Un repertorio di racconti e testimonianze che ogni volta possono cambiare ma che sempre hanno una piccola missione: raccontare storie di persone – da quella di Federico Aldrovandi a Davide Bifolco – prima che la loro vita si trasformasse in fatti di cronaca.
È “Storie di persone”, di e con Ascanio Celestini al Palladium lunedì 8 aprile alle ore 21, in cui l’autore e attore romano – accompagnato sul palco da Gianluca Casadei (fisarmonica, tastiere e live electronics) affronta con sensibilità e attenzione le grandi vicende di cronaca slegandosi dagli aspetti giudiziari.
Lo spettacolo chiude la rassegna “Il paese fertile”, organizzata dal gruppo dei docenti di teatro del Dams dell’Università Roma Tre in collaborazione con la Fondazione Roma Tre Teatro Palladium.
L’idea nasce da un’intervista fatta all’inizio del 2015, poche settimane dopo l’uccisione di Davide Bifolco, il ragazzo di 16 anni che viveva nel rione Traiano a Napoli freddato da una pistola dei carabinieri mentre veniva fermato dopo un inseguimento (era su uno scooter con altri due ragazzi senza casco e non si era fermato all’alt).
Nelle parole del padre e della madre, accanto alla rabbia e al dolore, si legge la volontà di ricostruire un’immagine del figlio scomparso che possa essere vitale. Il processo in corso resta fuori dalla porta di casa. Tra le mura domestiche si tiene acceso il focolare della memoria, si preserva un’intimità fragile, ma preziosissima che non può essere condivisa con la società esterna fatta di leggi e cronache giudiziarie. In quelle parole c’è già una drammaturgia, un procedimento artigianale volto a ricomporre il dramma. Non specificatamente teatrale, ma in generale inteso come azione. Raccontarlo per comprenderlo e condividerlo.
Accanto all’intervista fatta ai genitori di Davide, nel corso del tempo, Celestini ne ha fatte altre. E da queste sono nati racconti che vengono scelti dall’attore e dal musicista e inseriti in una scaletta che ogni volta cambia. Certe volte il legame con la vicenda originale è più forte e le parole usate sono quelle trascritte dalla registrazione delle interviste. Altre volte si distanziano fino a diventare astratte come nell’avventura dell’uomo chiuso in una stanza. Non sappiamo perché si trova lì dentro, né se le porte che ha davanti lo condurranno da qualche parte. Non è solo, eppure sembra chiuso nella sua testa più di quanto lui e gli altri siano reclusi insieme nella stanza che li imprigiona.
Alla ricerca di quale libertà scappano i poveri che vediamo muoversi verso le nostre coste? Che tipo di libertà gli offriamo da questa parte del mare? E quale libertà stiamo difendendo quando li chiudiamo fuori dai porti?