Natale per un napoletano significa, Natale in casa Cupiello e la tradizione inizia da bambini. Ogni anno la famiglia de Filippo passa le feste insieme alle famiglie napoletane con la zuppa di latte di Tommasino, l’enteroclisma del presepe, la lettera alla “matre”. C’è sempre il tempo per una commedia di Eduardo a Natale, soprattutto se questa è Natale in casa Cupiello. Quest’anno il Tommasino che è rimasto più impresso proprio perché è il figlio del grandissimo Eduardo, non berrà più la sua zuppa di latte, o meglio, la berrà là impressa sulla pellicola, ma per chi rimane, Natale in casa Cupiello sarà una commedia un po’ più amara.
Si sa, il teatro è finzione, come il cinema, ma per anni molti di noi si sono chiesti perché a Tommasino il presepe non piacesse: spirito di contraddizione verso un padre che cerca di farglielo piacere promettendogli un vestito nuovo, due camicie, due cravatte e cinque lire, oppure davvero non gli piaceva perché segno di tradizioni antiche che per fortuna a Napoli non tramontano mai? Non avremo mai la risposta, ma solo quei dialoghi padre figlio, nella finzione e nella realtà, che sono patrimonio culturale partenopeo e che diventano lingua universale per chi è cresciuto in una famiglia napoletana tradizionale dove Niculino ha la pettola da fuori e lo zio non ha diritto al posto nella nota della salute e se ci entra dopo varie insistenze, ci entra con qualche malattia.
Ma Natale in Casa Cupiello racchiude in sé lo spirito napoletano, il tragico che si fa commedia nelle battute ma che si mostra dall’inizio con un Lucariello fuori dalla realtà con la sua fissazione per il presepe, una Concettina che asseconda il marito e che lo tiene all’oscuro dei problemi della famiglia e un Lucariello, figlio scapestrato, Ninnillo per la mamma, che si vende le scarpe dello zio solo perché ha l’influenza.
Adesso anche Tommasino/Luca non c’è più, nonostante quel: “Me ne vado, me ne vado, faccio prima Natale e poi me ne vado!” se n’è andato prima del 25 dicembre. Ma forse se esiste un’aldilà, incontrerà Eduardo e allora possiamo immaginare padre e figlio in un dialogo surreale: “Lucariè, giusto in tempo per Natale, sto facendo il presepe. Pensa che qui è più semplice prepararlo, per fare la cascata con l’acqua vera non ho bisogno nemmeno dell’enteroclisma. Allora, te piace ‘o presepe?” “Papà a me il presepe nun me piace.”