E’ il tardo pomeriggio di Natale, nel Pronto soccorso del presidio ospedaliero lametino, tra i tanti in attesa di essere visitati c’è un anziano di 92 anni: ha dolori addominali lancinanti, gli occhi umidi e un fil di voce per chiedere a chi gli sta vicino. “Aiutatemi, per l’anima dei morti!”. La sorella, 88 anni compiuti da poco, gli accarezza le mani e lo conforta, mentre figlio e nipoti, con gli occhi attenti al display, attendono il fatidico numero in codice giallo, accanto ad un desolato ufficio accettazione, simile per molti versi ad una biglietteria di una stazione ferroviaria debilitata.
Ogni tanto si affaccia un paramedico per registrare i nuovi arrivi, mentre un paio di eroici medici si fanno carico dei pazienti, gravi e meno gravi, in condizioni, e credo di non esagerare, accostabili ad una infermeria presidiaria in tempo di guerra. Finalmente, dopo circa due ore e mezza, l’anziano signore viene visitato, diagnosticato e il suo codice d’ingresso tramutato in rosso. Per farla breve, dopo alcune ore di forti sofferenze e nonostante l’assistenza accurata ed amorevole dei medici, l’anziano signore conclude la sua vita terrena. Non è probabilmente un caso isolato ma l’epilogo di una storia come tante, non certo a lieto fine, che pone a tutti noi alcuni interrogativi:
1. Come mai l’Ufficio accettazione, la sera di Natale (ma non credo solo a Natale) era semi-sguarnito e il personale medico e paramedico ridotto al lumicino?
2. Cosa si intende fare per l’adeguamento degli organici in applicazione di una direttiva europea sull’orario di riposo e di lavoro dei medici e sanitari dipendenti, che, a partire dal 25 novembre scorso, non consente più la pratica degli orari massacranti?
3. Come mai il servizio di guardia medica, che opera all’interno del presidio ospedaliero, non viene adeguatamente utilizzato nell’attività di screening e nella predisposizione tempestiva delle prime terapie del dolore, visto e considerato che lo smantellamento delle guardie mediche decentrate sul territorio spingono gli utenti a rivolgersi direttamente all’adiacente struttura di pronto soccorso?
4. Come mai, visti i frequenti ricoveri in terapia intensiva, non si sente il bisogno di ampliare l’attuale reparto, per evitare di ricorrere spesso al trasferimento dei malati, a forte rischio di vita, in altri, e spesso lontani, ospedali? Io credo che a 92 si possa morire ma non è concepibile che ciò avvenga al culmine di un ingiustificabile strazio in cui si affida ad un numero di un display a scorrimento cromatico la fine di un’attesa tormentata. Penso che la qualificazione del servizio di Pronto soccorso, con un numero adeguato di operatori (medici e paramedici) e di strutture idonee di supporto strumentale e logistico, sia il terreno su cui investire, riducendo, in tal modo, i costi per i ricoveri nei vari reparti e risparmiando, altresì, agli anziani e meno anziani sofferenti di invocare aiuto in nome dell’anima dei morti, ma di pretendere il rispetto del diritto alla salute sancito dall’articolo 32 della Costituzione.