I più non conoscono San John Henry Newman, che nacque a Londra nel febbraio del 1801 da un banchiere inglese e da madre di origine francese, discendente di ugonotti emigrati dalla Francia a Londra dopo l’Editto di Nantes.
Il futuro cardinale, recentemente proclamato Santo dalla chiesa Cattolica, ricevette un’educazione elevata, manifestando notevole intelligenza. La banca paterna fallì con ripercussioni sul giovane Newman. Ricevette l’influsso di un pastore calvinista, Walter Maser, e in tale periodo per Newman il Papa era l’anticristo.
Dopo aver studiato al Trinity College di Oxford dove ottenne il titolo accademico di “Bachelor of Arts”, nel 1822 venne ordinato diacono nella Chiesa Anglicana e divenne coadiutore della parrocchia di St. Clement ad Oxford.
Nel 1828 divenne parroco nella chiesa universitaria di St. Mary, dove svolse attività pastorale di rilievo, fino al 1843. Dal 1826 al 1832 era stato tutor nell’Orient College occupandosi della formazione di studenti universitari. Tra questi Pusey, John Keble e Hurrel Froude. Proprio nel 1832 Newman accompagnò Froude in un lungo viaggio nell’Europa meridionale, visitando Roma, Malta, Corfù e la Sicilia. A Roma conobbe Nicholas Wiseman, che diverrà Arcivescovo cattolico di Westminster.
Una volta tornato in Inghilterra, ad Oxford, potè ascoltare nel 1833 il discorso di John Keble che segnò il sorgere del Movimento di Oxford di cui egli divenne la figura più rappresentativa.
Il movimento si proponeva di interpretare i 39 articoli della Chiesa anglicana in un’ottica cattolica. Sconfessato, aderì alla Chiesa cattolica qualche anno dopo.
“Un forte legame con Malta ci fu da parte della regina inglese Adelaide, consorte di Guglielmo IV dal 1830 al 1837; durante una sua visita a Malta nel 1838, Ella espresse una grave delusione per il fatto che la colonia britannica non possedesse un luogo di culto anglicano appositamente costruito. Decise di finanziare la costruzione a proprie spese e in sei anni fu costruita la bellissima chiesa neoclassica di St. Paul a La Valletta. Questa imponente struttura occupa una posizione ambigua in una colonia in cui il governo britannico si era impegnato a mantenere il cattolicesimo romano. St. Paul era apparentemente destinato alla popolazione anglicana esistente a Malta. Tuttavia la chiesa era percepita sia dagli evangelici che dai cattolici romani come un potenziale strumento di propagazione del protestantesimo. Nell’esaminare le basi di queste percezioni l’ articolo suggerisce che St. Paul faceva parte di uno sforzo più ampio, guidato dall’alto clero della Chiesa anglicana collegato alla Society for Promoting Christian Knowledge per influenzare i maltesi verso una maggiore simpatia per la tradizione anglicana, evitando il proselitismo palese. La contemporanea istituzione della diocesi di Gibilterra nel 1842 fu la chiave di questa impresa[…]”.[1]
Ma è davvero così?
Nel suo viaggio nel sud dell’Europa John Henry Newman nel 1833 viaggiò in Italia, e più precisamente a Roma, poi in Sicilia, successivamente passò sia in Corfù che in Malta. Per la circostanza cambiò idea sul fatto che la Chiesa cattolica fosse corrotta e decadente. Messina 8 febbraio 1833: durante questa visita di Newman si stava svolgendo il processo Achilli in Inghilterra. Domenicano di Viterbo, il tribunale dell’Inquisizione romano sospese Achilli per fornicazione. Questi si rifugiò a Corfù, cercando protezione dalle autorità britanniche. Quando Roma chiese la sua estradizione si convertì all’anglicanesimo e chiese asilo. Proprio il comitato del protestant College di St. Julian’s a Malta nel 1846 lo nominò professore con una missione speciale per diffondere il protestantesimo in Italia. Due compagni di Achilli, quando lui era assente da Malta, furono accusati di fornicazione. Fu dunque licenziato dal comitato protestante con i suoi compagni. Achilli nel 1848 si recò in Inghilterra e attaccò il clero cattolico presente. Fu proprio Newman a smascherare Achilli per la circostanza. Questa vicenda bene mette in luce i risvolti politici di tali vicende. Esisteva una commistione di difficile gestione anche per la Corona inglese, non solo per Roma. Ed entrambi i fronti tentarono col Movimento di Oxford un riavvicinamento.
