Antonio Troise
Non di sola Tav. La grande Rete europea dei trasporti, la cosiddetta Ten-T, comprende nove “corridoi” che toccano, come i nodi di una enorme metropolitana, gran parte dei Paesi del Vecchio Continente. A questi, poi, occorre aggiungere circa 35 tratte transfrontaliere, che rappresentano sicuramente gli anelli più importanti del più grande progetto di investimenti attualmente in atto in Europa. Certo, ogni tratto ed ogni tunnel ha la sua storia, i suoi cantieri più o meno a singhiozzo e i suoi problemi. Nell’elenco delle opere che compongono il nuovo tracciato, non mancano le aree critiche. Nel gergo si chiamano “missing link”, i “collegamenti mancanti”. E, spesso, la mancata realizzazione di una tratta, piccola o grande che sia, rischia di avere un effetto economico negativo sull’intero progetto. Insomma, non c’è solo il tunnel Torino-Lione a rendere problematico il completamento della Rete. Anche il terzo valico, inserito nel corridoio che dovrebbe collegare il Mediterraneo e il Mare del Nord procede a rilento, fra mille ostacoli. Un copione simile a quello che sta andando in onda in Spagna, per la tratta Vitoria-Bordeaux del corridoi Atlantico. Tre snodi fondamentali per la Ten-T. Mal comune mezzo gaudio? Macchè: il loro mancato completamento, infatti, costerebbe tantissimo agli europei.
A condurre sul campo una sorta di analisi costi/benefici dei “missing link” è stato uno dei maggiori istituti di ricerca europei, il Fraunhofer-Institut für System und Innovationsforschung. E, i numeri contenuti in un rapporto ancora poco conosciuto, sono impressionanti. Partiamo da un dato. La realizzazione della grande Rete, se tutti i collegamenti venissero completati in tempo, avrebbe un effetto fortissimo sull’economia, facendo crescere il Pil dell’1,8%, quasi 2.750 miliardi di euro. Senza considerare l’impatto sull’occupazione generato dalla nuova crescita economica: dieci milioni di posti. A fronte di un investimento di 457 miliardi di euro. Il calcolo è presto fatto: ogni euro investito nella rete Ten-T ne genera almeno 17. Un affare.
Dati in linea con quelli diffusi ieri in un rapporto redatto per conto della Commissione Europea da due società, una tedesca, la M-Five, e la Trt, una srl di Milano presieduta da Marco Ponti, l’autore dell’analisi costi-benefici messa a punto per Toninelli. Lo studio, che valuta gli effetti diretti della rete Ten-T sull’occupazione, prevede un aumento di 100mila posti di lavoro solo in Italia nel 2030. Oltre a 26 tonnellate di Co2 in meno.
Il problema, ovviamente, è che non tutto sta filando per il verso giusto. E non è detto che la rete si realizzi così come è stata immaginata. “Oggi la linea storica Torino Lione non è solo più un collo di bottiglia – spiega Paolo Foietta, ex commissario governativo della Tav – ma è oramai riconosciuta come missing link, un anello mancante del Corridoio Mediterraneo ed assume, per l’Ue, un valore strategico sempre più rilevante e transnazionale, che supera la dimensione binazionale di Italia e Francia”. Secondo l’istituto tedesco, infatti, gli investimenti in queste opere sono in grado di attivare investimenti tre volte maggiori rispetto alla media degli altri corridoi. La loro mancata realizzazione, avrebbe la conseguenza di ridurre il Pil europei di 725 miliardi da oggi al 2030 bruciando quasi 1,9 milioni di posti di lavoro, quasi 50mila occupati in meno per ogni miliardo non investito.
Ma non basta. Lo studio scende ancora di più nel dettaglio e cerca di simulare gli effetti economici del mancato completamento di alcuni dei corridoio più caldi, dove non mancano altrettanti casi simili a quelli della Tav fra Torino e Lione. Partiamo proprio da qui: se l’Italia decidesse di abbandonare il progetto, ci sarebbe un effetto sul Pil europeo di circa 384 miliardi di euro da qui al 2030, con una perdita di circa 750mila posti di lavoro. Il tutto con un risparmio di investimenti di poco inferiore ai 30 miliardi. Ancora più pesanti gli effetti economici nel caso in cui non si riuscisse a chiudere l’anello del corridoio mediterraneo. In questo caso potremmo avere una perdita di Pil (ovviamente potenziale) di circa 800 miliardi di euro nei prossimi 12 anni e la mancata creazione di circa un milione e mezzo di nuove opportunità di lavoro. Una vera stangata per un’economia, come quella europea, che nel 2019 continuerà a crescere con il freno a mano tirato. Con Paesi, come l’Italia, che hanno addirittura imboccato la strada della recessione.
Fonte: Qn