Circa 3000 miliardi l’anno fino al 2032 con un risparmio di 6700 euro l’anno per ogni cittadino europeo. Ecco il costo della “non Europa”; ecco il risparmio pro capite che si realizzerebbe
se l’Unione fosse pienamente unita in settori nevralgici della società: dalla transizione ecologica ai trasporti, dalla difesa al lavoro. Una cifra gigantesca che vale il 18 per cento dell’intero Pil dell’Unione. È il risultato di uno studio del Servizio di ricerca del Parlamento europeo, sotto la responsabilità di Lauro Panella. Sabato Mario Draghi, illustrando i primi risultati del suo Rapporto sulla competitività, ha fatto riferimento alla necessità di spendere 500 miliardi l’anno solo per l’ambiente e la digitalizzazione. Risorse che sarebbero già disponibili se ci fosse “più
Unione”.
«La società europea – si legge nel report dell’Eurocamera – si trova ad affrontare sfide quali i cambiamenti climatici, i conflitti geopolitici, l’erosione dei principi democratici e le disuguaglianze sociali. E ci attendono altre possibili crisi: economica e sanitaria. Tali sfide possono essere affrontate al meglio con una risposta comune da parte degli Stati membri, piuttosto che con un’azione non coordinata, frammentata o isolata». Il Parlamento allora punta l’attenzione su dieci settori in grado di garantire risparmi considerevoli.