Farei un salto temporale per definire la situazione maltese. Anni 1530-1798. Si tratta dei secoli in cui i Cavalieri di Malta di fatto governarono Malta e le altre isole del suo arcipelago. Nel 1530 l’Imperatore Carlo V cedette le isole di Malta ai Cavalieri di San Giovanni per contenere gli attacchi degli Ottomani contro le sue proprietà in Europa. I cavalieri si stabilirono nelle Tre città dove edificarono delle fortezze difensive. Riuscirono a salvare i traffici commerciali nel Mediterraneo quando nel 1865 le truppe Ottomane attaccarono Malta, resistendo sotto la guida del Gran Maestro dell’ordine Jean Parisot de la Valette, che dette poi il suo nome alla neo capitale di Malta, che si chiamò in suo onore La Valletta. Furono 250 anni dopo le truppe napoleoniche ad espellere i cavalieri dalle Isole dell’arcipelago maltese. In sintesi questa la loro storia e la storia maltese di quel periodo. Poco prima che Napoleone facesse l’Impresa, precisamente nell’anno 1794, all’interno dell’Ordine degli Ospitalieri di San Giovanni di Gerusalemme era stato creato il Gran Priorato dell’Ordine di Fede Ortodossa accanto a quello cattolico. Ordine quello Russo Ortodosso che tutt’ora esiste perché rifondato nel 1977, richiamandosi direttamente a quello del 1794 dove affluirono moltissimi dignitari dell’Ordine primario cattolico partiti da Malta a seguito della conquista napoleonica e postisi a servizio dello Zar Paolo I di Russia, stanziatisi in San Pietroburgo. Il tutto grazie al riconoscimento di papa Pio VI, ossia Giovanni Angelo Braschi, quando era agli arresti domiciliari imposti da Napoleone nel Monastero di Cassini presso Firenze. I Cavalieri di San Pietroburgo speravano in una riconquista di Malta da parte dello Zar. Per l’occasione si tentò un avvicinamento ed una integrazione tra il Gran Priorato Russo e quello Cattolico dell’Ordine. Lo zar successore Alessandro I volle mantenere sotto la sua protezione solo i cavalieri di fede ortodossa, escludendo ed espellendo quelli cattolici. Non ci fu più un riconoscimento occidentale dei cavalieri maltesi Russi, definitivamente sciolti con la Rivoluzione del 1917. Gli eredi che si richiamarono a questo Ordine finirono per l’occasione a Parigi.
Ora una singolarità che ho casualmente rinvenuto definisce particolari legami tra il Movimento di Oxford, cui ho fatto cenno, e gli stessi cavalieri maltesi. Nel 1864 il celebre etnografo italiano Attilio Zuccagni Orlandini sostenne di essere stato aiutato nelle sue traduzioni dal maltese idioma da una ragazzina fiorentina mia omonima, Elena Pierotti, che conosceva oltre all’inglese il maltese perché vissuta per un certo periodo a Malta. E la omaggiò pubblicamente in una sua pubblicazione.[2] Come ho potuto chiarire in un articolo da me pubblicato recentemente [3] viveva a Firenze in quel periodo un pittore, Giuseppe Pierotti, che non poteva non aver legami con questa giovane ragazzina. Era tale pittore un fiorentino d’adozione, essendo nato a Castelnuovo Garfagnana, provincia di Lucca. Le lettere presenti alla Biblioteca Nazionale centrale di Firenze confermano quanto asserisco. In particolare una lettera del 1856 in cui Giuseppe scrive all’amico Gino Capponi in questi termini su scavi archeologici a Castelnuovo Garfagnana del periodo risalenti al 1200: “Capponi mio, il cavalier è tuo, non è mio”.
Gino Capponi era erede della famiglia che fino al Cinquecento aveva tenuto in vita il Cavalierato medievale del Tau, assolvendo spesso membri della sua famiglia il ruolo di Gran Maestri di quell’Ordine. Giuseppe afferiva dunque, per sua diretta ammissione, ad altro Ordine cavalleresco. Due potevano essere gli Ordini in questione: il Templare, che fu sciolto nel 1314, e i Cavalieri di San Giovanni, che di fatto sostituì i Templari nelle Commende dopo lo scioglimento dell’Ordine medesimo.
In Lucca avevamo una Commenda Templare importante, che fu di fatto sostituita dai Gerosolomitani. In Castelnuovo Garfagnana, o meglio, non lontano da Castelnuovo, a Gragnana, comune di Piazza al Serchio, troviamo una importantissima chiesa del periodo, oggi un rudere, Santa Margherita, che afferiva all’Ordine Gerosolomitano. Come non pensare che il riferimento a quest’ultimo Ordine del garfagnino Giuseppe possa essere più che verosimile, direi certo?
