“Mi sono infiltrata in un callcenter perché volevo provare di persona le assurde condizioni di lavoro che sapevo essere al limite dell’assurdo. E una volta assunta mi è stato dato subito il target dei secondi per ogni attività che potevo svolgere, compreso l’andare in bagno per fare la pipì”.
A parlare è la scrittrice Barbara Appiano, Infiltratasi in un callcenter per avere una esperienza diretta, e poterne poi scrivere, per denunciare le condizioni di vita e di sfruttamento dei lavoratori del settore.
“Svolgevo il mio compito di video terminalista in uno stanzone enorme con altri 50 operatori alle prese con cuffie, telefoni e un display che scandiva il tempo di ognuno di noi. Un display tipo quelli degli aeroporti, che riporta però tutto quello che fai, e che non appena ti siedi ti tramuta improvvisamente in un numero” continua la scrittrice.
“Se per qualsiasi ragione perdi la telefonata in arrivo questa viene dirottata ad altri operatori, ma tu perdi minuti preziosi e vieni perfino multato. E se ti alzi perché ti viene da grattarti il naso e ti togli la cuffia, che è collegata al display del “grande spione”, ecco che riparte il conteggio dei minuti non lavorati.
Gli stessi minuti che insieme ai minuti della pipì, del pranzo e del caffè, vanno ad incrementare i tuoi minuti di pausa, diventando tutti insieme un dato che misura la tua inefficienza”.
L’alienazione del callcenter trova poi la sua massima espressione nella velocità che il video terminalista velocista deve avere dal momento che prende la telefonata, e deve risolvere il problema di chi chiama in 2 minuti.
Sforato questo tempo il “grande cervellone spione”, come un kapò da lager, fa una resoconto dei minuti sforati, e questi ti vengono poi detratti dalla busta paga.
“È un vero e proprio sfruttamento scientifico, di ogni singolo minuto della vita delle persone, comprese le 8 ore di formazione iniziali, che ho scoperto essere pagati da associazioni sindacali, con soldi presi dallo stato” dice ancora Barbara Appiano.
Una esperienza nuda e cruda, che viene raccontata senza filtri nel libro “Il pianista velocista a cottimo”, che riporta nel dettaglio l’alienazione delle “fabbriche telefoniche” dei callcenter.
Un racconto che vuole rimarcare proprio i valori della “fabbrica sentimentale” di Adriano Olivetti e la visione profetica di Pier Paolo Pasolini che predisse la massificazione della nostra società in tempi non sospetti, ben oltre 40 anni fa.
Un reportage che racconta la perdita dei valori universali di fratellanza e solidarietà, sostituiti dall’antagonismo e dalla competizione fra i lavoratori, dal loro sfruttamento alienante, nel nome della efficienza e della produzione” ci spiega ancora Barbara Appiano (www.appianobarbara.it
Una infiltrazione coraggiosa quella della scrittrice vercellese, che l’ha portata ad osare fino ad essere scoperta nella sua missione di “testimone dell’alienazione”, e che l’ha trasformata in oggetto di minacce per la pubblicazione del libro.
Minacce che la scrittrice non ha però preso in considerazione, pubblicando per intero la sua esperienza.
Il libro è edito da Kimerik editore, con la prefazione della Prof.ssa Francisetti Brolin Sonia, docente di lettere al liceo Giordano Bruno di Torino e dottore di ricerca all’Università ‘La Sapienza di Roma”.
La prolifica Appiano ha in attesa di pubblicazione ben altri 5 romanzi, che la stessa ha illustrato in una vetrina sul proprio sito www.appianobarbara.it: a novembre uscirà la raccolta di aforismi “Adelante Palabra”, a gennaio 2019 “L’italia a fumetti, l’italia a denti stretti”, un romanzo a fumetti in cui i narratori saranno Topo Gigio e Calmero, e che narreranno la storia dell’Italia dalla seconda guerra mondiale ai giorni nostri.
In stesura anche un romanzo dal titolo provvisorio “La leggenda del pasticcere aviatore”, una storia semiseria e in parte vera che tratta della fame e della distribuzione del latte in Cile durante la presidenza di Allende che ha permesso ai bambini di ricevere mezzo litro di latte al giorno.