«Figli miei, non è possibile che, quando andiamo in pizzeria, anziché i vostri volti mi veda sempre davanti i vostri cellulari. Non è possibile che ovunque noi siamo, per prima cosa voi chiediate la password del wi-fi». E’ una delle prime osservazione di Aldo Cazzullo, noto giornalista del Corriere della Sera, che pone ai suoi due figli, Rossana e Francesco nel libro «Metti via quel cellulare», Mondadori (2017), che rispondono: «la rete è una fantastica ricchezza. Voi adulti mantenete sempre il vostro ruolo di trasmettere valori, passioni e interessi. La responsabilità di quel che siamo è vostra; non del telefonino, che semmai è il vostro alibi».
Aldo Cazzullo scrive insieme a Rossana e Francesco, questo libro per sensibilizzare le giovani generazioni a mettere via o almeno a utilizzare con intelligenza lo smartphone. Certamente si può dire che è un libro sfida sia per i propri figli, ma anche per tutti i ragazzi che ormai sono presi dalla rivoluzione digitale.
I dodici capitoli del testo sono un serrato dialogo sull’uso dello cellulare e sulle sue implicazioni negative o positive sui ragazzi.
Cazzullo invita tutti i ragazzi a non rinchiudersi in una vita virtuale, confondendola con quella reale, «a non bruciarsi davanti a un videogame, a non andare sempre in giro con le cuffiette, a non rinunciare ai libri, al cinema, ai concerti, al teatro; e soprattutto a salvare i rapporti umani con i parenti e i professori, la gioia della conversazione vera e non attraverso le chat e le faccine».
A questo pensiero del padre, Rossana e Francesco, rispondono e spiegano, non solo al loro padre ma a tutti gli adulti, che il telefonino e la rete non è una cosa negativa, anzi consente di vivere una vita più ricca, di conoscere persone nuove, di mettere lo studente al centro della scuola, di leggere addirittura i classici.
Sin dal primo capitolo c’è un dibattito abbastanza acceso. Cazzullo vede il cellulare come uno specchio, dove ognuno si va a guardare, a contemplarsi. Infatti se avete notato le donne non girano più con lo specchietto nella borsa, per controllare il sorriso e il trucco, hanno il cellulare, con la fotocamera incorporata. In pratica siamo al narcisismo di massa. Narciso andava al fiume per rinnamorarsi ogni volta di se stesso, noi tutti, abbiamo il cellulare a portata di mano.
Cazzullo pone l’accento sulle azioni che ti permette di fare il cellulare, guarda caso tutte azioni in solitudine, ci si affida «a YouTube e ai social – scrive Cazzullo – le nostre cose più intime, talora vergognose, come naufraghi che infilano il messaggio nella bottiglia e la affidano alle onde dell’oceano, fiduciosi che la portino nelle mani di un soccorritore; che però non c’è». Questo tempo lo si dedica solitamente alla pornografia e ai videgame, tutte cose che si fanno da soli. Pertanto Cazzullo è lapidario: la rivoluzione digitale oltre al più «grande rincoglionimento di massa della storia», porta alla solitudine, altro che social.
Infatti, «non soltanto distrugge lavoro e crea falsi idoli, arricchendo miliardari californiani restii a pagare le tasse; distrugge un patrimonio di cultura e di civiltà».
In pratica sono temi che troviamo nel testo di Francesco Borgonovo, «Fermate le macchine» che ho recensito recentemente.
Cazzullo con molta determinazione pone delle riflessioni significative sulla rivoluzione in atto: «secoli di letteratura, arte, musica entrano nel cellulare, vengono fatti a pezzi e gettati in aria come coriandoli. Il meglio di quel che l’uomo ha scritto, dipinto, composto, pensato viene triturato e ridotto a frammenti, destinato a perdersi nell’oceano delle sciocchezze e delle falsità».
A tutto questo, i suoi ragazzi rispondono, che la rete invece è lo spazio della libertà, e offre tantissime occasioni: leggere scrittori che preferisci, ascoltare la musica che vuoi, parlare con una persona e conoscerne di nuove. E poi non è proprio vero che il telefonino isola dal mondo. Siamo noi a decidere con chi vogliamo stare. Possiamo spegnerlo e fare altro, come discutere con gli amici. Sempre secondo Rossana e Francesco, «non è vero neppure che la rete distrugge il lavoro, lo cambia. Il futuro ci sarà qualche posto noioso e ripetitivo in meno, perchè quel lavoro lo farà la tecnologia per noi; ma ci saranno molti posti creativi, perché la rete si rinnova di continuo, reinventa tutto, collega mondi e ne costruisce di nuovi».
Bene il padre accetta la sfida dei figli, e comincia a descrivere come si viveva nel passato. Cosa facevano i suoi nonni, i genitori, qual’era la loro principale preoccupazione, come si «faceva una posizione». Oggi invece la nostra più grande preoccupazione è che i figli siano felici, o che comunque non devono soffrire. Siamo diventati fratelli maggiori, a volte ansiosi e teneri.
