I traffici internazionali di droga passano per il cuore dell’Albania, attraverso la “rotta dell’Adriatico”, utilizzata per far entrare le sostanze stupefacenti dall’Italia in tutta Europa. Una tratta, affermatasi nel corso degli anni, gestita delle organizzazioni criminali albanesi, in particolare della mafia di Valona e Durazzo e di quella della capitale. L’Albania è diventata snodo fondamentale per il narcotraffico europeo e internazionale. Se inizialmente, le organizzazioni criminali albanesi, in particolare quelle costiere, fornivano esclusivamente un supporto logistico ai cartelli, con gli anni i rapporti di forza sono cambiati: la grande disponibilità di mezzi e risorse economiche ha permesso alle mafie del Paese delle aquile di elevarsi a leader indiscussi dei traffici illeciti di droga e armi. Ad oggi oltre il 50% di tutti gli oppiacei, cocaina, eroina e morfina, sequestrati in Europa viene confiscato proprio sulla rotta adriatica, la via che dall’Afghanistan porta all’Europa passando per Iran, Turchia e sud est europeo. Il World Drug Report 2018, il rapporto sul mercato mondiale degli stupefacenti pubblicato dall’Ufficio dell’Onu per le droghe e il crimine, conferma questi dati. L’Albania è il principale luogo di transito di tutte le droghe, anche di quelle provenienti dal Sud America. Affari per miliardi di euro nelle mani dei clan presenti su tutto il territorio: in Albania, sono gestiti al massimo livello traffici, investimenti economici e riciclaggio di denaro sporco. Ma la presenza di numerosi gruppi organizzati e le ingenti somme di guadagno fanno si che i clan siano in continua lotta tra loro per la gestione di uno dei business più redditizi al mondo. A Tirana e in varie parti del territorio albanese negli ultimi mesi si stanno registrando numerosi omicidi che conducono direttamente alla lotta per il predominio del traffico di stupefacenti tra cosche mafiose. Ogni giorno che passa la guerra tra gruppi rivali per il controllo del territorio e il mercato della droga si sta facendo sempre più dura e sanguinosa al punto da mettere in crisi anche il Governo albanese che vedrebbe al suo interno esponenti vicini alle mafie locali. Le autorità albanesi sembra non si stiano impegnando nella lotta alle organizzazioni criminali, poiché le esecuzioni per le strade delle città continuano da anni, come denunciano i media locali. Lo confermano anche i numeri forniti da Europol che analizza a fini investigativi tutti gli omicidi che si sono verificati in Albania dal 2015 fino a oggi. Le autorità ritengono che le oltre duecento persone uccise siano connesse in qualche modo alla pista mafiosa, anche se solo pochi casi sono stati davvero risolti con una condanna penale dei colpevoli. Per oltre l’80% degli omicidi, invece, non ci sono neppure i sospettati. I dati raccolti dimostrano inoltre che gli agguati costituiscono un pericolo grave anche per i cittadini. La maggior parte delle esecuzioni, infatti, avviene in pieno giorno e in luoghi pubblici: lo scorso febbraio, due passanti per poco non sono rimasti coinvolti nell’esplosione dell’auto di un sospetto trafficante di droga. Da quando l’Albania si è impegnata nei confronti dell’Unione europea dichiarando guerra alla mafia, poco è cambiato. La ragione per la quale la maggior parte degli assassini non è ancora stata identificata è il legame tra criminalità organizzata e politica e con strutture di polizia, magistratura e servizi di sicurezza. Le mafie nel Paese sono molto potenti e i rapporti tra clan, politica e forze dell’ordine sono noti. Klodiana Lala, la più coraggiosa giornalista d’inchiesta albanese, una carriera passata a raccontare gli affari dei gruppi criminali in continua espansione, conferma l’esistenza di forti legami tra i boss del narcotraffico e le istituzioni pubbliche albanesi. Non è storia di oggi che una certa politica faccia affari con le organizzazioni criminali, però adesso siamo arrivati al punto in cui la mafia è entrata in Parlamento. L’ex ministro dell’Interno dell’attuale governo di Edi Rama è sotto inchiesta per traffico internazionale di droga. Avrebbe favorito il clan Habilaj. Il cugino Moisi è adesso in carcere a Catania. Anche per questo, qualche giorno fa, il procuratore nazionale antimafia De Raho in visita a Tirana ha avvertito che la mafia rischia di divenire il maggior investitore nell’economia albanese. La mafia europea emergente, dunque, è quella albanese, dura e feroce e alleata quasi dovunque con le mafie autoctone dei territori dove s’infiltra. Le collaborazioni criminali sono costanti con tutte le consorterie mafiose (ndrangheta, cosa nostra, camorra, mafie pugliesi) come dimostra la gestione della droga di strada che, per l’80% è fornita alla criminalità locale dai clan albanesi. In Abruzzo e in Molise i clan albanesi svolgono un ruolo dominante nello spaccio di eroina e cocaina per la camorra e per la mafia foggiana e garganica. Con il beneplacito delle mafie locali gli albanesi possono agire liberamente nei loro territori applicando le loro regole feroci. La minaccia dei gruppi criminali albanesi in Italia è ormai un allarme da non sottovalutare. Il litorale adriatico (coste pugliesi e molisane) è il loro principale luogo di penetrazione nel territorio italiano, ma ormai possiamo affermare, senza timore di smentite, che la mafia albanese è presente in maniera massiccia in tutta la nostra penisola. Se si continua di questo passo l’Albania potrebbe diventare il nuovo Messico in Europa. Per nostra fortuna non lo è ancora, ma lo potrebbe diventare. La criminalità albanese si sta ristrutturando in forma organizzata e nessuno sembra sapere come rispondere a questa mutazione che se portata a termine porterebbe l’Albania a diventare un vero e proprio “Narco-Stato” sul modello sudamericano.
(Vincenzo Musacchio, Presidente dell’Osservatorio Antimafia del Molise)