di LAURA BERCIOUX
Il piccolo Loris ammazzato a Ragusa ha subito una violenza e si suppone conoscesse il suo aggressore e ancora non si sa ancora se sia stato vittima di violenza sessuale ma la pista della pedofilia resta in piedi: prof. Enrico de Notaris, da psichiatra, che idea si fatto?
“Questo bimbo ha 8 anni, è in un momento della crescita e della maturazione che nasce da una consapevolezza maggiore della situazione personale. Naturalmente conosco soltanto le poche notizie dei giornali: è chiaro che non credo che sia possibile per nessuno conoscere l’atmosfera così familiare e intima del piccolo Loris. Un bambino vittima di un pedofilo e che soffre, solitamente è preda di questo tipo di attenzioni: ha paura perché il persecutore è sempre una persona in grado di ricattare. Le cose più frequenti che il pedofilo dice sono “guarda che lo dico a mamma”, “che è colpa tua”: nel bambino nasce quasi spontaneamente la necessità di mantenere questo fatto in un posto segreto, una situazione da non comunicare a nessuno
Si crea un rapporto di sudditanza?
“Da un lato si crea la sudditanza e c’è anche un altro aspetto: può sembrare paradossale ma nasce la complicità nel senso che, il bambino si sente in colpa perché il persecutore instilla nella mente del bambino la consapevolezza che anche lui ha voluto partecipare a questa cosa, che ha voluto essere il primo attore di una relazione di tipo pedofila. Quindi paura e complicità: una formula che paralizza completamente il bambino. Mi chiedo però, da verificarsi e alla luce di quello che può essere l’atmosfera familiare nella quale è cresciuta questa cosa, se c’era un genitore attento, mi pare che il padre del bimbo era spesso fuori per lavoro”.
Alcuni compagni di scuola dicono che frequentasse adulti, andava in giro sul motorino
“Questa è un’altra dimensione che spesso si presenta in questi casi: l’adultizzazione precoce che dipende comunque dall’atmosfera familiare dove cresce. Di solito nelle famiglie che hanno la sacralità del nucleo familiare, ci si rende conto di un disagio anche perché i bambini quando sono preda di queste attenzioni lo manifestano”.
Quali sono i segnali?
“Stiamo parlando in via generale, accade che avviene una sessualizzazione dei rapporti: il bambino che ha questo problema finisce per manifestare attraverso delle normali manifestazioni affettive che sovraccarica in una certa genitalizzazione. Vale a dire si strofina con determinate parti del corpo, sul corpo dell’adulto che non abbia atteggiamenti pedofili nei suoi confronti ma che ha un normale atteggiamento affettivo. Un’attenzione molto forte sui propri genitali con manipolazioni o con strofinamenti anche su oggetti, sedie,tavoli”.
E i disegni?
“Le prime manifestazioni cliniche più generiche sono: disturbi del sonno, disturbi dell’appetito, scarsa capacità di concentrarsi, difficoltà di relazionarsi: è come se vivessero in un mondo incantato con questa paura che li racchiude in una bolla. I disegni, per interpretarli, necessitano di molta competenza e pazienza perché, aldilà di disegni che sono straordinariamente emblematici, i più piccoli riescono persino a disegnare “l’anatomia” di quanto accade. Ci sono anche delle parole che adoperano questi bambini che non fanno parte del normale vocabolario infantile. Dipende anche dal luogo geografico e del contesto dove vivono”.
Ha mai curato un pedofilo?
“Sì e sono rimasto estremamente turbato. Il mio dovere da psichiatra è quello di curare le persone per quanto possa essere rivoltante o nauseabondo, mi sono trovato a seguire per più di un anno un ragazzo che purtroppo ha avuto e ha tuttora questo tipo di predilizione sessuale. Un ragazzo estremamente dolce e che non aveva mai compiuto atti di violenza fisica, ovviamente la violenza non è solo fisica ma psicologica. E’una diseguaglianza di potere: un adulto riesce fargli fare quello che vuole. Sono rimasto colpito dalla profondità del pensiero di questa persona, una persona molto colta che però, sebbene possa sembrare un luogo comune, a sua volta questo ragazzo di 30 anni era stato a sua volta vittima delle attenzioni pedofile di un parente. Nelle situazioni individuali le condotte pedofile vanno un po’ separate perché ci sono delle manifestazioni che avvengono per esempio nelle scuole, negli asili: sono stato perito di parte di un gruppo di oltre 30 bambini che erano stati attenzionati nell’istituto scolastico religioso da una religiosa. Nelle istituzioni la faccenda è diversa perché si crea un rapporto personale molto labile tra l’adulto e il bambino. Mentre invece nelle situazioni più familiari o molto vicine come parenti e amici, il meccanismo della complicità e paura viene ridefinita agli occhi di un bambino come una sorta di fidanzamento. Questa è una prigionia psicologica”.
