DI DARIA PICCOTTI
Nella fase preliminare del progetto Ad Maiora (vedi prima parte dell’articolo) Salvatore Renna è entrato in contatto con due artisti a lui particolarmente cari: Pino Navedoro, conterraneo di Salvatore e che egli considera l’emblema della possibilità di affermazione “in vita” di un artista, e Gastòn Viñas, con il quale intratteneva da anni un ricco scambio di tavole e corrispondenza e che rappresenta il suo “totem”, in quanto “la sua arte è l’unica in grado di
rispondere alle [sue] esigenze estetiche”.
A entrambi ha chiesto di realizzare un’opera sul tema “Italia, Italiani e italianità”, che fungesse da accompagnamento alla propria: le due tavole risultanti, come Salvatore auspicava, sono fortemente contrastanti nello stile, così da offrire sguardi differenti sull’argomento proposto.
Il bozzetto preparatorio Miseri II di Pino Navedoro rappresenta una donna abbigliata di veli rosso scuro che abbraccia con il panneggio due manichini. L’opera, realizzata su tela applicata su tavola, è giocata sull’allusione all’iconografia della Madonna della Misericordia (evocata per assonanza dal titolo), raffigurazione medievale della Vergine che protegge i fedeli con il mantello. La struttura compositiva dell’opera di Navedoro, infatti, non può che richiamarci alla memoria quella realizzata da Piero della Francesca tra il 1444 e il 1464: figura femminile stante, veste che avvolge i protetti. Ma in questo caso la donna ha un’evidente connotazione sensuale e invece di esseri umani protegge dei manichini “vivi”, che, come spiega l’autore, “sono le maschere di cui ognuno di noi si veste prima di uscire di casa per trasformarsi, da uomo, in persona, alla latina appunto”.
Le ipocrisie sono dunque la chiave interpretativa di Miseri II, in particolare quelle “delle nostre sovrastrutture ideologiche” (cit. P. Navedoro).
La produzione di Navedoro è ricca di rimandi alla storia dell’arte, frutto della formazione universitaria dell’autore e di una particolare inclinazione alla rielaborazione di iconografie e temi.
Nelle sue opere Pino analizza la figura umana, la fa emergere da sfondi scuri e pastosi che creano contrasti chiaroscurali tra le pieghe delle epidermidi illuminate. È un’arte meditativa e colta. Con Gastòn Viñas Salvatore intrattiene da anni un reciproco scambio di tavole e idee, sfociato in una prima ipotesi di collaborazione, poi sfumata, per la realizzazione di Storie di cartapesta (prima versione di Ad Maiora), ma ripresa a novembre scorso con l’elaborazione di una tavola che raccontasse il progetto di Salvatore.
L’opera risultante, stampata su un pannello in forex, riassume il viaggio del giovane gravinese in una composizione dai toni surrealisti: la figura centrale, con il suo bagaglio di sogni, ricordi e speranze, richiama i famosi uomini con bombetta di Magritte, artista prediletto da Viñas, ma invece del cappello ecco il palloncino, legato al corpo dal filo sottile in cui le speranze sfiorano la realtà. In esso l’autore ha “provato a racchiudere il viaggio, in un sentiero che mira verso cose più grandi, ad maiora”. All’orizzonte un grande sole, “il magico splendere dell’ignoto, quel qualcosa che illumina e guida verso una certa direzione o meta”, spiega l’autore. Nella fascia alta del cielo notturno brillano le stelle, simbolicamente “le varie regioni che Salvatore
scoprirà”.
Gaston è un artista eclettico, illustratore e creatore di video e immagini che rivisitano le iconografie delle fiabe in toni surreali e talvolta inquietanti, ricche di quel fascino oscuro che permea le opere del norvegese Munch, di cui Viñas rielabora il celeberrimo Urlo. Dal punto di vista esecutivo lavora
sia in digitale che manualmente, spesso uno schizzo su carta evolve in opera finita in digitale.
Nel caso di Ad Maiora il bozzetto è in digitale e, grazie alla collaborazione di Salvatore, mi è possibile pubblicarlo. Si può notare come le linee grafiche nette e le campiture cromatiche uniformi si evolvano in contorni morbidi, in colori che si compenetrano l’uno l’altro e si arricchiscono di luci e ombre.
La tavola di Salvatore, in tecnica mista a inchiostro e acrilico su carta, completa la trilogia che l’artista sta portando in giro per l’Italia.
Cimentandosi anch’egli sullo stesso tema, ha creato un’opera intimistica e ricca di elementi simbolici che all’osservatore attento, quello che si applica con studium alle cose, apriranno spiragli sull’animo dell’autore. Ciò che dichiara l’intimità della tavola è il fossato al centro della composizione dove è sospeso il palloncino, vera e propria cifra stilistica nonché futuro protagonista delle opere che seguiranno la fase di ricerca. Simbolo di delicatezza per antonomasia, fa della fragilità la sua forza. È infatti libero di volare, di inseguire nuovi orizzonti, ma è al contempo legato ad un filo che fa parte intrinsecamente della sua struttura: la perfetta metafora visiva che riassume il nucleo del progetto, la ricerca di quali vincoli e opportunità caratterizzino ogni regione. La tavola è scandita in riquadri che fungono da delimitazioni della scena, come fossero fotografie di quanto
realizzato fino ad ora. Tale espediente consente anche di rappresentare due diversi piani temporali compresenti: il giorno e la notte. Nella parte diurna vediamo un treno in corsa, circondato da un fumo di evanescenti palloncini, rimando a quello centrale ma anche allusione alle esperienze
accumulate.
