Marco Esposito è da anni un attento analista dei problemi del Mezzogiorno e un tenace osservatore critico delle politiche economiche che lo riguardano. Ha all’attivo ha alcuni libri sull’argomento, l’ultimo dei quali si intitola “Zero al Sud”. E’ stato anche artefice di un esperimento politico centrato sul tentativo di suscitare un movimento meridionalista: MO! Unione Mediterranea, fondato a Napoli nel 2012, che in occasione delle elezioni regionali del 2015 ha promosso in Campania la nascita della lista civica e meridionalista. Ma è con la sua lunga attività di watching istituzionale che è divenuto l’esperto che tutte le istituzioni del Mezzogiorno vorrebbero al fianco per tenere sotto osservazione gli equilibri Nord / Sud. E soprattutto focalizzare al meglio la qualità delle iniziative che riguardano il Meridione. Marco Esposito è infatti uno dei polemisti più attrezzati a tenere alta la guardia sulle proposte di autonomia differenziata avanzate da tre Regioni del Nord: Emilia, Veneto e Lombardia.
Uno dei suoi ultimi post sul suo profilo Facebook recita così: “Non mi fido, e da tempo, del Pd…”. Quindi come giudica, per quanto possibile al momento, l’intesa che ha portato al governo Conte 2?
Ho dichiarato che non mi fido del Pd perché è il partito che ha scritto tutte (o quasi) le regole perverse sul federalismo fiscale. Rammento che le pre-intese sul regionalismo differenziato sono state firmate il 28 febbraio 2018, a pochi giorni dal voto, dal governo Gentiloni con l’Emilia Romagna, la Lombardia e il Veneto. Ed erano accordi che imbavagliavano il Parlamento e garantivano maggiori diritti ai territori più ricchi.
A onor del vero nel suo messaggio c’era uno spunto polemico anche nei confronti dei 5 Stelle…
Sì, ho aggiunto che in verità non mi fido nemmeno dei Cinquestelle, che sono passati da un rigore forse eccessivo (streaming, niente accordi, uno vale uno) a metodi opachi, matrimoni innaturali, candidature bloccate.
Non dirà adesso che si fida di Salvini?
Mi fido di quel che dice, nel senso che gli credo quando afferma che se c’è petrolio in terra o in mare bisogna festeggiare e mettersi a trivellare. Mi fido perché so che le sue non sono chiacchiere a vuoto. Del resto al mondo c’è chi dietro l’Amazzonia che brucia vede nuovi pascoli per allevamenti intensivi, chi nei ghiacci che si sciolgono in Groenlandia vede nuove terre da sfruttare…
Si fidava di Salvini anche quando pretendeva per sé i pieni poteri?
Beh, non penso che lo abbia detto tanto per dire. Sono certo che avrebbe cambiato davvero, anche da solo, la Costituzione per togliere tutti quegli equilibri che a lui appaiono intoppi alla libera attuazione della volontà del popolo, cioè la sua. Mi fido quando Salvini afferma che non ha senso provare a migliorare l’Unione europea e quindi bisogna uscirne, liberarsene. E liberarsi dell’euro.
Venendo alla stretta attualità? Si fida di Conte?
Penso che l’accordo fra M5S e Pd sia un’ottima cosa intanto perché mette un freno ai desideri di Salvini, che poi sono gli stessi di Bolsonaro, di Trump, di Putin. A patto però che in Europa si stia per cambiare davvero le cose, insieme e non contro Germania, Francia, Spagna, Polonia, Grecia e tutti gli altri.
Quindi il nascente governo Conte farà di necessità virtù?
Mi auguro che M5s e Pd possano, camminando insieme, contaminarsi positivamente. Sono i Cinquestelle, infatti, che hanno corretto gli zeri sugli asili nido a partire dal 2020 e il Pd non potrà proseguire sulla strada delle formule perverse. Ce ne sono almeno un paio (perequazione dimezzata e assistenza sociale basata sulla residenza) che urlano vendetta.
Eccoci al suo tema più caro. Quasi una missione la sua: restituire al Mezzogiorno dignità e diritti. Non è così?
Il Mezzogiorno è il posto dove esplodono le contraddizioni del federalismo, del regionalismo differenziato, degli investimenti infrastrutturali mai realizzati, dei fondi europei girati agli enti locali senza un progetto di fondo, anzi, per sostituire spese ordinarie.
E quindi fiducia nel nuovo governo e nell’intesa che lo ha consentito?
Del governo, l’ho detto, mi fido poco. Però valuto positivamente tutte le iniziative – e ve ne sono diverse in campo – che tengono alta l’attenzione e la tensione su questi temi. Sono convinto che la piena presa di coscienza dei propri diritti da parte delle popolazioni del Sud sia una delle novità positive degli ultimi anni.
