L’altalena non è solo un gioco spensierato e allegro per bambini, che si fa al parco vicino casa o in qualche cortile ben attrezzato, ma può essere paragonata ai sentimenti dei napoletani. Meglio ancora: dei tifosi del Napoli che ogni giorno, ogni settimana e ogni anno vivono, appunto, un’altalena di emozioni seguendo la loro squadra con passione viscerale. La figura dell’altalena infatti è anche la metafora delle prestazioni con conseguenti risultati della squadra partenopea. Da un anno all’altro si passa dal sogno dello scudetto, dopo aver dispensato lezioni di calcio sotto la guida tecnica di Maurizio Sarri, alla chiamata di mister Ancelotti, allenatore vincente: esperimento finito con l’“ammutinamento” della squadra nei confronti della società. E da un mese all’altro, passando dalla vittoria della Coppa Italia contro gli eterni rivali bianconeri, alla sconfitta in Champions League contro un Barcellona, in condizioni discutibili. Fino alla situazione limbica di questa stagione, nella quale – da una settimana all’altra – il Napoli vince (senza talvolta convincere) e immediatamente dopo subisce sconfitte inopinate,dato aggravato se si pensa che le sconfitte avvengano più allo Stadio Maradona che in trasferta.
La piazza, lo si sa, è calda ed esigente. Per i tifosi vedere vincere la propria squadra è un modo per provare una certa rivalsa sociale, date le problematiche della città e della non idilliaca reputazione di Napoli in Italia e all’estero, per di più se qualcosa di importante non si vince da trenta anni e oltre. I giocatori e l’allenatore salgono sull’altalena, passando dall’essere osannati all’essere condannati da una partita all’altra, mentre l’opinione pubblica e alla ricerca, livella alla mano, di un capro espiatorio.
I COLPEVOLI
Negli anni scorsi il capro espiatorio è stato il “traditore” Gonzalo Higuain, passato tra le fila dei rivali della Juventus.Successivamente è stato De Laurentiis che non spendeva sul mercato durante il periodo “sarriano” (uno dei più floridi dal punto di vista dello spettacolo). Dopo è stata la volta di Ancelotti&Family, che per molti furono la causa dello sfasciamento dello spogliatoio. Adesso la gogna mediatica la sta subendo il mister Rino Gattuso, reo di non saper dare i giusti stimoli e la giusta cattiveria (alias “cazzimma”) ai giocatori, apparsi sempre troppo morbidi, vulnerabili e poco incisivi in zona gol.
All’allenatore vengono rimproverati addebitati demeriti dal punto di vista tecnico-tattico, ingiustificati se guardiamo i numeri. “Il calcio non è una scienza esatta!” potrebbe esclamare qualcuno. Ed è vero, questo sport non risponde a logiche di fredda matematica. Ma le statistiche potrebbero aiutare a distendere gli animi già precocemente delusi.
I NUMERI
Abbozzando un quadro generale, ecco cosa dicono i dati:
– per numero di tiri effettuati, il Napoli è primo in Europa;
– ha la miglior difesa del campionato (15 gol subiti) al pari di Juve (con la quale deve recuperare la partita di andata) e Verona e ha la miglior difesa in trasferta (5);
– rappresenta quarto attacco del campionato (32);
– è terzo per possesso palla in Serie A (58,9%; Fonte: transfermarkt.com, ndr).
Dati che fanno sembrare tutt’altro che la crisi sia dovuta a un calo di prestazioni e che per forza di cose liberano da quasi tutte le colpe il tecnico. Il quale in ogni istante si è dichiarato responsabile delle sconfitte della sua squadra, con la sua ineguagliabile onestà intellettuale. Eppure il Napoli ad oggi, 7 gennaio 2021, è sesto in classifica (con il big match con la Juve da recuperare) e pare che sia già compromessa la stagione in termini di titolo (direi: lotta per le prime posizioni in campionato).
L’amarezza è tanta perché mai come quest’anno tante squadre sono raccolte in pochi punti e nessuna ha preso un netto distacco. A queste condizioni il Napoli poteva e doveva trovarsi preparato fisicamente e mentalmente.
Il calendario fitto, gli infortuni, il Covid-19 incidono sicuramente sulla scelta degli undici titolari ma questa situazione è comune a tutte le squadre che giocano per tre fronti.
Le statistiche vedono un Napoli che, come dicevano le maestre a scuola, “è intelligente, capace, sveglio ma non si applica”. Che si perde nel suo narcisismo fatto di possesso palla sterile, poco ragionato. E che alla prima offensiva avversaria va in confusione totale. Con Sarri, lo salvavano le idee di gioco. Adesso le idee mancano e la marcia in più la si richiede dal campione. Campione che nel Napoli corrisponde al capitano Lorenzo Insigne, che soffre della stessa patologia della squadra: “altalenante”, anche se con una crescita evidente. Così come lo è Piotr Zielinski, altro talento cristallino, ritrovato nel ruolo da trequartista (ricucitogli da Gattuso) ma che alterna partite in cui sembra poter toccare le stelle ed altre che è un fantasma di sé stesso. L’unico che sta trovando una certa continuità e affidabilità è il messicano Hirving Lozano, totalmente rinato grazie al lavoro, soprattutto mentale, del mister calabrese.
TRASCINATORI
Questi tre giocatori hanno un talento sopraffino, potrebbero far cambiare la partita in un qualsiasi momento. Ma non sono trascinatori. Tutte le squadre hanno un proprio trascinatore: l’Inter ha Romelu Lukaku, la Roma ha Edin Dzeko, la Juve ha Cristiano Ronaldo, il Milan ha Ibra o Hakan Calhanoglu, al Napoli una figura così manca. Quindi va anche rimproverata la società che, oltre a mancare di un manager che faccia da collante tra squadra e club (una sorta di Marotta per l’Inter o Nedved per la Juve), non riesce a cambiare la sua linea: comprare giovani e farli esplodere (aspettare che il loro talento esploda).
Tecnica ottimamente riuscita quando la squadra era in costruzione e cercava conferme ed espansione sportiva e mediatica: Lavezzi, Cavani, Hamsik, Higuain… Ma che è fortemente infruttuosa se vuoi arrivare a competere e vincere le partite fondamentali nel corso di una stagione (altra patologia cronica) in Italia e in Europa.
I prossimi – a questo punto – vitali appuntamenti del Napoli sono la finale di Supercoppa Italiana contro la Juventus il 20 gennaio, alle 21. E il sedicesimo di finale di Europa League contro il Granada a metà febbraio.
A questi appuntamenti vanno aggiunte le ultime partite di girone di andata e quelle di tutto il ritorno in campionato, che sanciranno il destino del Napoli e del mister (che aspetta ancora di rinnovare il contratto da mesi): fallire l’obiettivo della Champions per il secondo anno di seguito, creerebbe una situazione spinosa nel prossimo mercato estivo, con cessioni illustri per sanare il bilancio. In tal caso la panchina di Gattuso sarebbe ampiamente compromessa.
La speranza è che questa altalena diventi piuttosto una livella: costante nel progresso e lineare nelle prestazioni. Augurandosi, infine, anche che la dea bendata non si sia scordata del Napoli.
Mario Vittorio D’Aquino