Il fatto
La commissione è presieduta dal capo dell’Ispettorato di via Arenula, Maria Rosaria Covelli, ed è composta da avvocati, magistrati e docenti universitari di alto profilo, peraltro quasi tutti provenienti da Atenei o uffici giudiziari meridionali. Fra gli altri, sono stati chiamati a farne parte il presidente della Corte di Appello di Reggio Calabria, Luciano Gerardis, quello del tribunale di Aversa Napoli-Nord Pierluigi Picardi e la presidente del tribunale di Marsala Alessandra Camassa.
Nel decreto, però, si prevede esplicitamente che la Commissione dovrà “esportare” al Sud le “best practices” che sono già state sperimentate in altri uffici.
La reazione dei magistrati
Per i magistrati del Sud la Commissione è un atto ostile, una sorta di “colonizzazione” della giustizia. Secondo pratiche che sono già state portate avanti dopo l’Unità, quando il Mezzogiorno è stato trattato come una terra di conquista. Tanto che il pm di Catanzaro Alessandro Riello, è stato il primo firmatario di un appello che ha infiammato le mailing list e aperto il dibattito fra le toghe. «Si tratta, innanzitutto, di una sovrastruttura di cui non si avvertiva l’esigenza – scrive Riello – Quello che è però più grave è che, nel decreto, si parla espressamente di una “esportazione” al Sud di buone prassi sviluppatesi in uffici giudiziari di altri territori. Noi magistrati in servizio negli uffici del Sud dell’Italia riteniamo l’istituzione di questa commissione e le finalità perseguite profondamente offensive della dignità, della professionalità, della dedizione al lavoro che quotidianamente svolgiamo negli uffici giudiziari. Ci sentiamo trattati come sudditi e non come cittadini».
La difesa del ministro Carfagna
«Sono dispiaciuta per questa polemica, credo derivi da un equivoco che intendo subito chiarire», risponde la ministra del Sud, Mara Carfagna in un’intervista rilasciata a Repubblica. «La Commissione nasce anche per dare ascolto ai magistrati del Sud e accendere i riflettori sulle difficoltà, richieste, proposte organizzative di chi opera nella trincea di territori difficilissimi, spesso correndo anche rischi personali. Troppo a lungo le loro istanze, talvolta vere e proprie grida di dolore, sono rimaste inascoltate. Tra l’altro, l’efficienza degli uffici giudiziari è una delle precondizioni indispensabili per la piena realizzazione del Pnrr che, non va dimenticato, assegna al Sud il 40 per cento delle risorse, una quota enorme. La dottoressa Maria Rosaria Covelli ha ben chiarito: si intendono valorizzare, cito testualmente dal suo comunicato, “le esperienze virtuose maturate in tutto il Paese, anche in numerose sedi del Meridione, mediante scambi orizzontali tra uffici giudiziari”». Quindi, nessuna esportazione delle buone pratiche dal Nord.
“Li ho sempre considerati degli eroi- aggiunge la Carfagna riferendosi ai magistrati – Il loro lavoro è prezioso e deve essere sostenuto con forza soprattutto adesso, non solo per un motivo “etico” ma anche pratico: dobbiamo tutelare le opere del Recovery Plan da ogni tentativo di infiltrazione e manomissione. Il Paese è alla vigilia di uno sforzo titanico per scongiurare una crisi post-pandemica minacciosa per milioni di cittadini, non possiamo permetterci un fallimento, tantomeno sul terreno della legalità”.
Polemica chiusa?
Le parole della ministra sono sicuramente utili per abbassare i toni della polemica. Ma l’istituzione della Commissione ha toccato un nervo scoperto nei rapporti fra il Nord e il Sud, con i meridionali trattati come “terroni” e “inferiori” dalla classe dirigente, anche giudiziaria, del Nord. Forse, più che una commissione sulle best practice sarebbe stato più utile una commissione per indagare sui mali della giustizia in Italia. Che sono tanti. E che non hanno confini geografici così precisi.