Ricordo, avevo circa quattordici anni e non ubbidii, la prima e ultima volta, a un sacro principio di mia madre: “Non accettare passaggi in macchina da nessuno. Neanche da amici fidatissimi e parenti”.
Drastico. Senza ulteriori spiegazioni. Non era il tempo (sto parlando di cinquanta anni fa), in cui le mamme e le zie dessero spiegazioni esaurienti su chi poteva assumere, per un bambino, una bambina, una ragazza, le fattezze dell’orco.
Uscivo da scuola con un’amica di banco, in anticipo sull’orario e due colleghi di scuola -giovanissimi entrambi ma più grandi e patentati – ci proposero di accompagnarci a casa.
Fossi stata da sola, forse non avrei accettato, però ero in compagnia e salimmo in auto.
Mi accorsi subito che non ci stavamo dirigendo verso la strada giusta e neanche dieci minuti dopo eravamo: Parco della rimembranza – viale Virgilio. Anche le “innocentine” come noi l’avevamo sentito nominare e più tardi (molto più tardi), diventerà il protagonista di una canzone di Tony Tammaro. Ricordato anche nel film di Luciano De Crescenzo, “Così parlò Bellavista”, laddove la scena della coppia che si apparta nel parco non la dimentica più nessuno.
Non si parlava, al tempo, e forse neanche accadeva che raramente, di stupri effettuati dai compagni di classe, da “amici fraterni” e dal “branco”. Bei tempi. Malgrado ciò mi si rizzarono i famosi capelli in testa e un allarme risuonò vivace, mentre la mia amica restava piuttosto tranquilla.
Tuttavia erano “bravi ragazzi”, Quando io chiesi di scendere, trovando la scusa che in quella zona abitava -improbabile- mia nonna e “mi lasciassero lì che sarei andata a pranzo da lei”, semplicemente capirono che “non ci stavamo” e ci riportarono a casa.
Raccontai alla mamma e non volò il meritato ceffone.
Oggi, cosa è cambiato nella testa di troppi ragazzi? Come mai, proprio in tempi di grande liberazione sessuale, laddove i rapporti intimi tra giovani sono all’ordine del giorno fin da giovanissimi, il maschio, invece di relazionarsi positivamente con una ragazza, facendo coppia decide di stuprare “col branco”? Che cosa fa nascere, cosa è “il branco?”
La prima immagine che viene alla mente è quella riferita ai lupi, guardando al loro “funzionamento” dobbiamo chiederci: “Ci si può illudere che, invece,l’essere umano sia in grado di vivere rispettando un perfetto meccanismo sociale?” La risposta è “NO”.
Ad osservare bene lo svolgersi della maggioranza di situazioni in cui “una ragazza minorenne”, in stato d’incoscienza parziale o totale, è stuprata da un gruppo, annotiamo in molti casi due caratteristiche terribili: 1) la ragazza in questione viene “isolata”, come fanno le belve feroci con un gruppo di animali da aggredire 2) si forma intorno a lei il “Branco”, che diviene come un’entità a se stante, un “essere unico”, che si rende capace di crudeltà e disumanità inimmaginabili ed irrealizzabili dal singolo individuo.
Una delle cose che colpisce fortemente è che, in molti casi, “la vittima designata” è abbandonata dalle altre ragazze del gruppo. Questo gruppo che, al contrario di quanto avviene per “il branco”, non è unito, non è compatto, non difende gli altri individui femminili. Anzi, sembrerebbe spesso “distratto” o, magari, “spaventato singolarmente” dall’idea che difendere l’altra ragazza implichi il rischio di divenire oggetto di vittimizzazione.
In effetti molto probabilmente nessuno degli appartenenti ad un “branco” riuscirebbe a compiere atti così violenti o illeciti, se dovesse attuarli da solo o se la violenza si dovesse perpetrare su più di un individuo femminile. Lo studio effettuato dalla psicologia sociale relaziona il comportamento del branco alla dinamica della “de individualizzazione“. Un effetto che ritroviamo anche quando un gruppo di persone, sia pure in vista di una situazione di pericolo che riguardi un altro individuo, non si sente “in dovere” di intervenire in quanto si percepiscono anonimi e confusi e ci si attende sempre che ad intervenire sia “l’altro”.