Le descrizioni del passato vengono bollate dai figli soltanto come una ostinazione nostalgica di un passato negativo, dove le donne erano relegate a cucinare e basta. Indietro non si può tornare, occorre abituarsi a questa rivoluzione anche se si possa portare degli effetti negativi. Ma i lati positivi sono tanti.
Tuttavia il padre ribadisce che adesso è cambiato tutto, come ha scritto Massimo Fini. «La rete ha dato il colpo di grazia a un modo di vivere e di comunicare che aveva resistito per secoli». Ormai lo scrivono in tanti, chi educa non è più il padre, né tantomeno l’insegnante, o il sacerdote. Chi educa è la rete.
Una volta ci si educava con il libro. Oggi il suo ruolo è profondamente cambiato. Non è più dai libri che passa la circolazione del sapere e l’organizzazione dei valori. Per esempio scrive Cazzullo, i figli non leggono più i libri che avevano letto i genitori. Se si tratta di certi libri, forse è meglio così.
Nel 3° capitolo Cazzullo fa rilevare che il web spesso è un gigantesco sciocchezzaio, un “inutilaio”, come la scrittrice Elena Stancanelli chiama quei negozi cinesi in cui si vendono un mare di cose, tutte inutili, al punto che uno pensa che ci siano investimenti per riciclare denaro. Il web ormai è diventato «un’agorà in cui ognuno può dire quel che gli pare, anche di argomenti di cui non sa nulla». Del resto avviene così in tutti i palcoscenici televisivi, tutti danno risposte, mai che nessuno dica, mi dà il tempo una settimana che studio l’argomento e poi rispondo.
Purtroppo la competenza e l’esperienza sono considerate inutili o fastidiose. Talvolta avere un curriculum o una storia non è una dote, è un’aggravante.
Nel 4° capitolo si affronta il tema dei videogiochi. I giochi elettronici sono la vera piaga dell’infanzia e dell’adolescenza di oggi. Ce ne sono di tutti i colori, violenti, razzisti, orribili. Secondo Cazzullo, «tutti proiettano i nostri figli al di fuori di se stessi, e rischiano di farne degli alienati. Come una droga, li allontanano dallo studio, dalla lettura, persino dalla tv». Sembra passata un’era geologica dai primi videogame, dove c’erano piccoli marzianetti che apparivano così facili da abbattere, ora invece i nuovi marziani più evoluti vogliono rapirci i nostri figli.
La risposta dei figli su questo tema è un po’ bilanciata, da un lato ammettono che esistono videogame sciocchi, ma ne esistono altri che affinano l’intelligenza, si basano sulla strategia. Fanno lavorare il cervello e allenano i riflessi. Anche Mark Zuckerberg di facebook è a favore dei videogiochi per i bambini. Lui ha cominciato con questi giochi a diventare ingegnere.
Tuttavia Cazzullo insiste sui pericoli della rete e porta qualche esempio clamoroso come la ragazza di Napoli che si è suicidata per il video porno messo in rete, finendo prigioniera e preda del web. La rete non solo seduce, istiga, e rovina. Ha un potere immenso che ha accumulato e «la rende padrona di molte anime, signora di molte esistenze».
C’è un altro esempio grave di come il web possa sedurre al punto da offrirti la morte. E’ la storia della Blue Whale, la Balena Blu, dove la morte diventa al massimo livello del gioco. Qui alla fine un tutor vi dà la data della vostra morte che consiste nel buttarvi dal tetto di un palazzo: ci sarà sicuramente qualcuno che riprenderà il vostro gesto coraggioso e lo consegnerà all’immortalità della rete.
Attenzione scrive Cazzullo: «la rete genera miti, e il mito più grande è la rete stessa, e la sua onnipotenza. Un pericolo reale viene enfatizzato per la ricerca compiaciuta dello scandalo».
Il giornalista mette in guardia i ragazzi dei rischi molto reali che negli intricati canali della rete spesso si infilano imbroglioni, predatori, falsi profili. Poi ci ci sono le truffe digitali, i furti di identità. Gli spacciatori di droga, e tanti altri tipi di spacciatori.
Non solo ma la rete crea dipendenza, anche senza commettere reati. E’ come la serie tv: ogni episodio ti induce a guardare quello successivo. Un ritmo ipnotico. Alla fine pochi dirigono molti, naturalmente senza oppressione, ma con la persuasione occulta.
A questo punto Cazzullo da storico saggista, fa un interessante rilievo di Storia contemporanea: «resta l’egemonia culturale, spirituale della rete. Il Grande Fratello non era Stalin. Non era il comunismo e neppure il nazismo. Non era la censura, non aveva il volto ripugnante del totalitarismo e della schiavitù. Era, è una cosa che si presenta come un gigantesco dono offerto all’umanità. Un regalo che rende liberi, che dà tutto e non chiede in cambio nulla. Almeno all’apparenza».