Che cosa intende di preciso quando parla di contaminazione tra Pd e M5S?
Per certi aspetti è il Pd che, con le primarie e il voto nei seggi, offre davvero ai cittadini la possibilità di dire la loro su alcune scelte. La piattaforma Rousseau è una felice intuizione, ma la sua trasparenza va certificata da un soggetto esterno e la sua proprietà deve diventare neutrale. Ma soprattutto mi auguro che ci sia comune sentire e soprattutto comune agire per la svolta ecologista. Entrambi i partiti hanno messo l’ambiente al centro dei propri obiettivi. Nel mondo, in questo momento, è una scelta decisiva e non scontata.
Dire che si è per l’ambiente è concetto astratto se non si trasforma il Paese in un centro di ricerca mondiale nelle tecnologie verdi. Non le pare?
Concordo. Bruciare petrolio e foreste è come bruciare i mobili per tenere calda la casa: dura poco. Abbiamo bisogno di brevetti “verdi”. E quindi università, aziende, lavoro. Serve un piano per attrarre giovani menti provenienti da tutto il mondo in grado di realizzare l’economia green. Altro che fuga di cervelli, dobbiamo importare cervelli. Si può fare.
Qual è il suo giudizio sull’autonomia differenziata proposta dalle Regioni del Nord?
E’ un trucco che spiego in “Zero al Sud”, pubblicato con l’obiettivo di sollevare il velo sull’attuazione del federalismo fiscale. E’ un libro-inchiesta che contiene la storia incredibile (e vera) dell’attuazione perversa del federalismo fiscale”.
In poche parole, dove sta il trucco?
Per le Regioni, come per i Comuni il federalismo si basa su tre principi costituzionali: capacità fiscali, fabbisogni e solidarietà. Ma essi vengono attuati separatamente, come se l’uno potesse funzionare senza gli altri.
In che senso?
Ad esempio, si finge che sia difficile stabilire il livello essenziale delle prestazioni sociali, per poter dichiarare ‘standard’ quello che c’è. Anche se da qualche parte è poco. Anche se per assurdo, in alcune città del Sud, è zero. Con questo sistema si è assegnato un fabbisogno per gli asili nido di 90mila euro a Reggio Calabria e 9 milioni a Reggio Emilia: cento volte di più. Si sono contati i disabili e gli anziani non autosufficienti per poi dire con una variabile ‘fantoccio’ che se sei campano, pugliese o calabrese quelle persone meritano meno assistenza. A Salerno, per esempio, si era assegnato un fabbisogno per assistenza ai disabili e agli anziani non autosufficienti di 18 milioni annui. Dal 2017 si è tagliata la somma a 11 milioni. E non perché, si badi bene, Salerno spendesse troppo o male. Ma con l’assurda motivazione che Salerno è un comune del Sud e quindi deve ridurre servizi anche quando questi ci sono e funzionano. E ancora: si è misurata municipio per municipio la differenza tra capacità fiscale e fabbisogni per poi stabilire che la solidarietà si applica al 50%. Con le richieste di Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna tali meccanismi saranno replicati dalla scala comunale a quella regionale.
E magari dicono che i cialtroni sono al Sud. Come si contrasta questa manovra?
Si tratta di aprire finalmente gli occhi e sfatare la falsa credenza che il Mezzogiorno è un posto pieno sommerso di soldi spesi male. E’ falso. E questa bugia impedisce anche di combattere l’inefficienza, dove c’è (perché ovviamente c’è, al Sud come al Nord). Vanno corrette le perversioni del federalismo. Solo così si potrà parlare d’autonomia nell’interesse di tutti. E si eviterà un federalismo fiscale, nato per premiare efficienza e trasparenza, che si tramuta in un meccanismo tortuoso, oscuro e ingiusto.
Come si potrebbe correggere l’indirizzo intrapreso?
Tornando alle regole, cioè alla Costituzione. A partire dalla perequazione, che per Costituzione deve essere integrale, e non trasformata nell’”integrale finanziamento del 45,8%” di quanto dovuto, come si fede nel 2015. Il calcolo dei fabbisogni standard non può reggere con la conferma dei servizi o disservizi storici, ossia il livello finora raggiunto, perché nel Sud esistono municipi in cui non ci sono asili nido, mense scolastiche o trasporti pubblici locali e non si può assegnar loro il fabbisogno pari a è zero in base. Ha dell’incredibile principio che se l’autobus non passa o l’asilo manca o la mensa chiude vuol dire che a quei cittadini non serve. Non può essere questa l’Italia che vogliamo.