Politica interna
Sicurezza, il decreto bis di Salvini Lo scontro elettorale tra gli alleati di governo si infiamma sull’immigrazione e la sicurezza, il campo preferito dal ministro dell’Interno, che ieri ha tirato tra le gambe di Luigi Di Maio una proposta durissima che toglie al ministro Danilo Toninelli la competenza sugli sbarchi dei migranti nei porti italiani e introduce pene molto severe per le Ong. I dodici articoli del provvedimento licenziato dal Viminale, che dovrà passare dal Consiglio dei ministri prima di approdare in Parlamento,intervengono anche su un tema molto caro a Salvini: la tutela delle forze dell’ordine con l’inasprimento delle pene per i reati di oltraggio e resistenza a pubblico ufficiale ma anche per chi provoca incidenti in cortei e manifestazioni pubbliche Il decreto sicurezza bis è una sorta di summa della visione di Salvini, baricentro di un esecutivo che dopo il voto del 26 maggio dovrà cambiare passo se i 5 Stelle vogliono governare per altri quattro anni. Ma il capo M5S non ha certo l’intenzione lasciare spazio a Salvini e sicuramente impedirà che il decreto sicurezza bis arrivi al Consiglio dei ministri. Un provvedimento che fonti di Palazzo Chigi ritengono inaccettabile e sperano in un interessamento del Quirinale perchè travalica le sue competenze. Il premier Giuseppe Conte in una intervista al quotidiano spagnolo «El Pais» ha voluto precisare che «da fuori o all’estero si crede che nel governo comandi lui: è una vostra illusione ottica».
Il dossier sul commissario Ue “C’ è il buio oltre le urne.- scrive Francesco Verderami sul Corriere della sera – Ma a determinare il destino del governo non sarà solo l’esito delle Europee: a dimostrarlo sono i troppi dossier aperti e i tanti impegni in scadenza, che testimoniano come Palazzo Chigi non abbia preparato l’appuntamento con il futuro”. Tra i dossier in sospeso, il nome del commissario italiano a Bruxelles: “la road map stabilita mesi fa dal capo del Movimento e dal segretario della Lega è ormai una strada ostruita dalle macerie del loro rapporto”. Al momento il dossier è stato congelato, ma non vi è dubbio ch costituirà un «un banco di prova» per la tenuta della maggioranza, sulla quale Verderami esprime forti dubbi. Scrive, raccogliendo le voci che provengono dal Carroccio: “I grillini si sono messi a stilare il conto: dopo la «questione morale», si preparano ad aggiungere la riforma che riduce il numero dei parlamentari e che è in itinere in Parlamento. Se il Carroccio interrompesse la legislatura, la battuta Di Maio si farebbe slogan da campagna elettorale: «Salvini sceglie la casta». In attesa del voto e del verdetto, c’è chi – tra i ministri leghisti – fa il fioretto del silenzio, e chi – tra i dirigenti del partito – più laicamente ritiene quel passaggio «un banco di prova»: «Perché non è facile mollare il governo e ciò che significa anche in termini di potere». «Eppoi sarebbe la prima volta che un esecutivo si autoaffonda, mica facile». «E chi sceglierebbe a quel punto il commissario europeo?». «No, si va avanti, i due troveranno l’intesa». Poi arriva la stilettata serale dei grillini: «Sull’immigrazione Salvini vuole coprire i suoi fallimenti». Al Capitano, Giorgetti quello çhe pensava l’ha già detto: «E tempo perso»”.
Economia e finanza
Decreto sbloccacantieri al via: il piano industriale di Fs Comincia a prendere forma il piano del governo per i commissariamenti di opere previsti dal decreto sbloccacantieri. Le prime 66 opere pronte per entrare nel «piano Conte» arrivano da Rete ferroviaria italiana (Rfi) e Anas: sono le opere più strategiche e di maggiori dimensioni di un piano di accelerazione degli investimenti che il gruppo Fs ha varato con il nuovo piano industriale 2019 – 2023. In tutto sono interessati da questo “piano-turbo” 1.600 cantieri. con una spesa aggiuntiva di investimento di 3,7 miliardi nel biennio 2019-2020. Saranno le opere Fs a fare la parte del leone nei piani attuativi dello sbloccacantieri, come ha implicitamente confermato ieri il premier, Giuseppe Conte, ricordando che le Fs «sono un perno essenziale per lo sviluppo del Paese». Il nuovo vertice del gruppo nominato l’anno passato dal governo giallo-verde ha messo a punto un programma che in 5 anni porterà Fs ed Anas ad investire ben 58 miliardi, una media di 13 miliardi all’anno (+ 75% sul 2018). «Un impegno record, un valore mai così alto, che conferma il gruppo quale primo investitore in Italia», ha spiegato l’ad Gianfranco Battisti. Uno sforzo che «potrà contribuire alla crescita dell’Italia con la creazione di 100-120mila posti all’anno nell’indotto, 15 mila assunzioni dirette ed un contributo annuo all’aumento del Pil dello 0,7-0,9%».
