Finalmente, a 500 anni dalla morte, Leonardo Da Vinci torna a essere l’umano che era: un genio, sì, ma non il solo del suo tempo. La mostra alle Scuderie del Quirinale, a Roma fino al 30 giugno 2019, Leonardo Da Vinci: La scienza prima della scienza, mette ordine nella sua opera ingegneristica e traccia le connessioni culturali con i suoi contemporanei, restituendocelo in tutta la sua grandezza e anche nelle sue utopie visionarie.
Leonardo possedeva mente curiosa mai paga, una sensibilità portentosa. Soprattutto era nato con la mano: la mano per disegnare. Si trovò a vivere in quel periodo, la seconda metà del Quattrocento, e in un ducato, la Toscana, teatro di una scuola d’ingegneria che stava lavorando a opere mai affrontate prima. Per esempio, sistemare sulla sommità della lanterna del Duomo di Firenze un’enorme sfera rivestita di rame dorato. Era allievo della bottega di Verrocchio, osservò da vicino le gru che quattro decenni prima aveva ideato Filippo Brunelleschi per costruire la cupola. Quelle macchine per sollevare e spostare pesi le disegnò come mai nessuno aveva fatto fino ad allora . Ecco, uno dei suoi meriti: aver portato il disegno tecnico a rango d’estetica. Chiaroscuri, sfumature che danno risalto e visione dei particolari applicando quell’invenzione, la prospettiva, sulla quale s’erano lambiccati nella seconda metà del Duecento l’arcivescovo di Canterbury John Peckam e il matematico arabo Alhazen. La gru di Brunelleschi, nel disegno che fa parte del Codice Atlantico custodito a Milano nella Biblioteca Ambrosiana, apre la prima delle dieci sale della mostra costruita su dieci disegni del Codice. Ogni disegno è integrato con modelli, macchine costruite in scala provenienti dal Museo della Scienza di Milano, disegni, stampe, cinquecentine illustrate: oltre duecento opere.
Tra il Medioevo e il Rinascimento s’inventa la ruota dentata, la biella, la vite senza fine: passi che portano alla meccanizzazione dei processi produttivi. Si pubblicano trattati di architettura e macchine, Mariano di Jacopo, Francesco di Giorgio, Giuliano da Sangallo compilano quaderni di disegni, zibaldoni, trattati di arte militare e di ingegneria. Nessuno, nell’illustrazione, possiede la mano di questo figlio illegittimo del ventiquattrenne notaio Piero da Vinci, già ammogliato, e Caterina (Buti del Vacca si presume il cognome della madre).
Non tutti i disegni di Leonardo sono innovazioni: spesso sono la documentazione delle realtà tecniche di macchine esistenti. Oppure sono l’elaborazione più approfondita di intuizioni altrui. Il caso più emblematico è l’Uomo Vitruviano, che prende il nome da Marco Vitruvio Pollione, architetto romano, il quale calcolò la proporzione da rispettare, in architettura, delle fattezze umane rispetto a ciò che si edifica. Celebre l’illustrazione del contemporaneo di Leonardo, Cesare Cesariano, che si distingue oltre che per mani e piedi esagerati, per l’erezione del fallo spropositato. Leonardo studia, aggiusta, misura in frazioni il corpo umano, rettifica le proporzioni indicate da Vitruvio e disegna “l’uomo nel cerchio e nel quadrato” nel 1490.
Non conosceva il latino né la matematica, che studierà poi a Milano. I suoi taccuini sono pieni di traduzioni dal latino che cominciava e abbandonava. Non ebbe mai padronanza di quella lingua ma si attrezza con una biblioteca formata da 150 libri; è andata dispersa. In mostra c’è l’unico volume sopravvissuto, il Manuale Laurenziano. “Le mie cose son più dall’essere tratte dalla spirienza, che dall’altrui parole”.
Al secondo piano delle Scuderie ci sono le macchine del volo costruite sui suoi disegni: l’ala battente, l’aliante, il paracadute. Nel 2000 un paracadutista inglese, Adrian Nicholas, riprodusse il modello Leonardesco del paracadute impiegando gli stessi materiali: sette metri di ossatura in legno di pino, spesse funi di canapa. Si lanciò da 2000 metri, a seicento metri da terra aprì un paracadute normale. L’invenzione di Leonardo lo avrebbe fatto atterrare, ma il suo peso gli avrebbe spaccato l’osso del collo.
Il suo mito moderno comincia con un furto, nel 1796, quando Napoleone requisisce i manoscritti dalla Biblioteca Ambrosiana di Milano. Approdati a Parigi sono oggetto di analisi e traduzione da parte di Gian Battista Venturi, un fisico modenese che li pubblicherà in italiano e in francese. Alcuni codici furono rubati e rivenduti da Guglielmo Libri, segretario della commissione per la catalogazione dei fondi manoscritti degli archivi francesi: un ladro. Alcune pagine del manoscritto E andranno perdute per sempre, in maniera rocambolesca si recupererà il Codice del Volo.
Leonardo diventa ‘genio universale’, inventore e anticipatore della modernità nel 1939, quando se ne appropria il fascismo nella mostra sulle invenzioni che organizza a Milano a Palazzo dell’Arte per celebrare l’autarchia e il ‘genio italico’. Senza tener conto che la maggior parte delle “invenzioni” di Leonardo rientrano nell’estro, nell’essere artista e dunque visionario. Le macchine leonardesche sono meccanismi soltanto pensati, non possono funzionare nel mondo reale.
Maria Tiziana Lemme