Il fisco cambia volto. Almeno sulla carta. Diventerà meno “invasivo” e più “cooperativo”, gli studi di settore saranno resi più aderenti alla realtà economica e si avvierà un vero e proprio processo di razionalizzazione dei costi sostenuti dall’amministrazione pubblica per incassare le tasse. Forse non sarà proprio una rivoluzione, in attesa dell’annunciata (e sempre rinviata) riforma del sistema fiscale. Ma è sicuramente un modo per attenuare quell’immagine opprimente che, negli ultimi anni, ha assunto come simbolo Equitalia e come emblema le tante proteste, cavalcate da quasi tutti i partiti, dei contribuenti tartassati dalla cartelle esattoriali e spinti anche ai gesti più estremi.
Le linee guida diffuse ieri dal ministero dell’Economia tracciano, invece, un sistema molto “amichevole”, con un obiettivo prioritario: mettere il contribuente al centro di un rapporto che, soprattutto in Italia, non ha mai funzionato. Fin qui, ovviamente, tutto bene. Se la macchina fiscale diventa più semplice e meno arcigna, i contribuenti non potranno che essere contenti. E, probabilmente, i vantaggi saranno evidenti per tutti.
Ma attenti ai facili ottimismi. In Italia, pagare le tasse, anche a causa dell’elevata pressione fiscale, è vissuto sempre come un incubo più che come un obbligo legato alla comunità della quale si fa parte. Il rischio, insomma, è che si passi da un eccesso all’altro. Siamo infatti il Paese che è ai primi posti, in Europa, sul fronte dell’evasione fiscale. Circa 100 miliardi di euro sfuggono, ogni anno, alle maglie dell’erario, come ha denunciato con forza, nel suo discorso di fine anno, lo stesso Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. Il grande esercito dei furbetti delle tasse ha due effetti devastanti. Primo, concentra le tasse soprattutto, sui “soliti noti”, vale a dire i contribuenti che, per una ragione o per un’altra, non possono sfuggire all’occhio del fisco. Secondo, distorce il mercato, favorendo imprese e contribuenti disonesti a danno di quelli che pagano fino in fondo tutte le imposte.
Ancora una volta, insomma, l’impressione è che si affronta il grande problema delle tasse, senza una strategia coerente e costante nel tempo. Soprattutto lanciando messaggi contraddittori. Va bene, ad esempio, rivedere gli studi di settori “per renderli maggiormente efficaci e massimizzare l’attendibilità delle stime, assicurandone al contempo la semplificazione anche attraverso la riduzione del loro numero”. Ma attenti a non abbassare la guardia: in Italia l’evasione fiscale è concentrata, per lo più (almeno stando alle statistiche delle dichiarazioni dei redditi) fra i professionisti e i lavoratori autonomi. Se la svolta viene interpretata come una sorta di “liberi tutti”, gli effetti potrebbero essere molto pesanti, al di là delle buone intenzioni predicate dal ministero dell’Economia. Insomma, va bene un fisco amico dei contribuenti a patto, però, che non diventi amico degli evasori.
fonte: L’Arena