Politica interna
Pd: l’intesa sulle riforme sarebbe ad un passo, il momento della svolta sarebbe stato mercoledì sera quando, in gran segreto, nell’ufficio di Renzi a Palazzo Chigi sono saliti il ministro Boschi, il capogruppo Pd al Senato Zanda e la presidente della Commissione Affari costituzionali Anna Finocchiaro. Tutti hanno chiesto al premier una proposta alla minoranza del partito, onde evitare che il tavolo dalla trattativa saltasse definitivamente. Renzi ha accolto il consiglio di non toccare il famoso articolo 2 cuore della riforma, ma di accettare in cambio l’idea del listino, inserendo la norma in altri due articoli modificati dalla Camera. L’idea sarebbe quella di introdurre una forma “light” di elettività per i consiglieri regionali che diventeranno senatori, facendoli scegliere direttamente dai cittadini ma tenendoli a carico delle regioni. Su questa piattaforma sono iniziati i primi contatti informali con i bersaniani, che però non impegnano direttamente il capo del governo. Convinzione comune è che la proposta spezzi in due la minoranza dem, riducendo ad una quindicina il numero dei dissidenti irriducibili e concedendo a Renzi i numeri per garantire il passaggio della legge.
Roma: scintille tra il sindaco Marino ed il ministro dell’Interno, con un botta e risposta a distanza sulla relazione del Viminale su Mafia Capitale. Al termine dell’incontro in Campidoglio con il prefetto Gabrielli il primo cittadino della capitale ha definito “una fotografia datata che risale al 2014” quanto riferito da Alfano il 27 agosto al Consiglio dei Ministri. La replica del ministro non si è fatta attendere, nel corso di una conferenza stampa a Montecitorio il leader di Ap ha replicato “Marino ha assolutamente ragione, la mia foto su Roma è datata al 2014, gli ricordo che lui è stato eletto nel 2013”. Il botta e risposta ha costretto il prefetto Gabrielli ad intervenire per specificare che occorre aggiornare il documento, verificando anche ciò che il Comune ha fatto nel corso del 2015, richiesta proveniente anche dallo stesso Marino.
Politica estera
Immigrazione: la massa di profughi che arriva in Europa mette in allarme persino il Pentagono. Secondo i vertici militari americani l’emergenza durerà altri 20 anni e costituisce un pericolo per la stessa sicurezza degli alleati europei. La minaccia ha più dimensioni, è il numero uno delle forze armate statunitensi a tracciarne un profilo ipotizzando scenari di degrado sociale, spinte centrifughe e fanatiche nella politica europea, rafforzamento di partiti estremisti nei governi del Patto Atlantico. La conclusione del generale Dempsey, che ha definito “seria” la crisi, è che “stabilità e pace sul continente sono minacciate, le nostre azioni non sono all’altezza della minaccia”. La più alta carica militare negli Stati Uniti rivela inoltre che la crisi dei profughi è stata il tema dominante nelle ultime riunioni ai vertici della Nato, della quale si spinge fino ad evocare l’intervento, sia pure in maniera molto cauta ed indiretta.
Quote Ue: i paesi dell’Est respingono senza mezzi termini l’idea lanciata da Francia e Germania di elaborare un meccanismo permanente di distribuzione obbligatoria dei rifugiati in caso di emergenza. Repubblica Ceca, Slovacchia, Polonia e Ungheria definiscono “inaccettabile” la proposta, ampliando così la frattura tra Ovest e Est europeo; finalizzare quote accettabili e riformare le norme sull’Asilo sarà molto difficile senza ricorrere ad uno strappo, necessario per difendere il valore di solidarietà su cui si basa l’Unione. Il premier britannico Cameron ha invece annunciato la disponibilità del suo Paese ad accogliere un certo numero di profughi siriani, ancora non sono state fatte cifre ma l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati ha parlato di quattromila persone.
Economia e Finanza
Jobs act: il ministro commenta soddisfatto il varo degli ultimi quattro decreti attuativi della nuova legge, che chiudono il cerchio della riforma del mercato del lavoro del governo Renzi. “Considero un importante successo avere chiuso, nei sei mesi concessi dal Parlamento al governo, la riforma del mercato del lavoro” ha detto Poletti, “un processo di grandissimo rilievo realizzato in tempi molto rapidi”. Il ministro si è mostrato particolarmente fiero del fatto che gli ammortizzatori sociali siano stati estesi a 1,4 milioni di lavoratori delle piccole aziende che prima non avevano copertura.
Mercati: è durata solo 24 ore l’euforia per il discorso di Draghi e nella seduta di ieri sui listini globali sono tornate le nubi, nonostante la chiusura della Borsa di Shanghai per festività. Sin dalle prime battute si è capito che tirava una brutta aria, sia Tokyo che Hong Kong hanno chiuso in discesa e le Piazze europee hanno aperto in scia, rimangiandosi l’abbozzo di entusiasmo rivisto giovedì. Il quadro è peggiorato nel pomeriggio quando Wall Street ha inasprito il clima di incertezza e di sell off, soprattutto in seguito alla diffusione dei dati del lavoro in America.
Sindacati: un rapporto reso noto ieri dall’Inps ufficializza il fatto che a parità di altre condizioni le pensioni dei sindacalisti sono mediamente più alte di quelle dei lavoratori dipendenti. La nota pubblicata ieri ricorda un decreto del 1996, promosso dall’allora ministro del Lavoro Treu, all’interno del quale una norma consente ai sindacalisti di poter cumulare due pensioni, oltre a poter usufruire di altri meccanismi che consentono l’aumento dello stipendio negli ultimi mesi di lavoro per poter maturare assegni di importi superiori. I sindacati respingono tutte le accuse, la Cgil esclude che vi siano condizioni di privilegio per chi svolge attività sindacale, la Uil parla di notizie imprecise e giudica grave che l’Inps esprima valutazioni generiche e sommarie. Ma il reddito dei sindacalisti è di fatto sempre stato uno dei punti oscuri dell’economia italiana, e tutte le velleità di certificazione si sono scontrate con il muro di gomma elevato dalle organizzazioni dei lavoratori.