In città è importante parlare d’arte. Seguendo questo principio sabato 7 maggio nel
foyer del Teatro Diana di Napoli, è stato presentato, il nuovo romanzo di Fiorella Franchini
“Pulsa de nura. La maledizione di Berenice di Cilicia” – Guida Editori. Lasciandoci alle
spalle i marasmi del covid, si respira voglia di bellezza e il pubblico presente l’ha trovata
nell’immersione in questo nuovo componimento narrativo della bella e brava scrittrice e
giornalista. Occorre dire che quando si sceglie l’attore Giulio Adinolfi per la lettura di brani
dell’opera, si riesce al meglio a permettere l’immersione nell’atmosfera intrigante e
coinvolgente dell’opera che narra del complotto ordito da una setta giudaica ai danni
dell’Imperatore di Roma, sullo sfondo dell’eruzione del Vesuvio del 79 d.C. e di un tragico
amore condannato dalla ragion di stato. Tito Flavio, il generale che aveva saccheggiato e
distrutto il Tempio di Gerusalemme, succeduto al padre Vespasiano, ripudia la regina
Berenice di Cilicia, sua amante. La donna, costretta a lasciare Roma, accecata dal
desiderio di vendetta, incontra in segreto un gruppo di rabbini nella necropoli di Neapolis e
chiede loro di pronunciare contro il nuovo Imperatore, la pulsa de nura, terribile
maledizione ebraica che porta chiunque ne sia colpito alla morte entro un anno.
Oltre all’autrice e all’editore Diego Guida, sono intervenuti: la moderatrice Annella Prisco,
Yvonne Carbonaro e Mauro Giancaspro i quali hanno saputo parlare del romanzo,
descrivendo al meglio l’atmosfera di cui è impregnato, finanche nella sensazione tattile
degli odori che caratterizzano alcune parti del lavoro, quali quello della salsedine o della
pece usata per calafatare le giunzioni fra gli elementi di legno delle navi. Gli interventi
hanno posto in luce il lato storico della narrazione, laddove i personaggi realmente esistiti
vengono mescolati con abilità a quelli creati dall’autrice, che ha effettuato (come già
accaduto in precedenza per altri lavori), una accurata ricerca dell’epoca storica anche allo
scopo di parlare del territorio campano e delle stupende storie che la Napoli Greco romana
regala.
Fiorella Franchini vive e lavora a Napoli è molto conosciuta nel mondo della letteratura,
difatti, al romanzo d’esordio L’Orchidea Bianca (Il Girasole 1995) hanno fatto seguito I
fuggiaschi di Lokrum ( Marotta 1998), ispirato ad alcuni conflitti del secondo Novecento,
seguiti poi dai thriller Nanhai (Il Mezzogiorno editore 2002), I Fuochi di Atrani (Kairòs
2006), per i quali ha ricevuto importanti riconoscimenti in concorsi e premi letterari É del
2014 il romanzo storico Korallion (Kairòs edizioni) e del 2018 Il Velo di Iside (edizioni
Homo Scrivens). La ricordiamo anche per le undici interviste pubblicate nell’antologia
Donna è Anima (Savarese editore). L’autrice collabora con il quotidiano Il Denaro.it e
pubblica con riviste e periodici specializzati tra cui Pannunzio Magazine e Verbum Press.
E’, inoltre, membro di Giuria di Premi letterari, svolge attività di ufficio stampa, conduce
incontri culturali, presentazioni e lezioni di giornalismo. Per oltre dieci anni è stata direttore
editoriale del webmagazine napoliontheroad.
Torniamo a “Pulsa de nura. La maledizione di Berenice di Cilicia”: Il 24 ottobre del ’79 a
Pompei, mentre fervono i preparativi per un’imminente visita dell’Augusto, la terribile
eruzione del Vesuvio devasta la città e le terre circostanti. Il prefetto Gaio Plinio,
comandante della flotta imperiale, salpa da Miseno per portare soccorso alla popolazione
e affida al navarco Valerio Pollio Isidoro, il compito di salvare la nobildonna Salvia
Rectina. La nave ripara nel porto di Neapolis per sfuggire alla tempesta e gli scampati
trovano rifugio entro le mura, mentre la minaccia della grande onda di un maremoto si
dissolve al suono misterioso di un sistro. Sulla città, però, sopraggiunge la nube nera di
polveri vulcaniche, solcata da saette. In molti scappano verso le colline.
