DI CONCETTA COLUCCI
Sofia, Marco, Filippo, Andrea, Giovanni: sono i Sidewalk Cat Quintet, il gruppo che parteciperà anche quest’anno al Fara Music Festival, dal 21 al 30 luglio, uno tra i più apprezzati Festival Jazz nazionali, patrocinato dall’Unesco e dall’Istituto di Cultura Italiana di New York. Un evento, ambientato in un borgo medioevale vicino Roma, che unisce concerti jazz, una Summer School e il Premio Jazz Live, concorso aperto a giovani talenti del Jazz europeo.
I Sidewalk Cat Quintet sono un gruppo jazz che nasce per le strade di Lecce e da lì costruisce il proprio percorso per una carriera dal respiro internazionale. Sofia, voce del gruppo e Marco, chitarrista e fondatore, hanno iniziato a suonare jazz per le strade di Lecce e per un paio di anni hanno vissuto di questo come unica fonte di guadagno. La Puglia è una terra molto amata dai turisti ed una grande vetrina “Abbiamo suonato swing per strada e questo è piaciuto tanto da aver lanciato una moda dalle nostre parti, abbiamo proposto lo stile Manouche, o gipsy jazz, siamo riusciti ad emancipare l’idea del musicista di strada: i progetti che proponiamo sono gli stessi che suoniamo in un jazz club.”
Ma la Puglia è anche troppo lontana dai centri più attivi e dinamici e questo è fonte di frustrazione per chi sente l’esigenza di crescere e confrontarsi. “Qui a Lecce siamo cresciuti dedicandoci a progetti inediti con poco ed in tranquillità, è stato un ottimo momento preliminare.” Lecce è una realtà abbastanza piccola e isolata da rispondere bene alle varie proposte musicali e al genere jazz, ci sono locali e associazioni che consentono ai gruppi di suonare. In seguito, alla parte compositiva e melodica si aggiungono i testi, vengono coinvolti nuovi musicisti e il duo diventa un quintetto: i Sidewalk Cat Quintet, arricchendo di numerose sfumature le proprie performance. Inoltre a Lecce manca il lavoro culturale sul pubblico, perché possa apprezzare il jazz, la sua filosofia, intesa come scambio e dialogo.
“Qui riceviamo soprattutto un aiuto psicologico, viviamo una vita distesa, ma concretamente abbiamo poco spazio e poco sostegno anche da parte delle istituzioni.” A Lecce è possibile studiare solo da autodidatta, perché in conservatorio non ci sono programmi o insegnanti pronti al genere. “Così ad esempio anche il pianista, Filippo, ora è a Bologna a studiare.” Avere la possibilità di suonare al Fara Music Festival significa salire su un trampolino ed accedere ad un palcoscenico internazionale, che consente di farsi conoscere più di quanto possa fare una tournee, che sembra possibile solo se si è già conosciuti: un circolo vizioso che difficilmente include nuovi nomi al suo interno. Il gruppo frequenta la Summer School legata al festival con lezioni tenute da docenti provenienti da tutte le parti del mondo: è una grande occasione per cogliere i nuovi spunti, che arrivano sempre generosi. La percezione di sentirsi in gruppo, suonare per imparare a suonare ha un enorme valore, la competizione con gli altri concorrenti diventa un elemento in sottofondo “sentivamo di avere una competizione più grande, quella con noi stessi, eravamo i più giovani ed eravamo completamente aperti. Seguendo la filosofia del jazz, apprezzavamo l’idea della condivisione, del coinvolgimento, la filosofia del fare qualcosa e del rispondere. ”
A Lecce il gruppo lavora continuamente, strutturando un concerto, definendo i pezzi, costruendo la propria identità musicale, ma la città difficilmente accoglie proposte innovative, sono difficili persino gli spostamenti con gli strumenti e per questo si rende necessario portare fuori il proprio lavoro. “A settembre uscirà il nostro disco, poi ci trasferiamo a Parigi.” Il percorso dei quintetto deve necessariamente andare oltre i confini della propria regione per farsi conoscere e per arricchirsi di nuovi spunti. Lecce, Fara Music, la vittoria dello European Jazz Award, poi la pubblicazione di un proprio progetto con un’etichetta importante come la EMME Record, con il contributo della Siae e i fondi del Bando SIAE SILLUMINA, “ci si sente sostenuti e supportati, ci si rende conto che c’è gente che riconosce il proprio lavoro e che questo funziona.” L’Europa si muove veloce ed è necessario andare dove le cose accadono per poterle studiare ed essere parte del movimento. “Abbiamo la curiosità di confrontarci, per crescere dobbiamo nutrirci di contatti umani e partire ci aiuterà. Tornare non è una scelta scartata ma un elemento di tranquillità che aiuta a partire più sereni.” Sidewalk Cat Quintet: Sofia Romano, voce; Marco Papadia, chitarra; Filippo Galbiati, pianoforte; Andrea Esperti, contrabbasso; Giovanni Martella, batteria