Dunque la famiglia di Giuseppe e di Elena Pierotti, le cui lettere sono appunto alla Biblioteca Nazionale Centrale fiorentina, stavano a Malta, e lo apprendiamo da Zuccagni Orlandini. In anni in cui la presenza di John Henry Newman e del Movimento di Oxford con la volontà di creare un trait d’Union tra Cattolicesimo ed Anglicanesimo era palpabile. Newman fu fatto cardinale da Papa Leone XIII nel 1890. In quel periodo il Gran Maestro dei Sacri Palazzi che teneva i rapporti con i membri dell’ormai ex Movimento di Oxford era il cardinale Raffaele Pierotti di Lucca, generale dei padri Domenicani. Qualche affinità con il pittore Giuseppe? Ho sostenuto in alcuni miei articoli pubblicati che i riferimenti comuni sono diversi.[4]
Ciò che è certo è che Giuseppe aveva rapporti parentali con Ermete Pierotti di Pieve Fosciana: appartenevano alla stessa cerchia familiare. Ed Ermete Pierotti viene, sempre in quegli anni, dichiarato dai tedeschi una spia russa. Eppure Ermete si era spostato dal teatro palestinese dove aveva servito sia il Pascià che i padri Francescani, allo scacchiera europeo; a Parigi nell’orbita di Napoleone III e a Londra, ospitato dall’amico Reverendo Burney, che lo aveva amabilmente curato e che aveva fatto pubblicare alcune sue opere- iI Reverendo Burney era cugino dell’esploratore Burney ma soprattutto membro della Royal Society. Possiamo davvero sostenere che tutti questi personaggi, francesi e inglesi in testa, ma anche Palestinesi, e Russi fossero solo degli sprovveduti, e che Pierotti viceversa fosse un abile manovratore? Niente di più falso. Più che una spia, Ermete appare un “diplomatico” magari occulto, che muoveva situazioni politiche sullo scacchiere internazionale in incognito. E ciò perché la sua pregressa condizione, presumo anche familiare, glielo consentiva. Gli scritti che ho pubblicato tendono a confermare quanto asserisco. Sono trascorsi due secoli dagli eventi e forse adesso è giunto il momento di descrivere quanto realmente stava accadendo sul vecchio continente e non solo.[5]
Davvero siamo certi che nel XIX secolo tutto andò come sin qui ci è stato descritto? Lo Zar russo era cugino della regina Vittoria d’Inghilterra. Inghilterra e Russia non potevano però essere più lontane. Una distanza che forse qualcuno voleva o tentava di colmare, dati i risvolti politici che ho provato a descrivere. E Malta? Forse i forti legami tra Regno Unito e l’Arcipelago muovevano i loro passi addirittura in quel Medioevo dove Malta e la Sicilia trovavano radici comuni. Penso ai legami tra la Genova, repubblica marinara, e gli Angiò.[6] Ma ancor più nel dettaglio tra l’intero meridione e l’emergente potenza inglese.[7]. La centralità maltese nel definire le vicende mediterranee nel XIX secolo la si riscontra ed è in connessione con le isole Ionie, grazie al duca borbonico “riformato” Carlo Ludovico di Borbone Parma, che mise al centro del suo percorso politico la destrezza e saggezza maltese. Il tutto nel Mediterraneo più profondo, non ultimi gli Stati Uniti delle Isole Ionie; vicende che videro i Pierotti menzionati e la Chiesa tutta in prima linea.[8]
TAG: Malta; Washington; Elena e Guseppe Pierotti, Attilio Zuccagni Orlandini; Napoleone III; Zar Paolo I Romanov.
[1] “La Regina Adelaide e l’estensione dell’anglicanesimo a Malta”, Pubblicato on line il 14 maggio 2018 da Cambridge University Press.
[2] Attilio Zuccagni Orlandini, “Dialetti italiani con illustrazioni etnologiche”, anno 1864, p. 421, in nota.
[3] Articolo da me pubblicato su “Il Sud Online” del 21 febbraio 2022 dal titolo “L’altra storia del sud, Garibaldi non gradito a malta: Unità d’Italia da ridefinire”.
[4] Elena Pierotti, “Giuseppe Pierotti: Arte e Politica nel XIX secolo”; “Capponi mio, il cavaliere è tuo, non è mio”; “Un nonno, un padre ed un figlio: Lorenzo, Cesare e Giuseppe”; “La famiglia Pierotti in Media Valle”; “la famiglia Allegrini: librai, patrioti, uomini illuminati”; “Patrioti napoleonici. La Loggia 33”Vittoria”; “Giuseppe Binda”; “Curiosità storiche”; “Nuovi studi Risorgimentali”; “Il Risorgimento italiano”; “ I cavalierati medievali visti da vicino” e potrei continuare, tutti articoli apparsi sul sito www.storico.org.
[5] Elena Pierotti, “Un ingegnere dell’esercito sabaudo: Ermete Pierotti; “Cattolicesimo ed Islam a partire dal Medioevo”; “I Templari, Empiriche Osservazioni”; “I russi a Bagni di Lucca. La famiglia Demidoff”; 2Un Primo risorgimento da riscrivere”; “risvolti inediti delle vicende bonapartiste”; “Napoleone Bonaparte e la Campagna di Russia”; “I Padri fondatori della nostra democrazia: Carlo Massei”, articoli apparsi su www.storico.org
[6] Elena Pierotti, Circolo culturale L’Agorà di Reggio Calabria, “Conversazione su guelfi e ghibellini” pubblicato on line.
[7] Elena Pierotti “Lord Henry Holland e I suoi contati italiani”; “risvolti inediti delle vicende bonapatiste”; “Il Risorgimento mediterraneo non è un mito”; articoli apparsi su www.storico.org: Ed ancora elena Pierotti “Risorgimento in Penombra” pubblicazione apparsa sul periodico Corso “A Viva Voce” 10.12.2016.
[8] Elena Pierotti, “Gli Stati Uniti delle Isole Ionie” www.storico.org, maggio 2021.