di Giuseppe Pedersoli
Scagli la prima pietra chi ha azzeccato la formazione e la seconda chi non era preoccupato al fischio d’inizio. Invece, a Torino, è finito il sarrismo ed è iniziato l’ancelottismo. Devo organizzare una cena sul tema, invitando l’amico Luca M., sedicente scrittore e Marisa F., cardiologo e medico di famiglia. Una micro polemica involontaria e inconsapevole, tra i due, nata su facebook. La dr.ssa ha postato sulla mia bacheca, in risposta al Vangelo di Eupalla secondo Luca: “Il sarrismo non finirà mai, per noi appartiene al passato e lo ricorderemo come ricordiamo Sivori o Krol. Ora c’è Ancelotti”. Innanzitutto chiedo come mai ha dimenticato Diego Amando Maradona! Tornando a Torino Napoli, la strategia di Carletto si rivelata, a consuntivo, migliorativa rispetto a quelle del suo predecessore: Luperto al posto di Mario Rui, un centrocampo con Hamsik e Rog, Insigne a ridosso del tridentino Verdi – Mertens – Callejon. Credo che a breve giocherà centrale Tommaso Starace, il magazziniere – barista (celebre il suo caffè preparato con la moka). Il buon Mazzarri aveva preparato una partita contro un Napoli che non c’è stato, contro il Napoli figlio di Sarri che non era immune da difetti e critiche, tra cui spiccava la prevedibilità. Forse abbiamo rischiato, il filtro di metà campo poteva apparire debole e i puffi lì davanti non sono il massimo in fase difensiva. E invece ha vinto lui, “mister alzo sempre un trofeo”: “Il mio Napoli non avrà un’identità, avrà tante identità”. Abbiamo vinto 3 a 1 e, tanto per cambiare, avremmo potuto segnare quattro o cinque gol in più. Non ce l’ho con Sarri, cara dottoressa, esattamente come l’amico Luca. Ma sono stufo di vedere il Napoli trattato come una prostituta, come un ponte di mezzo per arrivare agli ingaggi dei sei o sette top club del mondo. Tutti felici di arrivare qui, di passeggiare sul lungomare liberato. Dopo un po’, tutti stracontenti di imparare l’inglese o lo spagnolo o il tedesco o il francese e di triplicare lo stipendio. Tutto logico, tutto legittimo, calciatori e allenatori sono professionisti (qualche criticone direbbe “mercenari”) e hanno il diritto di pensare al futuro delle proprie famiglie. Ma io voglio cambiare. Mi voglio godere il presente, desidero gioire vedendo in panchina l’allenatore più vincente del mondo e chiedo scusa se ho usato la parola “prostituta”. Provo a rimediare con la poesia. Oggi c’è Ancelotti, W Ancelotti. Non penso al passato e chiudo con i versi del poeta Nazim Hikmet: “Il più bello dei mari è quello che non navigammo. Il più bello dei nostri figli non è ancora cresciuto. I nostri giorni più belli non li abbiamo ancora vissuti. E quello che vorrei dirti di più bello non te l’ho ancora detto”. Anzi, ora te lo dico: sempre forza Napoli.