Rossana e Francesco cercano di rispondere alle considerazioni del padre, ma ribattono con poca convinzione, però qualcosa di interessante trapela, come quando si accenna alla Cina che impedisce di fare ricerche su «Tienanmen 1989», «4 giugno», il luogo e il giorno della strage degli studenti cinesi. La primavera di Pechino.
Continuando a esaminare attentamente qua e là troviamo battute e passaggi interessanti, tra il padre e i due figli. Un certo interesse per il fenomeno dei Youtuber. Si tratta di giovani personaggi seguiti da altri fans sulla rete, star del web molto simili, sempre pronti a ridere e a scherzare con rari momenti di riflessione. C’è in questo una identificazione che può portare alla dipendenza a un mondo più o meno utopico. Gli stessi Rossana e Francesco, ammettono che, «avere un pubblico così vasto di ragazzi pronti ad ascoltarli può essere una bella opportunità per insegnargli qualcosa di utile e costruttivo, che non sia soltanto giocare ai videogame o fare il make-up». A questo punto anche Rossana e Francesco raccontano una bella storia, quella scritta da un quindicenne Marco Leonardi, figlio di padre mafioso, è uscito un libro, «Il web mi ha tolto dalla strada».
Certo la rivoluzione digitale non è la prima della storia dell’umanità, ma è la prima dove «i padroni sono considerati eroi. In cui i più forti sono anche buoni». E qui Cazzullo fa un’altra parentesi storica, facendo riferimento ai padroni cattivi della rivoluzione industriale. Mentre «oggi gli artefici della rivoluzione digitale sono considerati benefattori dell’umanità». Infatti per Cazzullo, il grande equivoco è che Google, i social, la rete, sia un gigantesco regalo. Qualcosa di gratis. «Così, a forza di regali, i padroni della rete sono diventati i padroni delle anime».
Cazzullo ironizza sui personaggi come Bill Gates e Mark Zuckerberger, nuovi miliardari, che scrivono le loro encicliche, peraltro, pare contro Trump. Anche loro come tutti quelli della brigata autoreferenziale degli Oscar dell’altra sera.
Per Cazzullo c’è molta contraddizione nelle loro parole, da un lato sembra che sono per la società aperta e la libertà, dall’altra però costruiscono monopoli. Sono addirittura travestiti da chiese. Qui Cazzullo descrive questo mondo forse tra i principali responsabili delle disuguaglianze nel mondo. Se la rete crea nuovi posti di lavoro, certamente sono di più quelli distrutti. Il lavoro dei ceti medi è scomparso. Si profila l’uberizzazione della società. Prima i tassisti, poi tocca a tutti gli altri. L’editore di «Nikkei», il più grande quotidiano economico del mondo, ha annunciato che gli articoli più semplici saranno affidati all’intelligenza artificiale.
Tuttavia per Cazzullo, il più grande distruttore di lavoro di tutti i tempi è Jeff Bezos. «L’inventore di Amazon. Un’azienda fantastica, e dico sul serio. Ha iniziato con i libri, e ora vende di tutto».
Una concentrazione di potere economico come quello di oggi per Cazzullo non si era mai vista nella storia. Google controlla l’88% del mercato dei motori di ricerca. Facebook, che comprende WhatsApp, Instagram e Messanger, ha il 77% dei socialnetwork. Mentre Amazon vale metà del mercato delle vendite online e il 74% di quello degli e-book. Di fatto sono monopoli. Il potere concentrato in poche società e in unico paese: gli Stati Uniti. Cazzullo li chiama le Cinque Sorelle dell’economia digitale, che hanno scalzato i colossi dell’energia e del petrolio.
Il 9° capitolo dedicato alla scuola. Anche Cazzullo è molto critico dell’inserimento del cellulare a scuola. Sono uno strumento di distrazione, i ragazzi li usano per navigare. Attenzione stiamo creando una generazione di semianalfabeti, disabituati a scrivere, incapaci di leggere testi complessi.
Gli ultimi due capitoli sono anche loro ricchi di riflessioni. Cercherò di sintetizzarne qualcuna. La rete in sé non è né buona né cattiva; non per questo è neutra. E qui Cazzullo fa esempi di politica americana e italiana. Si va dall’elezione di Trump, alle vittorie dei Cinque Stelle di Grillo. Praticamente per Cazzullo la rete, come dimostrano i casi Trump e Grillo, è il perfetto veicolo del populismo. Evito di commentare. Voglio concludere con un interessante episodio che riguarda la campagna elettorale di Macron, il presidente francese, ha avuto il coraggio di raccontare un aneddoto sul suo maestro, il filosofo Paul Ricoeur, rettore di Nanterre, l’università dove scoppiò la rivolta del Maggio. Un rivoltoso ha rovesciato il cestino dell’immondizia sulla testa del filosofo, il quale subito chiede conto del gesto. Il rivoltoso risponde che ha fatto quel gesto perché non riconosce la sua autorità. E Ricoeur lapidario gli risponde: «la mia autorità su di te mi viene dal fatto che ho letto più libri». Una straordinaria e bellissima risposta, che condivido pienamente.
Domenico Bonvegna