L’EVIS nacque nel febbraio 1945 a Catania, su impulso di Antonio Canepa, come gruppo di lotta armata, ma anche primo nucleo di quello che sarebbe dovuto diventare l’esercito regolare della Repubblica Siciliana, in risposta alle continue violenze che venivano perpetrate dalle forze dell’ordine italiane ai danni di sedi ed esponenti del Movimento Indipendentista Siciliano (MIS), anche sulla scorta di fatti di sangue, come ad esempio la strage del pane, avvenuta a Palermo nel 1944.
Organizzato in gruppi, fu inizialmente formato da circa cinquanta giovani, si riuniva ed operava in clandestinità. Il modello applicato era quello dell’Esercito popolare di liberazione dei partigiani jugoslavi, ma Canepa, improvvisato militare, non ne ebbe il tempo perché morì un paio di mesi dopo. Con l’uccisione di Antonio Canepa, avvenuta in contrada Murazzu Ruttu vicino Randazzo (CT) insieme ad altri due militanti in un conflitto a fuoco con i carabinieri il 17 giugno del 1945 l’EVIS subì uno sbandamento[1].
Dopo la morte di Mario Turri, l’interim del comando fu affidato a un altro leader del Mis, Attilio Castrogiovanni, e dopo il suo arresto, a Concetto Gallo (pseudonimo Secondo Turri o Turri II). I vertici del Mis, sia i separatisti catanesi come Andrea Finocchiaro Aprile, legati ai nobili Guglielmo e Ernesto Paternò Castello di Carcaci e Paternò Castello – Marchese di San Giuliano che dell’ala palermitana, dove emergevano il Barone Lucio Tasca Bordonaro d’Almerita, il Barone Stefano La Motta di Monserrato ed il principe Giovanni Alliata Di Montereale avallarono nell’agosto ’45 l’alleanza con Salvatore Giuliano, che fu nominato tenente colonnello dell’Evis; contemporaneamente partecipò anche Calogero Vizzini, capo della cosca di Villalba, il quale assoldò la banda dei “Niscemesi“, guidata dal bandito Rosario Avila, che iniziò la guerrigliacompiendo imboscate contro le locali pattuglie dei Carabinieri[2][3]. In realtà dopo la morte di Canepa al posto dell’EVIS fu fondata la GRIS (Gioventù Rivoluzionaria per l’Indipendenza della Sicilia) ma i documenti ufficiali indicano genericamente EVIS le formazioni militari e paramilitari separatiste.[senza fonte][4]
Il 29 dicembre 1945 nelle montagne intorno Caltagirone ci fu l’ultimo scontro a fuoco tra circa 60 militantievisti e i reali carabinieri, insieme a militari della divisione Sabauda, che provocò due morti, tra cui un carabiniere. Il 10 gennaio 1946 una banda separatista di Niscemi guidata da Salvatore Rizzo, per vendicare la morte del capo Rosario Avila, catturò con uno stratagemma otto carabinieri della caserma di Feudo Nobile vicino Gela. Dopo aver tentato di scambiarli con il leader dell’EVIS Concetto Gallo, che era stato arrestato, i loro cadaveri furono ritrovati il 25 maggio successivo in una profonda buca a Mazzarino.
Nel maggio del 1946, quando venne concessa l’autonomia speciale alla Sicilia, le formazioni eviste furono sciolte e gli evisti in carcere furono amnistiati e liberati.[5] Giuliano invece rifiutò di deporre le armi e continuò, con la sua banda per quattro anni, gli scontri sia con le forze dell’ordine che con cittadini inermi (strage di Portella della Ginestra) fino alla sua morte nel 1950.