Perché si diventa pedofili?
“La pedofilia rimane un reato grave legale e una violenza gravissima ma non dobbiamo dimenticare che veniamo da una cultura che ha le sue radici nell’antica Grecia. Se leggiamo il Simposio di Platone, le parole di Socrate che considera l’amore vero quello per il giovane imberbe, l’amore più puro e disinteressato soprattutto perché non ha il fine della procreazione come per l’amore per la donna, ci chiarisce molte cose. Questo tipo di amore non era considerato dagli antichi greci un amore malvagio o peccaminoso. La pedofilia è una forma di delirio dell’investimento affettivo che non si fa nei confronti di un adulto ma verso un bambino; resta del tutto riprovevole e da aborrire”.
Si può guarire?
“Io non credo si possa guarire e con tutte le precauzioni del caso che la pedofilia sia una malattia, chiamiamola un orientamento, una scelta. Il pedofilo è una persona che ha paura del rapporto con un adulto e si rifugia nel rapporto con un bimbo che invece può dominare e succede anche se non ha subito a sua volta atti di pedofilia. Cova una paura profonda per l’amore adulto: è da questa paura che bisogna guarire. Purtroppo oggi le relazioni umane sono estremamente difficili. C’è la paura del Grande Altro, con la A maiuscola. Viviamo in una società dove le persone hanno un prezzo come le cose, frequentemente i rapporti vengono mercificati. Tra adulti può accadere ma quando scatta quella paura per l’amore adulto ci si rifugia in rapporti con i più piccoli dove la mercificazione è a solo vantaggio dell’adulto. E’ una cosa gravissima come il grande mercato della pedofilia. Molte persone che si stracciano le vesti e gridano allo scandalo, poi vanno a fare turismo sessuale in Tailandia o in Brasile, dove non vengono perseguiti o giudicati”
Come raccontare ai bimbi il pericolo del mostro e come difenderli?
“Ci sono ancora molti tabù. Il consiglio che do solitamente che fare domande esplicite è sbagliato perché diventano suggerimenti, io credo che un genitore che percepisce dei fenomeni come insonnia, inappetenza, agitazione, come dicevo prima, deve fare delle domande non troppo dirette, prendendole alla larga e senza allarmarsi, attraverso disegni o il racconto dei sogni, i sogni dicono molto. Un genitore quando ama molto i figli ed ha un rapporto profondo, se ne accorge anche da uno sguardo se c’è qualcosa che non va. Secondo me bisogna dire ai bambini che al mondo esistono i buoni e i cattivi, tanto per essere generici…in fin dei conti tutte le favole hanno sempre l’orco, il cattivo. I bambini sono capaci di capire e bisogna andare per gradi. A scuola è difficile per una maestra fare un discorso ad personam ma senza scendere nei particolari, un genitore in vece ha un altro tipo di rapporto con il proprio figlio. Bisogna avere attenzione ai racconti di fantasia o nei disegni: i bambini te lo fanno capire e tendono a dirlo anche senza volerlo. Sentendosi colpevoli tendono a confessare come succede anche a noi adulti. Il bimbo ha un desiderio forte di confessare”.
Secondo Lei cosa è successo al piccolo Loris?
“Probabilmente il fatto è avvenuto quando il bimbo ha minacciato il suo persecutore di parlare perché questo è stato un gesto d’impeto. A otto anni certe cose iniziano ad emergere in maniera più razionale. Questo tipo di frequentazione deve avere in qualche modo messo il bambino in una condizione psicologica differente. Avrà detto “Io parlo” e questo ha spaventato l’assassino. A parte la compassione che provo per questo bambino, provo un fortissimo dolore per tutto quello che ha dovuto subire prima e ammesso sempre che ci sia stata una violenza sessuale. Penso al suo inferno. La modalità dello strangolamento sottolinea in qualche modo una certa intimità. Si mettono le mani al collo con cui abbiamo confidenza o un affetto. Molte delle violenze che avvengono nelle famiglie portano questo marchio: le mani alla gola”.