Dal 19 aprile al 9 luglio scorso Napoli ha ospitato la mostra monumentale “Totò Genio”, allestita in occasione del cinquantenario della scomparsa di Antonio de Curtis, in arte Totò, avvenuta il 15 aprile 1967. L’iniziativa – voluta dall’Associazione Antonio de Curtis e promossa e co-organizzata dal Comune di Napoli – è stata il frutto di una collaborazione con le maggiori istituzioni culturali del paese: l’Istituto Luce, il Polo Museale della Campania – Palazzo Reale, la RAI,SIAE- Società italiana degli Autori ed Editori, ed ha visto il contributo di Rai Techee dell’Archivio Centrale dello Stato.
La mostra ospitata a Napoli è stata la prima grande antologica dedicata a Totò ed ha voluto mettere in luce la grandezza di uno dei maggiori interpreti italiani del Novecento (oltre 90 i suoi film): un viaggio indietro nel tempo, attraverso l’arte universale di Totò, figura poliedrica che ha giocato la sua vita gomito a gomito con l’arte dello stupore.
Tre i luoghi prescelti per mettere insieme i tanti tasselli di una speciale vita artistica: il Museo Civico di Castel Nuovo (Maschio Angioino), Palazzo Reale e il Convento di San Domenico Maggiore. Centinaia di documenti tra fotografie, filmati, costumi di scena, locandine di film, interviste, disegni, riviste e giornali d’epoca, spezzoni cinematografici e televisivi, manoscritti personali, lettere, cimeli e materiale inedito.“Totò, è stato uno dei maggiori artisti italiani – afferma Vito Grassi, industriale del settore energetico che non esita a manifestare la sua profonda passione per l’attore simbolo dello spettacolo comico in Italia -. Un artista a tutto tondo, attore di teatro e di cinema ma anche poeta e autore di canzoni”. Il Sudonline lo ha intervistato.
Ingegnere, cosa rappresenta per lei Totò e quale giudizio dà della mostra che ne celebra il genio?
La mostra allestita per il cinquantenario da quel triste 15 aprile del 1967, data della morte di Totò, non poteva avere un titolo più adeguato né poteva esprimere una sintesi migliore. Perché parlando di Totò si parla di un genio al pari di tutti i grandi geni della nostra generazione, anche nei campi del sapere, della scienza, della letteratura, della filosofia.
Quali sono le caratteristiche più spiccate del suo talento speciale? Quali concetti vengono in mente pensando a lui?
Totò rappresenta il punto più alto della creatività e della spontaneità, al di fuori dalle regole e dai protocolli. È diventato nei tanti commenti di questi giorni, una categoria a parte, un imprinting universale, una categoria dell’anima.
È un cult assoluto ormai per ogni generazione, piace anche ai giovani e ai giovanissimi, non è così?
Certamente, è un fenomeno che non ha età e forse anche per questo è rimasto a lungo, colpevolmente, come chiuso nel recinto dell’anima di Napoli, privo a lungo di un riconoscimento permanente e continuativo che sarebbe ampiamente meritato. E che, in qualunque altra parte del mondo, avrebbe già da tempo trovato progettualità concreta ed esecutiva.
In che cosa egli ha espresso l’anima di Napoli e dei napoletani, come lei afferma?
Come tutti i napoletani, non può essere imbrigliato in schemi rigidi, non può sentirsi prigioniero di regole certe e condivise, anche se queste fanno parte del senso civico e del rispetto del prossimo e della cosa comune. Totò è come ognuno di noi napoletani, un po’ anarcoidi già nel DNA. Noi dobbiamo sentirci liberi per dare il massimo di cui siamo capaci.
Insomma, un artista che esce fuori da qualsiasi schema precostituito, estraneo a qualsiasi consuetudine?
Al pari di ogni vero pittore che esprime la sua rabbia o disperazione o felicità dando vita e colore ad una tela bianca, Totò utilizza il palcoscenico e la macchina da presa per protestare contro ogni prassi comune, ogni pensiero allineato.
Protesta, ma imponendo sempre e comunque sé stesso?