Nel caso, invece, dell’appartenenza (momentanea o di lungo termine) al branco, è pensabile che il loro comportamento sia indirizzato soprattutto dalle regole che si sono instaurate e sono condivise in quel determinato gruppo di persone. Non è più il singolo individuo che ubbidisce alle proprie credenze e valori personali. Gli studi sociologici e psicologici effettuati sul “Branco”, lo vedono caratterizzato come un’entità poco razionale, molto volubile e spesso anche molto violenta, che adatta il comportamento alla situazione del momento e, forse, ad altre situazioni simili.
Se aggiungiamo che la figura femminile, “in sé e per sé”, si direbbe attiri la violenza, le cose, evidentemente, si complicano. É comunque accertato che ci sia una violenza sessuale denunciata ogni 131-132 minuti. Rileviamo una media quotidiana di 11 tra stupri e abusi( tra quelli che le vittime non tacciono), più di 300 fascicoli nuovi al mese. La Direzione centrale di polizia criminale diffonde statistiche operative elaborate che ci colpiscono profondamente e sintetizzano le storie e i drammi di centinaia e centinaia di persone violate, in prevalenza donne e ragazze. Unico dato positivo: la diminuzione di decessi per droga e tossicodipendenza dal 2004 al 2018.
D’altra parte è un fatto che, dati Istat: “Il 31,5% delle 16-70enni (6 milioni 788 mila) ha subìto nel corso della propria vita una qualche forma di violenza fisica o sessuale: il 20,2% (4 milioni 353 mila) ha subìto violenza fisica, il 21% (4 milioni 520 mila) violenza sessuale, il 5,4% (1 milione 157 mila) le forme più gravi della violenza sessuale come lo stupro (652 mila) e il tentato stupro (746 mila).”
Il dato che veramente preoccupa è che, mentre sembrano cogliersi importanti segnali di miglioramento rispetto all’uso della violenza fisica e sessuale da parte dei partner attuali e da parte degli ex partner, e cala pure la violenza sessuale (in particolare le molestie sessuali, dal 6,5% al 4,3%), perpetrata da uomini diversi dai partner, resti invece alta la percentuale della violenza nelle sue forme più gravi (stupri e tentati stupri) come pure le violenze fisiche da parte dei non partner e sia aumentata la gravità delle violenze subite.
C’è però un altro dato da tenere presente, ossia che[1], pur non annotando uno stravolgimento dei trend rispetto al pre-pandemia (come forse ci si sarebbe atteso), l’uso di alcol è aumentato tra le ragazze adolescenti (e diminuito tra i ragazzi), restando comunque molto elevato il livello complessivo di consumo in questa fascia di età. Con i rischi collegati quando, oltre alle bevande alcoliche, le minorenni che si recano a “festini” più o meno organizzati, in compagnia di più ragazzi, fanno uso di sostanze stupefacenti e si riducono in condizione di non essere più in grado di badare a se stesse né tantomeno, alle amiche con cui si trovano a vivere quell’esperienza. Si direbbe che “il branco”funzioni fra gli uomini e venga decisamente meno, fra le donne, laddove, invece, ci si dovrebbe aiutare l’un l’altra.
Nei maschi il comportamenti del branco funziona fin troppo e tende ad essere difficilmente governabile in presenza di vittime facili e dopo che si attivino (o siano addirittura premeditati), meccanismi già utilizzati in precedenza o schemi di movimento a volte imprevedibili.
A monte di tutto ciò, sia per il comportamento delle giovani (alcool/droga e tendenza a porsi in condizioni di rischio), che allo scopo di prevenire queste dinamiche violente da parte dei maschi, bisognerebbe davvero cogliere anticipatamente e porre un freno al disagio di questi, spesso giovanissimi, ragazzi e ragazze per aiutarli ad incanalare i loro interessi e l’aggressività in forme socialmente ammesse. Come lo sport.
Bianca Fasano
[1] Dati’Istat nell‘Indagine conoscitiva sulle dipendenze patologiche diffuse tra i giovani aggiornata con i dati 2020.