di Stefano Sofi
La bella copertina che richiama Il mito di Ulisse e Polifemo (opera di Giancarlo Tognoni) ci ricorda che gli dei dell’Olimpo mitologico in tanta parte d’Italia sono testimonianza viva di origini e cultura incancellabili. Nella memoria di ognuno la storia con la “s” maiuscola si intreccia a quella personale, ed eventi cardine della propria genealogia si accostano così ai fatti salienti del mondo. Seguendo lo stesso principio, l’autore di Giove Ionico (Pendragon) – questo l’accattivante titolo del nuovo libro di Nunzio Primavera – appronta il racconto delle vicende della ‘mitica’ famiglia d’Asaro e di una terra meravigliosa e difficile come la Sicilia.
L’Autore, in questo senso, racconta Storie tra sismi e amori della famiglia d’Asaro come fossero parte di un mito perenne. Dal capostipite Giovanni al figlio Peppino; proseguendo con il di lui figlio Vanni fino a Pino figlio di quest’ultimo e più recente vanto di questa stirpe, nella familiare perpetuazione dei nomi da nonno a nipote, i d’Asaro si muovono da protagonisti tra gli eventi che si dipanano dalla fine dell‘800 al terzo millennio tra Sicilia, Calabria, Roma e altre parti d’Italia.
Primavera, alla sua seconda prova nella narrativa dopo L’oliveto delle monache (Pendragon, 2021), ha rielaborato fatti con una base vera (o presunta) tramandati per quattro generazioni nella propria famiglia dando certezza al fatto che ogni scrittore in definitiva racconta ciò che ha dentro. Ecco quindi che un rapimento d’amore, una fuitina avvenuta agl’inizi del ‘900 nelle strade di Enna, ha come cornice un mondo di tradizioni e valori ormai quasi del tutto scomparso; una rocambolesca visita a un paesino sperduto sulle Madonie si rivela il pretesto per riflettere sulla Sicilia tra moti garibaldini, sbarchi Alleati e gerarchie mafiose; un viaggio in treno Catania-Palermo fa da eco all’importante riforma agraria di Antonio Segni, Amintore Fanfani e Paolo Bonomi, che negli ‘50 e ‘60 significò la fine di una secolare sottomissione per migliaia di contadini e l’unica ridistribuzione di ricchezza mai avvenuta dall’Unità d’Italia. Ma si parla anche di altri eventi sismici, da quelli di Messina e Reggio Calabria del 1783 e del 1908, a quelli del Belìce del 1968 e della Campania del 1980 che hanno inciso nella vita dei d’Asaro.
In questo nuovo libro di Nunzio Primavera traspare l’amore per la Sicilia (dove vive attualmente dopo una lunga permanenza romana), per la Calabria e per Roma. Ma il luogo delle radici di Primavera resta quello natale, Enna, dove non vive più dall’infanzia ma dove torna sempre volentieri illudendosi, quando cammina lungo le antiche immutabili vie del centro, di percepire ancora l’odore del pane di grano duro e dei buccellati di fichi e di mandorle.
A questo nuovo appuntamento con la narrativa, si diceva, Nunzio Primavera approda dopo l’ottimo riscontro di lettori e di critica de L’oliveto delle monache in cui è già ben evidente il suo legame con un sud, non solo fisico ma come modo d’essere, la conoscenza profonda dei faticosi mutamenti che lo percorrono, delle sue contraddizioni ma anche e forse soprattutto delle sue potenzialità. Ci fa sentire il profumo intenso degli ulivi, ci fa respirare l’aria di una terra antica tra i monti Peloritani e il mare dello Stretto di Messina. Ha i ritmi del giallo ma è anche una storia dai tratti verghiani: un antico uliveto di proprietà di un convento di monache di clausura da cui viene tratto un olio extravergine particolarmente pregiato, viene conteso anzi preteso da chi in nome di una presunta modernità vorrebbe sfruttarlo a fini puramente commerciali, pensando solo al guadagno e stravolgendone storia e ritualità. Un mondo nel quale però le straordinarie monache di questa storia, insieme ad altre giovani donne del paese, riusciranno a indirizzare gli eventi in modo laicamente miracoloso.