La guerra commerciale tra Usa e Cina Non c’è assolutamente fretta di arrivare a un accordo. I negoziati continuano. I dazi li abbiamo alzati e arriveranno più soldi nelle casse del Tesoro». Il presidente Donald Trump poche ore dopo l’entrata in vigore dell’aumento dei dazi contro la Cina ha twittato la linea, che è quella di continuare a trattare fino a quando non si arriverà a un’intesa che sia buona per gli Stati Uniti. Ma prima di postare questo messaggio, Trump ha accusato i cinesi di voler guadagnare tempo, con la speranza di impostare un altro tipo di trattativa con una nuova figura alla Casa Bianca, magari «d’addormentato Joe», cioè Joe Biden, in testa nei sondaggi tra candidati democratici. Il round dei negoziati è continuato nel suo secondo giorno a Washington; il capo della delegazione cinese Liu He ha continuato a ripetere che è venuto negli Stati Uniti, nonostante l’offensiva sui dazi Usa, con «la sincera volontà di trovare dei punti di intesa per superare le distanze tra le due posizioni». Mnuchin, dopo aver dichiarato «finiti» i negoziati di ieri, ha definito i colloqui «costruttivi» anche se ancora un accordo non c’è.
Politica estera
Venezuela, il ruolo dell’Italia Il premier Conte ha voluto ripsondere, con una lettera indirizzata a Juan Guaidó, alle sollecitazioni rivolte all’Italia dai quest’ultimo, pubblicate ieri dal quotidiano torinese, “a condividere le valutazioni su quanto sta accadendo in Venezuela”. Con la lettera, il premier intende “chiarire che l’Italia, assieme agli altri Paesi dell’Unione europea, ha sempre distinto, in modo lineare e coerente, gli organi democraticamente eletti, quale l’Assemblea nazionale da lei presieduta, dagli organi privi di legittimità democratica, quale la Presidenza della Repubblica”. E motiva il macato riconoscimento da parte del Governo italiano di Guaidó come Presidente ad interim del Paese sia per ragioni di ordine giuridico-formale, che par la volontà di non contribuire “alla radicalizzazione delle rispettive posizioni, favorendo la spirale di violenza con il risultato di rendere ancora più drammatica la condizione della popolazione”, Il Governo italiano, ricorda, si è tuttavia attivato “su vari fronti, a partire da quello internazionale, promuovendo una soluzione pacifica, attraverso un dialogo politico finalizzato allo svolgimento di libere elezioni presidenziali. Abbiamo – prosegue – condannato fermamente qualsiasi escalation di violenze e abusi e abbiamo pubblicamente protestato per ogni limitazione delle prerogative dei deputati venezuelani. Ricordo che, al momento, due membri dell’Assemblea nazionale hanno chiesto e ottenuto rifugio presso la nostra ambasciata”.
Elezioni in Sudafrica Il sindacalista, diventato imprenditore di successo e tornato in seno all’African National Congress, ha vinto: Cyril Ramaphosa, 66 anni, è presidente del Sudafrica a tutti gli effetti. Ma i dati non sono confortanti. Sono pochi il 57% dei voti per il partito, che aveva ottenuto il 62% nel 2014 e il 66% nei 2009. La Democratic Alliance (Da) resta dov’era cinque anni fa, 21-22%; Economic Freedom Fighters invece cresce (10%). Il Sudafrica esce infatti dalle urne più spezzettato (più pluralista): secondo partito si conferma con il 21% Alleanza Democratica, considerata roccaforte della minoranza bianca, che sotto la guida del giovane pastore nero Mmusi Maimane subisce una battuta d’arresto. Alla sua destra sale al 2% il Freedom Front Plus, i duri Afrikaner che raddoppiano i consensi anche a causa dello spauracchio della legge sull’esproprio delle terre ai bianchi che aleggia sul prossimo Parlamento.