Antonio Troise
La tregua di fine anno che ha portato al varo della manovra è già un ricordo. Gennaio sarà un mese al cardiopalma per l’esecutivo. Le bordate dell’eretico Gianluigi Paragone, che ha minacciato di ricorrere alla giustizia ordinaria contro la sua espulsione dal Movimento, hanno aperto l’ennesima crepa nei Pentastellati, soci di maggioranza relativa del governo giallo-rosso. Da una parte il leader, Luigi Di Maio, che non intende cedere neanche di un centimetro, dall’altra Alessandro Di Battista, eterno antagonista, il volto più evidente delle diverse “correnti” dei pentastellati. Una nuova scossa dopo le dimissioni del ministro dell’Istruzione, Lorenzo Fioramonti, pronto a creare un gruppo parlamentare autonomo.
Vanno un po’ meglio le cose nel quartier generale del Pd. Il segretario Zingaretti ha “digerito” la scissione renziana ma ora si gioca il tutto per tutto in Emilia, dove il 27 gennaio gli elettori saranno chiamati a eleggere il nuovo Governatore. Gli ultimi sondaggi sembrano allontanare lo spettro dei una sconfitta, che sarebbe letale per il destino del numero uno dei Dem. Ma anche in caso di vittoria di stretta misura, gli scenari in casa Pd non sarebbero del tutto positivi. E, in ogni caso, getterebbero più di un’ombra sul destino del governo.
Ma non basta. Perché nell’agenda dell’esecutivo ci sono altri appuntamenti non meno decisivi. A partire dalla riforma della prescrizione, dove le posizioni fra Pd e Cinquestelle continuano ad essere molto distanti. Ci sono poi le grandi crisi economiche, dall’Ilva alla Popolare di Bari. E, infine, c’è da mettere in conto il voto sulla richiesta di rinvio a giudizio del leader della Lega, Matteo Salvini, sul caso Gregoretti. I renziani minacciano di aprire un nuovo fronte di polemiche all’interno della maggioranza.
Le tensioni hanno già spinto il premier, Giuseppe Conte, a rompere gli indugi e a chiedere un vertice di maggioranza proprio nei primi giorni dell’anno. In altre epoche storiche si sarebbe chiamata “verifica di governo”, con gli inevitabili riti bizantini della Prima Repubblica. Ma, al di là delle etichette, la sostanza non cambia. L’esecutivo giallo-rosso si gioca il suo futuro nelle prossime tre settimane. Ed è obiettivamente difficile fare oggi previsioni attendibili su quello che succederà. Molto dipenderà dalla indubbia capacità del premier di mediare fra posizioni contrapposte. E’ vero che il collante più forte dell’esecutivo è la mancanza di reali alternative al voto. Tranne che, ovviamente, non si presenti all’orizzonte un nuovo governo del Presidente, ipotesi che il Colle non ha preso, per ora, neanche in considerazione. Non sappiamo se Conte sia scaramantico, ma il 2020 è un anno bisestile. Per evitare brutte sorprese non bastano gli scongiuri ma serve una maggioranza davvero coesa. Non proprio quella andata in scena negli ultimi mesi.