“Gentile Presidente De Luca,
le ultime notizie della giornata, relative al contagio dal COVID-19, indicano una tendenza nuovamente in salita sul territorio nazionale. La decisione di ieri, a firma del Ministro dell’Interno, di concedere l’ora d’aria ai più piccoli si rileva una disposizione del tutto assurda. A parole semplici si tratta di pura follia che non trova alcuna giustificazione per quanto di drammatico stiamo attraversando. A Lei rivolgo un plauso per avere fermamente disposto che la decisione non sia per niente estesa in Campania. Resto sempre più convinto che il rigore sia l’unica strada praticabile per abbattere il nemico invisibile, che si mostra ancora tanto pericoloso. Continui nella sua azione decisa e forte contro chiunque pensi che il peggio sia già alle nostre spalle. Faccia in modo di continuare la sua azione e perseveranza nel rispetto dei divieti attraverso i Sindaci di tutti i Comuni della Campania, perché la seguano in tale direzione. Da settimane siamo sottoposti a una pressione tremenda e a uno sforzo sovrumano: il rispetto maniacale delle regole che possono alcune volte sembrare eccessive o assurde, come se fossimo in piena guerra. Se fosse necessario alzi ancora di più l’asticella del rigore. Ormai siamo dentro al tunnel e non ci resta che seguire le disposizioni con molta pazienza e responsabilità. L’auspicio è di cantare presto vittoria…”
E’ l’incipit dell’ultimo libro di Nicola Campoli. Responsabile Area Organizzazione, coordinamento sezioni e gruppi, Marketing dell’Unione Industriali di Napoli, non è nuovo al lavoro narrativo. “Al cuore non rinuncio” è il titolo del volumetto precedente. Allo stesso editore (Diego Guida) ha affidato le pagine del diario di bordo del suo periodo di lockdown. Una serie di riflessioni e note in margine alla pandemia, con l’approccio sempre attento e delicato di chi radica le proprie opinioni negli umori del senso comune della gente che Nicola incontra ogni mattina. Fra le strade del Vomero, dove abita. Sulla Funicolare che conduce a Piazza Amedeo.Lungo il percorso che, snodandosi per le vie del salotto di Napoli, giunge a Palazzo Partanna, edificio che domina Piazza dei Martiri e sede dell’associazione industriali partenopei. Un bagno nella città viva e pulsante, che gli restituisce spunti e considerazioni con i quali imbastisce commenti che i giornali della città ospitano volentieri, perché sempre in qualche modo in sintonia con il pensiero condiviso dei napoletani, vibrante ed effervescente come una polla sulfurea della costa flegrea.
Lo spirito con cui si è avvicinato nuovamente alla scrittura è ancora questo: raccontare ciò che vede, aggiungete il sale di quel che pensa. Se il percorso è quello di chi utilizza la scrittura come autoterapia (al punto da non poterne fare a meno come fosse un farmaco salvavita) il prodotto si conferma degno di pubblicazione e stimolante per la lettura. “…il primo forte segnale sul rischio che correvamo – si legge nella introduzione – l’ho percepito una volta atterrato all’aeroporto di Abu Dhabi nel tardo pomeriggio del 21 febbraio, da dove partivo con la famiglia per un viaggio itinerante in quell’area”: E poi aggiunge: “La pandemia mi ha letteralmente sommerso. L’ho poco digerita. Ho provato ad aprire gli occhi dopo pochi giorni dall’iniziale brutto colpo per vincere la paura, ma non ci sono riuscito. Mi sono buttato, allora, nella scrittura. L’ho usata come oasi felice in cui rintanarmi e come terapia d’urto all’angoscia”.
Considerazioni che si completano con il Post Scriptum: “La raccolta va in stampa quando la curva dei contagi ha ripreso vertiginosamente a salire. L’aumento è dovuto a quanto è accaduto durante la pausa estiva in termini di svago, forse oltre ogni limite… Sarà dentro questa tensione che ci toccherà vivere nei prossimi mesi… La sfida significa tante sfide quotidiane. Il coraggio serve per non farsi schiacciare dalle preoccupazioni. Vinciamo la paura, ma non neghiamo la realtà”.
