Antonio Troise
“Sprecone e straccione”. “Buco nero dell’assistenza”. “Pozzo senza fondo della spesa pubblica facile”. Strano, ma vero: è tutto falso. “Fake news”, direbbero i contemporanei. Magari conquistano facili titoloni sui giornali. Ma non hanno nulla a che fare con la verità dei numeri. La realtà, infatti, è esattamente capovolta, con il Mezzogiorno che attinge meno della restante parte del Paese al grande portafoglio della spesa pubblica italiana. “E’ più facile spezzare un atomo che un pregiudizio”, sentenziava Albert Einstein. A leggere le tabelle dei Conti Pubblici Territoriali del governo, puntualmente rielaborati dalla Svimez, c’è da strabuzzare gli occhi. Avvertendo la scomoda sensazione, perfino un po’ imbarazzante, di vivere in un Paese molto diverso rispetto a quello che viene quotidianamente servito dai mille luoghi comuni che girano sul Sud e i Meridionali.
Prima bugia: non è vero che lo Stato dà più soldi al Sud che al Nord. Prendiamo l’unico parametro effettivamente valido, la spesa pubblica pro-capite delle amministrazioni pubbliche (Stato Centrale, Regioni e Comuni). Nel 2017, al netto degli interessi passivi, nel Mezzogiorno non ha superato quota 11.584,1 euro. I cittadini del Centro-Nord hanno ottenuto, invece, quasi 2500 euro in più all’anno, attestandosi a quota 13.977,3 euro. Punto e a capo.
A rendere ancora più lontani dalla verità i pregiudizi che girano sul Sud c’è anche un altro dato. Fra il 2007 e il 2016, vale a dire negli anni della più pesante e lunga recessione dal Dopoguerra, la spesa pubblica è calata nelle aree più deboli del Paese ed è aumentata in quelle più ricche. Anche qui la verità dei numeri è eclatante: ogni meridionale, nel 2007, poteva contare su 11.650 euro di spesa pubblica. Nove anni dopo, la cifra era calata di oltre mezzo punto percentuale (-0,57%). Nel Centro-Nord, invece, il trend è stato diametralmente diverso, con una crescita della spesa pro-capite dello 0,84%. In sintesi, scrivono gli esperti della Svimez, “nel rapporto tra Mezzogiorno e Centro-Nord, nel decennio 2007-2016, la spesa complessiva pro-capite è passata dall’83,4% all’83,1%”. Quasi un punto percentuale in meno. La differenza è ancora più impressionante se si considera la spesa consolidata per settori. Cioè, per dirla con parole ancora più semplici, lo Stato eroga ai meridionali quasi il 25% in meno rispetto alla restante parte del Paese. Con buona pace delle politiche che dovrebbero ridurre il divario. Anche perché, come il buon senso suggerisce, se si spende di meno, anche i servizi offerti ne risentono. E questo al netto della capacità della pubblica amministrazione di gestire con efficienza le risorse messe a disposizione dai contribuenti.
L’unico settore dove, per la verità, il Sud riceve qualcosa in più rispetto al Nord è quello della Protezione Ambientale. Anche qui, però, la qualità dei servizi erogati “non è sempre adeguata ai fabbisogni dei cittadini”. Ma la differenza più grave è sul fronte del lavoro e della previdenza, in pratica gli interventi per il welfare dove la spesa pro-capite del Sud è inferiore del 30% rispetto a quella del Nord. Vedremo se con il reddito di cittadinanza voluto dal governo gialloverde e che dovrebbe andare per lo più nel Mezzogiorno, le cose cambieranno. Ma, in questo caso, all’origine del divario ci sono gli squilibri del mercato del lavoro e, in particolare, il fatto che le pensioni erogate nel Settentrione sono mediamente più alte e più numerose rispetto al Sud. Resta il fatto, si legge nel rapporto Svimez, “che questi importanti strumenti delle politiche di welfare non riescono a supportare adeguatamente la fragile condizione socio-economica delle famiglie e dei lavoratori più deboli”.
Il copione non cambia neanche se si considerano le altre voci della spesa pubblica. Al Mezzogiorno arriva il 29% in meno delle risorse che lo Stato stanzia ogni anno per gli interventi in Formazione, Cultura e Ricerca&Sviluppo. Ma il top si registra sulla spesa pubblica relativa all’edilizia abitativa e urbanistica: qui il Sud prende il 33% in meno rispetto a quanto viene dirottato nella restante parte del Paese. E, anche da questo punto di vista, considerata la situazione di degrado di molte città del Mezzogiorno, lo squilibrio è del tutto ingiustificato.