Sì. Oltre il copione, oltre il regista, oltre gli attori. Ogni azione, ogni espressione, ogni ammiccamento, ogni sorpresa, viene filtrata attraverso la storia della propria vita, la propria cultura, le proprie passioni, le proprie debolezze. Così resta sempre sé stesso. Rappresenta quello che ognuno di noi riesce ad esprimere in ogni situazione si trovi coinvolto: sempre e comunque sé stesso.
Totò non ha mai nascosto il proprio DNA partenopeo. Quando era sul punto di morire era a Roma e chiese: Portatemi a Napoli…
E ne andava fiero, sempre. Sia che si trovasse, con gli ambienti delle sue pellicole, nell’antica Roma, nella casbah o in una storia di spionaggio. L’essenza della napoletaneità in lui prevale sempre. Dobbiamo essere orgogliosi di colui che racchiude in sé una grandissima rappresentazione di tale essenza ed ha avuto la capacità di farla amare dal resto del mondo.
Qual è la modernità di Totò a suo parere?
Nelle battute topiche, era la sintesi fatta persona. Era la vita twittata qual è adesso, con largo anticipo sui tempi,racchiusa in 20 o 30 caratteri da adattare ad ogni occasione. Parole dominanti, caratterizzanti e significative, da cui ormai non si può prescindere. Egli manifesta la capacità, tutta napoletana, di effondere umorismo in ogni situazione, con effetto dirompente, quasi proporzionale alla drammaticità del contesto. A questa capacità, tipicamente napoletana, si deve l’impatto immediato di simpatia, spontaneità e fiducia che di solito imprimiamo sugli interlocutori. Ciò distingue tutti i napoletani,in qualunque parte del mondo agiscano, spesso anche se ricoprono cariche apicali in contesti lavorativi di primaria importanza.
L’ironia come sale della vita, la risata che scaccia il pianto e vince anche la morte…
Una napoletanità che si impone quale frutto del senso dell’equilibrio in ogni aspetto della vita, alla stregua della convivenza perenne tra bene e male. E finanche tra vittime e carnefici, su una linea di confine sempre molto labile e incerta. La capacità di alternare rapidamente sentimenti di euforia a momenti di grande avvilimento e sconforto.
Come c’entra Totò in questo alterno gioco di luce e ombra?
C’entra perché Totò non ti fa mai toccare il fondo. Ti prende per mano prima del baratro e ti rilancia nella gioia di vivere sempre dalla porta principale dell’umorismo, del sarcasmo, dello sberleffo. Trasmette la sicurezza di chi sa che prendersi troppo sul serio è una bestemmia nei confronti di chi ha realmente in mano il nostro destino. Totò è un link del buonumore, ma non un rifugio in cui nascondersi nei momenti di avvilimento o di scoraggiamento. Un link da salvare tra i “preferiti”, che ti accompagna e si connette automaticamente, quando nemmeno te l’aspetti.
Quale è a sua avviso l’arma che gli consente di traguardare le situazioni più complicate, il metodo che insegna come “salvarsi” dalle strettoie della vita?
Io penso che sia il suo peculiare modo di “sparigliare” le carte ogni volta che si trova nell’angolo, ogni volta che non sa come uscirne. Consiste nel declamare un periodo astratto o, meglio, astruso, una fuga linguistica completamente fuori tema. Un espediente che provoca stupore e smarrimento nell’interlocutore di turno, che gli permette di riprendere il centro della scena.
Totò fa parte di lei, quindi? O, per dire meglio, è una parte di lei?
E di tutti i napoletani come me. Non c’è riunione di qualsiasi natura – lavorativa, amichevole, sportiva, condominiale, associativa, sindacale – in cui, al conteggio dei posti a sedere ed all’invito a prendere posto, non si senta la battuta: “Una sedia al marchesino!”, un passaggio molto divertente di “Miseria e Nobiltà”.E magari, cosa ancor più sorprendente, la certezza di sentire una voce, o più voci, fino a quel punto silenti, che replicano: “La migliore al marchesino…. La migliore non c’è”.Potrei fare analoghi esempi all’ infinito, senza stancarmi mai.