L’autrice per seguire la trama tra il reale e l’immaginario della sua storia, realizza con
accuratezza un racconto coinvolgente dove l’amore e l’odio, il concreto e l’arcano, si
intrecciano, permettendo al lettore una full immersion in un passato che, da storico, si
tramuta in attuale. Appare chiaro che la scrittrice possiede in sé la capacità di
immedesimarsi anche in figure storiche quali Berenice, figlia di Erode Agrippa I e sorella di
Agrippa II, che ebbe tra i suoi avi Erode il Grande,conosciuto per la famosa “strage degli
innocenti”.
La storia, da passato senza pulsioni, si trasforma, per la penna della Franchini in una
successione di cospirazioni e peripezie, in un susseguirsi improvviso di svolte sorprendenti
nello sviluppo della trama che la scrittrice utilizza per mantenere desta l’attenzione del
lettore. Nulla però è lasciato al caso, tutto, invece, frutto del riallacciarsi ad avvenimenti
che risalgono ad accadimenti veritieri utilizzati per fare sì che i protagonisti siano costretti
alla fuga, come quella impetuosa dalle spiagge di Ercolano a Neapolis. In tal modo lo
scritto ci permette di trovarci a Capua, poi a Benevento, attraversando i monti del Sannio,
fino a giungere a Roma. Alcuni passi, quali quello degli effetti dell’eruzione del Vesuvio,
sono merito di una rilettura delle Lettere a Tacito di Plinio il Giovane. Tutto ciò ci permette
di osservare il dramma non da Pompei, ma da Napoli e Miseno. Una voglia di archeologia
che si rifà con riferimenti narrativi al ritrovamento archeologico del maggio 2021 avvenuto
ad Ercolano, dei resti di un possibile ufficiale della flotta di Plinio, morto per aiutare i
fuggiaschi che, a seguito di studi sul teschio potrebbero essere attribuiti a Plinio il Vecchio.
L’autrice è sempre più abile nella capacità di elaborare una credibile ambientazione storica
che, ovviamente, non nasce dal nulla. Piuttosto dimostra un’accurata ricerca documentale
e un interesse anche umano e sensibile rispetto al breve regno di Tito Flavio, “Amor ac
deliciae generis humani.” “Amore e delizia del genere umano”, forse anche perché
ricordato come raffinato e generoso. L’imperatore Tito difatti, appena salito al potere,
dimostrò queste sue qualità sorreggendo, anche con ricchezze proprie, le popolazioni
colpite dall’eruzione del Vesuvio del 79, che distrusse Pompei, Ercolano e Stabia. Non fu
fortunato e forse meritava di essere ricordato nella storia di Fiorella Franchini, laddove
sotto il suo breve regno (finito davvero troppo presto, forse perché avvelenato), accadde di
tutto. Tito morì infatti il 13 settembre dell’81 d.C., per un male improvviso, dopo poco più di
due anni di regno e il senato gli riservò l’apoteosi mentre suo fratello Domiziano gli fece
erigere nel Foro romano, un arco trionfale. Oltre alla catastrofe vesuviana, ricordiamo,
difatti, la misteriosa distruzione del Campo Marzio, dovuta a un devastante incendio, una
terribile pestilenza e la morte improvvisa dell’Imperatore stesso, per cui “Berenice
rabbrividì pensando a ciò che avrebbe prodotto la sua vendetta Era, forse, stata troppo
crudele a invocare la maledizione? O era quel ripudio inaspettato ad essere empio e
spietato?”
Il libro è decisamente degno di nota, come ha affermato all’editore anche lo stesso Mauro
Giancaspro, convinto che sia un’opera da leggere tutta di un fiato. Molto interessante
altresì la presentazione effettuata da Yvonne Carbonaro, che ha parlato di un excursus nel
romanzo “neo storico”, e ricordato come Alberto Angela, parlando dell’attrice pompeiana
Novella Primigenia, l’abbia resa anch’ella attuale come ha fatto Fiorella Franchini con la
sua Berenice di Cilicia, in una scrittura fluida e vivace, dove i dialoghi rendono più veri i
personaggi e l’incalzare degli eventi accompagnano il lettore sino al finale che,
ovviamente, occorre leggere.
Bianca Fasano