La manifestazione di Roma del 21 maggio “Scegliamo la vita”, di tutte le associazioni “Pro-Vita”, più di un centinaio, che insieme lottano per far rispettare la vita umana sempre e comunque. «Scegliamo la vita» nasce sulla falsariga della precedente Marcia per la Vita che si è tenuta ogni anno, per tutto lo scorso decennio. Una continuità sul tipo di manifestazione pubblica che si tiene e sui valori che trasmette, in cui crediamo. Oggi cambiano le persone che promuovono l’evento, con Maria Rachele Ruiu e Massimo Gandolfini. “Nelle Marce del passato, probabilmente, si poneva l’accento soprattutto sugli aspetti più dolorosi e pesanti dell’aborto, in quanto uccisione di un bambino: tutte cose purtroppo verissime ma, da quest’anno, vogliamo soprattutto accendere i riflettori sulla speranza della vita. Non vogliamo giudicare nessuno, la nostra è una manifestazione per la vita, non è contro nessuno. Siamo assolutamente convinti che la mamma che abortisce sia una povera vittima, alla quale deve andare tutta la nostra comprensione e solidarietà”.
Il giornale online. «iFamNews», intervista Massimo Gandolfini, neurochirurgo, leader del Family Day e portavoce della manifestazione, assieme a Maria Rachele Ruiu. Riprendo dal sito del 20 maggio qualche risposta che il professore ha dato a Luca Marcolivo. Secondo Gandolfini, Sarà un vero momento di festa, con questo evento vogliamo infondere gioia e speranza nella bellezza della vita, quando viviamo, ormai da parecchi anni, un drammatico momento di inverno demografico. Sostanzialmente si ribadirà che la vita sia difesa e rispettata dal concepimento alla morte naturale, per cui le derive antropologiche come il cosiddetto «diritto all’aborto» o il diritto di morire attraverso il “suicidio assistito” o l’eutanasia devono essere bandite dal nostro Paese. Nei momenti opportuni prenderemo posizioni anche molto ferme contro le leggi abortive permissive, contro le leggi eutanasiche, contro la morte volontaria medicalmente assistita. Combatteremo la buona battaglia della vita, contrastando con convinzione quella che papa Francesco chiama la «cultura dello scarto». Ci poniamo dalla parte dei più deboli, dei disabili, dei bambini ammalati che nascono imperfetti, partendo dall’assunto per noi quasi “dogmatico” che ogni vita ha un valore inestimabile, è degna di rispetto e meritevole di aiuto, sostegno e accudimento, specie in situazioni di fragilità o disabilità. Questo è il messaggio che vogliamo lanciare alla nazione e anche alle forze politiche, alle quali diremo che il popolo della vita è presente, è forte e non ha nessuna intenzione di deporre le armi di fronte a leggi che spacciano l’eutanasia o il suicidio assistito, come fosse una nobile azione sociale o una forma di pietà.
Naturalmente la manifestazione vuole lanciare un messaggio di unità. Oltretutto, non è nemmeno una manifestazione “di cristiani”, né tantomeno “di cattolici”. Saranno presenti anche persone che non credono in Dio ma credono molto nella vita e nella famiglia, assieme a rappresentanti di altre religioni, tra cui evangelicali, pentecostali, ortodossi e musulmani. Il nostro slogan è «Scegliamo la vita». Un sotto-slogan potrebbe essere: «La società non perde nulla se nasce un bambino in più». Ecco, noi vorremmo incoraggiare a far nascere qualche bambino in più, l’Italia ne ha uno spaventoso bisogno.
A fianco di questa notizia non possiamo fare un accenno a quello che sta succedendo negli Usa. Alla guerra scatenata dagli abortisti e dai democratici dal 2 maggio con la pubblicazione della bozza di sentenza della Corte Suprema contro l’aborto. Gli appelli, che da due settimane i Repubblicani indirizzano all’Amministrazione Biden e al Dipartimento di Giustizia sui pericoli che corrono i giudici, sinora non erano stati ascoltati. Qualcosa si muove, ma ora ci sono i terroristi in campo.
L’ argomento è stato affrontato da Luca Volontè, da Lanuovabq.it del 20 maggio, “Corte Suprema, gli abortisti minacciano di uccidere i giudici”.
“Lo scoop giornalistico di Politico di inizio maggio e la grancassa massmediatica di abortisti e Democratici hanno scatenato un’onda di minacce contro pro life e giudici e aumentato la “probabilità di violenza estremista […]”.
La diffusione della bozza di sentenza della Corte Suprema ha provocato un “significativo aumento” delle minacce attraverso i social media nei confronti di giudici della Corte Suprema, membri del Congresso e altri funzionari pubblici, oltre che del clero e degli operatori sanitari. “Gli estremisti della violenza domestica e i gruppi criminali hanno adottato le narrazioni sui diritti all’aborto per incoraggiare la violenza, aumentando probabilmente la minaccia al personale e alle strutture governative, religiose e di assistenza sanitaria riproduttiva e agli oppositori ideologici”.
Il Dipartimento di Giustizia ha dovuto annunciare che lo U.S. Marshals Service, la polizia dedicata alla sicurezza dei giudici, ha messo i giudici supremi sotto sorveglianza 24 ore al giorno. Mentre non hanno nessuna intenzione di vietare le manifestazioni degli abortisti. Superficialità, sottovalutazione, complicità? Si chiede Volontè. Perché dal 13 maggio e sino alla sera del 18 maggio, l’Amministrazione Biden e il procuratore generale non hanno mosso un dito per prevenire i piani terroristici e proteggere i giudici e le chiese? Eppure, le registrazioni audio e video delle minacce di morte degli abortisti nei confronti di inermi pro life e sacerdoti, che hanno fatto il giro del Web in questi giorni, erano note agli investigatori. Volontè fa l’elenco dettagliato, facendo riferimento alla Conferenza episcopale Statunitense, degli attacchi violenti e blasfemi (132) contro la chiesa cattolica.
“La situazione è pericolosa e gravida di sangue. Ciononostante, il Washington Post ha paragonato, in un articolo al vetriolo, la possibile sentenza della Corte Suprema contro l’aborto agli attentati dell’11 settembre 2001 alle Torri Gemelle. Le parole possono diventare pallottole, ma i Liberal e Dem americani non hanno vissuto i nostri tragici “anni di piombo” e giocano col fuoco”.
Emblematica la scelta della vicepresidente Kamala Harris che ieri, 19 maggio, ha pensato bene di testimoniare la propria vicinanza agli operatori delle multinazionali abortiste americane, in testa la Planned Parenthood, ringraziandoli per il loro impegno e assicurando il pieno sostegno dell’Amministrazione federale. Biden? Il suo indice di gradimento è sceso al 26% tra l’elettorato ispanico che lo scorso anno lo sosteneva con il 55% dei consensi.