Martedì 26 marzo alle 18 (ingresso libero) il Convitto Palmieri di Lecce ospiterà un incontro di presentazione del progetto con la partecipazione di Anila Bitri Lani (ambasciatrice d’Albania in Italia), Loredana Capone (presidente del Consiglio Regionale della Puglia), Ludovico Abbaticchio (Garante dei Diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza della Regione Puglia), Luigi De Luca (coordinatore dei Poli Biblio-Museali della Puglia), Marco Giannotta (vice presidente del Teatro Pubblico Pugliese), Maria Vittoria Baffa (avvocata delle vittime della Katër i Radës), Giorgia Salicandro (autrice), Tonio De Nitto (regista). Lo spettacolo sarà in scena mercoledì 27 marzo (ore 21:00 – ingresso 8 euro) al Teatro Comunale di Massafra e giovedì 28 marzo (ore 20:45 – ingresso 10/8 euro) al Teatro Comunale di Novoli per le stagioni dei due Comuni organizzate dal Teatro Pubblico Pugliese.
Le storie di due “bambini del 1997” si rincorrono e si intrecciano nelle voci di Elvis e Lindita, partiti dal Sud dell’Albania per mettersi in salvo dall’impazzimento di un Paese in preda alla guerra civile e dal rapido precipitare degli eventi. Palazzi pubblici divelti mattone dopo mattone, il crac finanziario, i kalashnicov con cui si spara, la fuga, il viaggio che ricorda quello di Pinocchio nella pancia di una balena. Elvis e Lindita, bambini del ’97 sono tra i protagonisti delle cronache giornalistiche della tragedia della Kater I Rades – le cui tracce reali si intersecano all’opera di invenzione. Divengono qui l’occhio attraverso cui guardare questa storia, simbolo catartico del primo grande naufragio del Mediterraneo con cui non abbiamo ma finito di fare i conti. Lambisce il racconto il mito di Kuçedra, evocato da un coro di uomini e donne albanesi, il mostro acquatico simbolo del caos primordiale, nemico dell’umanità, protagonista di molte leggende albanesi – il quale torna nelle narrazioni di ogni tempo nelle vesti di Drago, Leviatano, essere demoniaco – e del Dragùa, il bambino eletto, nato per combattere e sconfiggere Kuçedra. Attraverso l’incastro tra cronache e leggende, biografie e storie collettive le vicende dei passeggeri della Katër i Radës vengono riportate alla luce e al contempo trascese: gocce nel mare dell’eterno cammino dell’umanità, nella necessità di un approdo sulla terraferma, in salvo dal “mostro”.
Il naufragio della nave albanese Katër i Radës (28 marzo 1997) inaugura tristemente l’epoca degli esodi, e delle morti, nel Mediterraneo nella nostra storia recente. Ne segna lo spartiacque e ne diviene un simbolo. Negli anni, è stato oggetto di diversi lavori di inchiesta e narrazione, i quali ne hanno ampiamente ricostruito e chiarito le dinamiche. Tuttavia, vi è ancora la necessità di approfondire il racconto delle singole vicende che compongono il fatto collettivo, di recuperare il contesto specifico che ha mosso quelle partenze – la sanguinosa guerra civile albanese del 1997 – di dare il giusto riconoscimento e valore all’individualità di ogni storia, che ha «il diritto di essere raccontata». Il 2021, nel trentennale dall’esodo degli albanesi e dal loro primo approdo sulle coste pugliesi, è stato un anno determinante per una rinnovata riflessione sul tema del migrare. Gli albanesi sono stati il primo popolo migrante del contemporaneo ad aver trasformato l’Italia da terra d’emigrazione in meta del “sogno europeo”. La loro integrazione (e “interazione”) riuscita, insieme all’accoglienza genuina dimostrata dai pugliesi, rappresentano un esempio positivo per il presente e il futuro, perché simbolo di un paradigma possibile. E tuttavia, quella degli albanesi incarna tristemente anche la storia comune del Mediterraneo, dei confini serrati dell’Europa e delle morti in mare, con il naufragio della Katër i Radës, la cosiddetta “tragedia del Venerdì Santo” avvenuta nel Canale d’Otranto il 28 marzo 1997 – quando la nave albanese entrò in collisione con la corvetta Sibilla della Marina Militare Italiana – nella quale morirono oltre cento persone, soprattutto donne e bambini stipati in coperta, di cui furono recuperati 81 corpi, mentre altri non sono mai stati trovati. Il 2023 è l’anno dei naufragi di Cutro in Italia e di Pylos in Grecia, quest’ultimo considerato la tragedia più grande del Mediterraneo, di cui si contano circa 600 morti. Secondo i sopravvissuti c’erano almeno 100 bambini nella stiva assieme alle donne. Altresì, lo spettro della guerra, che ha colpito al cuore il popolo albanese, torna ad agitare e a sconvolgere l’Europa, con la guerra russo-ucraina ad Est, così come con la nuova, preoccupante escalation di tensione tra serbi e kosovari nei Balcani. La storia dunque sembra ripetersi. Raccontare è un dovere morale e, auspicabilmente, un dispositivo di salvezza.
«Come scriveva Alessandro Leogrande, la tragedia della Katër i Radës è stata uno spartiacque nella storia recente del Mediterraneo. Dopo di allora, quella storia ha continuato a ripetersi divenendo la triste storia comune del Mediterraneo, dei confini serrati dell’Europa e delle morti in mare», sottolinea Giorgia Salicandro. «Cutro (a una manciata di metri dalle coste calabresi), Pylos in Grecia sono solo alcuni tra gli ultimi, terribili naufragi divenuti simbolo della morte dei bambini. Raccontare, dare voce a queste storie, ognuna con la propria dignità e le proprie ragioni uniche e irripetibili, è un dovere morale di tutti noi, nati per caso sulla sponda sicura del Mediterraneo. E se non è possibile rendere giustizia a ognuna di esse, come dovrebbe essere, possiamo almeno “adottarne” una, prestarle la nostra voce, diventare i suoi custodi. È quello che ho cercato di fare con Elvis e Lindita, bambini sospesi tra ciò che è stato e ciò che avrebbe potuto essere».