Nella parte notturna è rappresentata una scacchiera su cui va in scena l’inganno di Pinocchio ai danni del Gatto e la Volpe, secondo elemento ricorrente nelle opere di Salvatore come dichiarazione di intenti: l’inganno non è qui inteso nella sua connotazione negativa di menzogna ma
come presa di distanza, “giustificazione”. L’autore, infatti, non pretende di essere portatore di verità assolute e insindacabili, è consapevole della soggettività di ogni visione e quello che offre è il racconto di quotidianità vissute, che, proprio in quanto tali, contribuiscono a costruire una storia
diversa. Il piano di gioco va deformandosi, perché la realtà “può essere manipolata, imprevedibile, sospesa, insensata” – spiega Salvatore -, fino a perdersi nel bianco, “colore infame, che lascia sperare nella manifestazione di una traccia di colore”.
Armato delle tre tavole, ma soprattutto di tanta curiosità e volontà di esplorare, a febbraio Salvatore ha iniziato il suo viaggio in Italia, che costituisce la prima fase di ricerca del progetto. Si è messo in contatto con scuole superiori, università e associazioni culturali riuscendo ad ottenere la
disponibilità di spazi e tempi per presentare Ad Maiora. Ha previsto una peregrinazione organizzata di almeno due mesi durante i quali sta proponendo il progetto in una città per regione (con la sola eccezione della Valle D’Aosta che non ha dato accoglienza al progetto), selezione necessaria per delimitare il campo d’azione in una prima fase pilota del progetto, che verrà ampliata in base all’accoglienza ricevuta.
In ogni presentazione, accompagnato dalle 3 tavole sul tema “Italia, Italiani e italianità”, Salvatore spiega le finalità del progetto e, a partire dalla discussione delle immagini, si fa raccontare dai partecipanti come vivano la propria regione in termini di vincoli e opportunità. La presenza del
figurativo è finalizzata a sperimentare un dibattito che si discosti dalla conferenza formale e che favorisca una partecipazione attiva dei presenti, il cui racconto può essere in forma di disegno o di narrazione orale.
La prima tappa è stata Verona, in cui la presentazione si è svolta all’università con la collaborazione del giornale degli studenti, Pass. Accolto con grande entusiasmo, Salvatore ha proseguito il suo viaggio a Udine, in quel Friuli Venezia Giulia ancora oggi fortemente diviso al suo interno, per poi
raggiungere Trento “terra di confine, dove vivono a stretto contatto gente di diversa cultura, lingua e tradizioni”. L’artista si è poi spostato in Lombardia, rivolgendosi agli studenti di un liceo pavese che hanno collaborato attivamente al progetto con alcuni disegni (che verranno inseriti nella mostra).
La città di Torino si è poi rivelata una piacevole sorpresa: nonostante il mancato accordo con scuole e associazioni, alcuni studenti torinesi, incuriositi e interessati, hanno organizzato in poche ore una presentazione nella residenza universitaria della città. Un bell’esempio di come l’immobilismo della
burocrazia possa essere superato “grazie alla voglia di partecipare, di conoscere, la voglia di una sana informazione, libera”. Piuttosto deluso dalla chiusura di Genova, Salvatore è poi giunto a Firenze, patria dell’arte nonché “vetrina” per i milioni di turisti che ne animano l’economia.
Dopo uno spiacevole episodio di aggressione alla stazione di Perugia, l’artista è volato a Sassari: “l’accoglienza qui non è una formalità, é un culto”. Rimandata la presentazione a Roma a causa delle condizioni meteorologiche, Salvatore è andato ad Ercolano e da questa terra intrisa di storia ci
porta una testimonianza forte, che deve farci riflettere: in una città dove la camorra vive accanto agli scavi archeologici e in mezzo alla gente, la capacità e il coraggio di far fronte comune dimostra come la collettività sia in grado di respingere la criminalità, di come i cittadini riescano a sentirsi
“parte attiva del territorio”. Profondamente colpito da questa realtà, l’artista si è recato a Reggio Calabria dove ha incontrato la pluralità identitaria di questa regione, che gli è stata descritta come una “donna bella, vestita bene ma logorata al suo interno”.
Rientrato nella sua Gravina ha incontrato la madre di Luca Orioli, scomparso il 23 marzo 1988 e ancora oggi al centro di un caso giudiziario insoluto: dal commuovente incontro con la signora Olimpia, Salvatore ha compreso come Luca “oggi viva nella voglia di giustizia di sua madre”, e ne ha tratto una vignetta dai toni forti che raffigura la lapide del ragazzo, “vittima di 27 lunghi anni di silenzio”.
Nel fervido clima culturale della sua città è stato poi ospite dell’associazione LabExperience, un laboratorio politico inteso come luogo di “incontro per proposte e idee etiche e politiche, derivanti da diverse posizioni accomunate dall’idea di riportare la politica al servizio di tutti”: durante il progetto “Libertà è”, che ha visto impegnati gli alunni del liceo scientifico G.Tarantino, Salvatore ha realizzato tre vignette a tema: libertà
è…religione, democrazia legalità, visibili sulla pagina del progetto.
L’artista ha poi raggiunto l’Abruzzo, ultima tappa fino ad oggi, dove ha presentato Ad Maiora a Lanciano, al contempo amata e odiata dai suoi abitanti che lasciandola la rimpiangono. Aspettando le prossime tappe e la nascita del sito ufficiale vi invito a seguire l’evolversi di Ad Maiora, un progetto di rilevanza sia artistica sia sociale: da un lato performance artistica che unisce azione, disegno, elemento relazionale tra l’artista e il pubblico, narrazione, fotografia; dall’altro ricerca antropologica sul campo con interviste agli abitanti, raccolta e rielaborazione dei dati,
pubblicazione dei risultati. Il tutto diventa azione, volontà di responsabilizzazione dei cittadini, invito alla partecipazione.
Rispondiamo all’appello.