagista.