Sintesi degli editoriali dei principali quotidiani
Maurizio Ferrera, il Corriere della Sera
“Le critiche al Recovery plan sono state una delle poche ragioni di sostanza che hanno portato alla caduta del governo Conte bis. L’apertura della crisi sta però esponendo ora il nostro Paese a due grossi rischi proprio sul fronte della ripresa post Covid-19”. Lo scrive Maurizio Ferrera sul Corriere della Sera in un editoriale in cui parla di una doppia partita per l’Italia. “Ogni giorno che passa – sottolinea – si allontana la prospettiva che, entro la scadenza di aprile, possa vedere la luce un Piano ambizioso, coerente e realistico. L’ultima versione del documento (disponibile sul sito del Mef) è meglio di quelle precedenti e contiene alcune buone idee. Ma il quadro complessivo lascia ancora a desiderare. Manca una chiara gerarchia fra priorità e strumenti, le proposte hanno respiro e qualità disparate e si fa ancora fatica a capire come verranno realizzate. Il secondo rischio riguarda il versante europeo. A Bruxelles inizia a serpeggiare la preoccupazione che il progetto Next Generation Eu abbia fatto il passo più lungo della gamba. Cioè che i Paesi membri (soprattutto quelli che riceveranno, come l’Italia, ingenti sovvenzioni e prestiti) non abbiano una adeguata «capacità di assorbimento», in termini non solo di spesa ma anche e soprattutto di allineamento alle linee guida, ai grandi obiettivi tematici concordati insieme in Europa. Ricordiamo che le risorse messe a disposizione dalla Ue proverranno da debito comune, garantito da tutti i Paesi: una svolta epocale, se pensiamo alle storiche resistenze su questo fronte dei Paesi frugali e della Germania. Se venisse tuttavia a mancare la capacità di assorbimento, nei Paesi del Nord potrebbe velocemente erodersi la disponibilità a sostenere nel tempo qualsiasi schema di redistribuzione territoriale delle risorse, su base solidaristica. I protagonisti della crisi di governo italiana stanno oggi pensando a tutt’altro. Prima o poi però le consultazioni finiranno, si dovrà pur parlare di agenda e di persone. C’è da sperare che sia il programma sia i ministri del nuovo esecutivo vengano scelti anche in base alle due sfide— interna ed esterna — del Recovery. Per contenere i rischi, il nuovo governo dovrà dare subito prova di aver fatto proprio l’imperativo dell’iniziativa Next Generation Eu: fare investimenti e riforme serie, con proposte chiare e dettagliate, a favore delle prossime generazioni”.
Ezio Mauro, la Repubblica
“Dunque la crisi si muove, perché alla fine un governo bisognerà pure averlo, magari anche soltanto per portare il Paese alle elezioni. Ma si muove su un piano inclinato, dove tutto può ancora scivolare all’improvviso scombinando i calcoli strategici e le astuzie tattiche che stanno imprigionando da settimane la vera agenda dei problemi di cui i cittadini hanno ben chiare le priorità: salute, lavoro, economia, ripresa, sicurezza e coesione sociale”. Così Ezio Mauro su Repubblica descrive l’attuale stallo politico in Italia ed evoca la figura del Fantasma dell’Opera: “Quando le alternative al voto riguardano un governo politico o un governo istituzionale, messi quasi sullo stesso piano, si capisce che la ruggine di questi mesi sta divorando anche lo spazio della politica, quel minimo spirito di coalizione superstite, quell’embrione residuale di centrosinistra, quel progetto abbozzato di un perimetro riformista, capace di contendere il futuro all’estremismo della destra nazionalista. O si ritrovano quelle ragioni per stare insieme, culturali prima ancora che politiche, o è inutile provarci, perché si cucirebbero soltanto le diffidenze reciproche, le insofferenze personali che incredibilmente hanno trovato il tempo per diventare dominanti in piena pandemia, le piccole convenienze di partito: niente dunque all’altezza della situazione, tutto sotto il livello della sfida che l’Italia deve combattere. Sembra dunque a prima vista che la discussione sia oggi sulle urgenze del Paese, e che su questo si possa (si debba) trovare un’intesa. In realtà la figura del prossimo capo del governo ingombra la scena come il fantasma dell’Opera, dall’inizio alla fine del negoziato, contiene la soluzione della crisi o la pietra d’inciampo decisiva”. Dopo una sintesi delle varie tattiche in atto tra i partiti di governo, Mauro osserva che “a un certo punto nella crisi qualcuno dovrà porre la domanda fondamentale, che sgombra da sola tutto il fumo tattico di questi giorni: che cosa si sta costruendo, un accordo di tregua armata tra rivali o un governo per il Paese? E soprattutto che respiro, che spazio, che prospettiva e dunque quale destino deve avere questa coalizione che tenta di nascere? È o non è l’unico spazio riformista oggi possibile in un Paese che ha un bisogno urgente di riforme, indispensabili anche per attivare i 209 miliardi del Recovery Plan? Ed è o non è l’unico campo praticabile per un governo europeista e d’impianto occidentale, di fronte all’attrazione che le democrazie illiberali esercitano anche sulla destra di casa nostra? È dalle risposte a questi interrogativi che dipende l’esito della crisi, la sua qualità, la responsabilità dei leader: non da altro”.
Elsa Fornero, La Stampa
“Sebbene vi siano Paesi (come per esempio il Belgio) nei quali una prolungata assenza di governo sembra non avere causato conseguenze troppo negative, questo non è certamente il caso dell’Italia, oggi, dove un governo, che sia nella pienezza dei suoi poteri e possibilmente sorretto da una forte e solida maggioranza è particolarmente necessario”. Sulla Stampa l’ex ministro Elsa Fornero spiega le ragioni di un governo forte in questa fase per l’Italia: “Ci dimentichiamo, infatti, troppo disinvoltamente che i finanziamenti promessi dall’Europa (sinteticamente detti Recovery Funds) arriveranno soltanto se il prossimo governo sarà in grado di realizzare il Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr). Questo piano – scrive – va presentato, in modo trasparente e convincente, non solo alla Commissione europea ma anche ai cittadini, per far comprendere loro la direzione di marcia che, con i nuovi fondi, s’intende imprimere al Paese. E’ urgente passare dal generale allo specifico, dai principi a un’agenda scandita da scelte, azioni e tempi definiti. Per questo è necessario fare politica, non giocare cinicamente alla politica. I finanziamenti ci saranno dati solo per investimenti – la cui realizzazione sarà controllata passo dopo passo – e per riforme. Sugli uni e sulle altre incombono però forti rischi: non si tratta soltanto, per i primi, di infiltrazioni della criminalità organizzata, di corruzione, incuria e inefficienza ma anche della possibilità che le risorse siano dissipate in attività “decotte”, incapaci far aumentare il capitale fisico, umano e sociale del Paese e perciò il potenziale di crescita (oggi prossimo a zero). Sulle riforme, che sono ‘investimenti sociali’, grava in particolare il rischio di inefficacia, come troppe volte in passato. Le riforme, infatti, dovrebbero ‘correggere’ qualcosa che non funziona nel comportamento di istituzioni, cittadini, imprese, mercati. Senza una diagnosi condivisa degli errori passati, qualsiasi ‘ripartenza’ sarebbe un fuoco di paglia, destinato a spegnersi entro pochi trimestri. Riforme sterili si trasformerebbero così in un’ennesima “occasione perduta”, questa volta imperdonabile”. Negli anni passati, aggiunge, “è mancata una visione positiva delle riforme, spesso ritenute a beneficio non del Paese, ma dell’’estero’, della ‘grande finanza’, di ‘potentati’. E’ mancato quel minimo di condivisione delle scelte compiute da governi di diverso colore politico, per cui chi viene dopo si sente in ‘dovere’ di cancellare ciò che di innovativo è stato fatto dal governo precedente, ancora prima di averne analizzato gli effetti”.