Genitori più severi e insegnanti che, a partire dalla scuola primaria, sappiano educare i propri alunni nel rispetto di tutti. E poi la necessità di dialogo. Dialogo tra i genitori e i figli. Tra gli alunni e gli insegnati. Perché dietro i comportamenti dei ragazzi ci sono sempre adulti che hanno affidato ad altri, soprattutto oggi nell’era digitale, il loro ruolo di educatori.
Questi gli elementi principali sui quali occorre riflettere per cominciare a fronteggiare adeguatamente il fenomeno del bullismo. Né da una parte, dunque, i genitori devono minimizzare gli episodi di violenza né, dall’altra, gli insegnati devono ignorare i segni di tale atteggiamento violento.
Un fenomeno in costante crescita, quello del bullismo, che conta numerose vittime in tutta Italia, ma anche “sommerso” perché difficile da quantificare e spesso sottovalutato. Una vera e propria emergenza educativa che nasce molto spesso tra i banchi di scuola a partire da quelli delle elementari. E per il quale servirebbe anche un osservatorio per misurare il peso esatto del problema, come evidenziato da Pietro Ferrara, pediatra dell’università Cattolica di Roma, referente nazionale della Società italiana di pediatria (Sip) per abusi e trattamenti: “Molto spesso, infatti, mancano infatti dati e studi su questa fascia d’età ed è diffuso un atteggiamento di negazione da parte dei genitori dei bambini più aggressivi, che tendono a minimizzare e giustificare i comportamenti sbagliati dei loro figli”. Secondo l’esperto, un osservatorio già alle elementari permetterebbe di valutare “quanto è radicato il fenomeno e anche di realizzare interventi mirati, per esempio campagne di informazione, utili anche come prevenzione”.
Uno studio che è stato realizzato già in alcune scuole elementari di Roma e “che ha dimostrato che il problema esiste. E anche – spiega all’Adnkronos Salute – che è scarsamente percepito dei genitori. Parlarne però è già parte della soluzione: la parola chiave contro questo fenomeno, infatti, è “dialogo”. La letteratura scientifica dimostra che le famiglie dei bulli e quelli delle vittime sono simili. Si tratta, generalmente, di nuclei in cui c’è scarso controllo da parte degli adulti, poca presenza dei genitori, mancanza di dialogo». Per questo il primo aiuto che si può fornire è quello di dare valore alle parola e all’ascolto.
«I bambini si avvicinano sempre più presto – conclude – alle tecnologie. Hanno accesso a videogiochi, tv, pc. E la soglia di attenzione dei genitori per proteggerli da immagini violente è molto calata. Tutto questo fa sì che i bambini possano considerare quasi normale determinati atteggiamenti o sentirsi autorizzati a riprodurli».