La prefazione
È stato il periodo del silenzio. Il silenzio assordante del mondo esterno, interrotto dal suono delle ambulanze, dalle canzoni ai balconi (frammenti di speranza, di ribellione). Il silenzio contenuto del mondo interno, smussato dalle voci di una tv monotematica, da penne che scorrono veloci su fogli di carta (frammenti di storia presente, di cambiamento). Prendere il mondo che stava cambiando e imprimerlo su un foglio attraverso pensieri e considerazioni era un modo, forse l’unico, per raccontare al meglio la realtà che, seppure sembrasse in una fase di stallo totale e irreversibile, era, invece, in totale divenire. Farlo, come lo ha fatto Nicola Campoli, significa lasciare una testimonianza del comportamento e del pensiero umano alle prese con qualcosa di terribilmente e tragicamente nuovo. I temi trattati in questo scritto toccano praticamente qualsiasi tipo di questione, dalla più semplice alla più articolata, così come facevano i pensieri di ognuno di noi in quel periodo, spaziando tra gli argomenti più disparati, ritrovando spazi della nostra memoria che avevamo dimenticato, creando scenari futuri che non avevamo ancora esplorato, trovando giustificazioni al presente che non credevamo di saper dare, e spingendo la nostra immaginazione oltre i confini che avevamo sempre considerato invalicabili. Questo libro raccoglie tutto ciò, con uno stile leggero, raccontando il tempo che si dilata e una vita che, appunto, si allunga urlando la propria voglia di non arrendersi di fronte al silenzio del mondo esterno e del mondo interno.
Catello Maresca
Sostituto Procuratore Generale presso la Procura Generale di Napoli
La postfazione
Leggo sempre con grande attenzione e curiosità le riflessioni di Nicola Campoli sulla stampa quotidiana cittadina e a volte nazionale. Mi piace la sua voglia di intervenire, di dire la sua, di condividere con gli altri il suo punto di vista che non è mai banale e scontato. Condivido con lui il grande amore per la città di Napoli e la voglia di migliorarla nonostante le tantissime delusioni ed i tanti progetti non andati in porto. La lettura dei suoi pensieri nel corso del lockdown è interessante e stimolante, ed ho apprezzato il suo girovagare dalle questioni più personali (come il Covid ha impattato sui rapporti di coppia), fino a quelle più politiche (come affrontare la crisi post-pandemia). Mi è piaciuta la leggerezza con cui ha saputo parlare di come la quarantena ci ha spinto a rivedere e a riscoprire amicizie non coltivate per troppo tempo. Mi è piaciuta la sincerità con cui ha condiviso “gli aspetti positivi” dell’esperienza del lockdown: la lentezza, il silenzio, l’aria pulita, il tempo per riflettere e scrivere, la possibilità di trascorrere più tempo con i nostri cari e conoscere meglio i nostri vicini. Mi è piaciuta la sua capacità di individuare e descrivere i tanti protagonisti, a volte nascosti, di questo periodo ed in particolare i suoi amici edicolanti, i gestori dei piccoli negozi di prossimità, i tanti sindaci dei piccoli paesi che costellano il nostro Paese, i comandanti delle navi da crociera che si sono fatti valere. Ho molto apprezzato la sua sensibilità verso un tema a me molto caro: la cultura. Numerosi sono gli spunti e grande l’attenzione su un comparto significativo in termini economici, ma ancora più importante per il ruolo che gioca nel rafforzamento della coesione locale e nazionale. Dalla lettura, tutta di un fiato, delle riflessioni di Nicola emerge la speranza, lo smarrimento, l’ottimismo e la paura, tutti i sentimenti che ci hanno accompagnato durante le nostre giornate di quarantena e durante i giorni di progressiva riapertura. Nicola Campoli non fornisce ricette e non ci lascia certezze, è persona troppo intelligente per non accettare l’incertezza che caratterizzerà i prossimi mesi e forse anni. Nella sua capacità di guardare lontano ci invita ad accettare il cambiamento ed ha provare a fare ognuno la propria parte con responsabilità e con la mente aperta. È un invito importante perché la pandemia ha accelerato in modo incredibile una serie di processi già in atto nella nostra società ed è quindi fondamentale che ognuno di noi si prepari al cambiamento. Nel corso dei prossimi anni cambierà il modo di lavorare, il mondo della formazione (dalle scuole alle università), il modo di fare le vacanze, la nostra vita casalinga, il ruolo delle città. Dobbiamo essere bravi a gestire il cambiamento ed il libro di Nicola ci dà una mano.
Stefano Consiglio
Direttore del Dipartimento Scienze Sociali Università degli Studi di Napoli Federico II